RIVIVE LA SERENISSIMA
Venezia per un giorno torna ad essere la Serenissima. Accade la prima domenica di settembre, quando nella città dei dogi si svolge la Regata storica. Lo sfarzo dei costumi, il rullare dei tamburi, l'argentino suono delle trombe, il Canal Grande gremito di folla, una quinta di palazzi incantati, una sfida di forti genti lagunari, rendono memoria di un tempo glorioso. Venezia riappare come l'affollata capitale cinquecentesca, meta di mercanti e avventurieri che giungevano da tutta Europa.
La Regata storica si ripete ormai da moltissimi anni. Le sue origini sono remote: risalgono ai tempi della Serenissima Repubblica. Per festeggiare l'annessione delle terre di Cipro, il popolo accolse i suoi governanti con grande entusiasmo. Erano i momenti di piena espansione del potere veneziano. Tra l'ottobre e il novembre del 1488, il Consiglio dei Dieci delibera che il cavaliere Giorgio Corner, fratello della regina Caterina, si rechi a Cipro con l'incarico di convincerla ad abdicare in favore della Serenissima Repubblica, e a ritirarsi poi a Venezia. La donna, sola e schiacciata da ogni parte, non aveva la forza per opporsi alla ragion di Stato. Facendo prevalere un po' la ragione e un po' il patriottismo, a cuore stretto lasciò la sua isola nel febbraio seguente. Il potere veneziano aveva imposto a Caterina Corner un sacrificio, ma volle certo aggravarlo con umiliazioni ingiuste.
Giunta a Venezia il 1 giugno 1489 a bordo della galera del Capitano generale, la regina spodestata trovò ad attenderla, a San Nicolò del Lido, il doge, la Signoria e il Consiglio dei Rogati al completo, in pompa magna, con gran seguito di dame e gentiluomini. Sul Bucintoro dorato, scortata dai ducali paetoni (i barconi sontuosamente addobbati come lo sono, ancor oggi, le bissone che sfilano nella regata storica), essa percorse la città per le vie d'acqua, al suono delle campane, delle trombe e dei tamburi. Dietro il Bucintoro, venivano i senatori, anch'essi in gondola: gondole a quattro o più vogatori, rivestite di raso, di damasco, di velluto, di drappi d'oro, di tappeti orientali. Fra i vari colori spiccavano le divise delle guardie d'onore, di seta a spicchi variopinti, e gli abiti di stoffe intessute d'oro di tanti altri giovani.
Caterina visse qualche anno ancora a Venezia, ma poi finì i suoi giorni ad Asolo, in una sorta di dorata prigione nella quale la diffidente Repubblica l'aveva «consigliata» di ritirarsi.
Il corteo lungo il Canal Grande
Per le innumerevoli persone che affollano il Canalazzo, il corteo storico è da sempre il momento più atteso e spettacolare di tutta la manifestazione. Il corteo si forma all'altezza della Prefettura, con le imbarcazioni multicolori. Le barche arrivano infatti alla spicciolata all'Arsenale (dove i figuranti hanno cominciato, ore prima, la loro laboriosa vestizione), e con un duro lavoro di regia comincia a prendere forma il lungo serpentone di imbarcazioni. Ai remi ci sono tutti gondolieri, mentre i figuranti sono semplici cittadini che ormai da anni si sono fatti prendere dal meccanismo del gioco, e fanno a gara per partecipare alla sfilata.
Il corteo storico è composto di trentadue imbarcazioni, ed è aperto dalla Serenissima, l'ammiraglia della flotta «storica» veneziana, che imbarca lo stendardo della città , il Capitano da Mar scortato dagli armigeri, gli Araldi della Serenissima, che al suono ritmato di trombe e tamburi scandiscono il procedere del corteo. Dietro c'è la Dogaressa, che imbarca il Doge e Caterina Corner, scortati da venti gondole a due remi, con nobili, dame, ambasciatori, ospiti ciprioti, senatori. In chiusura sfilano dieci bissone, splendide imbarcazioni istoriate che rievocano i rapporti commerciali e culturali della Dominante con il mondo allora conosciuto, e che portano i nomi di Veneziana, Querini, Rezzonico, Floreale, Cinese, Cavalli, Nettuno, Geografia, Naviglio, Bizantina.
A ruota del corteo storico, dunque, si dipana il serpentone delle barche sportive, con il quale Venezia mette in mostra l'infinita varietà delle sue imbarcazioni lagunari. Ce n'è per tutti i gusti: dall'imponenza della Disdotona o della Dodesona (rispettivamente a diciotto e a dodici remi) all'agilità delle Venete, dai sandoli alle peate, dai pupparini alle caorline, per giungere ad alcune barche di cui esistono a Venezia solo rarissimi esemplari, come il Mussin, la Vipera, la Batela a coa de gambero.
La gara
Nei tempi andati non c'erano barche speciali come i gondolini, riservati solo all'agonismo, cioè per gareggiare, ma si trasformava in uno strumento da regata l'imbarcazione che tutti i giorni serviva per lavoro. Questo riporta alle origini delle regate lagunari, che ai loro albori furono, probabilmente, competizioni tra pescatori e orticoltori in lizza per giungere al mercato di Rialto con i propri prodotti. È pur vero che una famosa leggenda veneziana lega le gare remiere alla «Festa delle Marie», un'antica e, da secoli, non più celebrata rievocazione di una sorta di ratto delle Sabine in versione lagunare.
Da quell'epoca in poi, le regate si fanno sempre più frequenti, e dimostrano come le gare, che inizialmente avevano finalità soprattutto militari (per la preparazione fisica dei vogatori delle galee), assursero poi al rango di vere e proprie feste cittadine, organizzate per celebrare e stupire i numerosi e illustri ospiti della Serenissima. Per quanti oggi concorrono alle gare che fanno seguito al corteo storico, rimangono sempre attuali alcuni versi scritti da un tale Toni Toscan «servitor da barca» in occasione della regata che si tenne il 22 maggio del 1842. In essi invitava i regatanti a riporre la «piva» dopo la regata, ammonendo i vincitori a non batter troppo la grancassa, e i perdenti a tagliar corto con le recriminazioni : «Viva chi à venso! Chi à perso eviva! La vostra piva no doparè; Da bravi tuti/De cuor ameve/E recordeve/No ve esaltè; Che in ogni ano/ In sto bel zorno/ Amor intorno/ Ga da svolar; Qua per Venezia/In ogni compagnia/Sempre alegria/S'à da trovar».