Diamoci una mossa!
Ha senso parlare di amore al mondo giovanile? Come no!? I giovani sono degli eroi, perché in una società che scambia l’amore per tradimenti, commercio, superficialità, loro sono capaci di fare pazzie quando sentono nascere questo sentimento e vanno a scriverlo dappertutto sui muri, negli sms, sui vecchi bigliettini: «Stefy sei la mia cinghialetta d’oro». «Se ci sei tu, mi passa il buco nello stomaco per la fame».
Lo sfondo dell’amore necessario per pensare a una famiglia non è venuto meno nonostante le contraffazioni del mondo adulto. Certo, ci si deve domandare: lo vogliono collocare, i giovani, questo amore in una famiglia? Per di più cristiana? Sicuramente hanno bisogno di un amore-per-sempre, checché ne dicano le statistiche. L’amore parte da lì e non si schioda da lì. I ragazzi e le ragazze hanno bisogno di dare alla sessualità un significato più bello di quello di ginnastica sessuale, di potere dell’uno sull’altra.
La necessità di dono nasce con l’amore e chi più di Gesù ci insegna la capacità di dono? In quanti partecipano agli itinerari di formazione al matrimonio cristiano (e che sono, quasi in maggioranza, conviventi) assistiamo a un desiderio di dare basi solide all’amore e queste basi le vengono a cercare nella comunità cristiana. È Dio che ha creato nell’uomo e nella donna la gioia anche fisica, sessuale, di potersi donare profondamente l’uno all’altra e di porre entro questo momento esaltante l’inizio di una nuova vita. Anzi, per la Chiesa è solo questo gesto d’amore che è abilitato a dare la vita, non l’arte meccanica di una qualunque biotecnologia. Questo è proprio il colmo!
La Chiesa viene accusata di essere bacchettona, di odiare la sessualità, mentre invece siamo quasi gli unici ad affermare che la vita deve nascere da un atto d’amore sessuale, in un gesto di dono intimissimo, profondo, tra un papà e una mamma, che sanno caricare di una storia precedente a noi tutta l’avventura dell’amore, che sanno andare a una sorgente alta, divina, come se l’aspettano coloro che si amano e non giocano soltanto. I giovani oggi hanno sete di famiglia, forse perché quella che sperimentano è spesso ferita e distrutta, approssimata. Serve però che tutti noi non ci nascondiamo dietro retoriche vane. I giovani di oggi sono aiutati a decidersi per una famiglia, come Dio comanda? Riescono a progettarla? Hanno davanti un futuro non certo, ma almeno possibile? Purtroppo, no. Non lo permette il lavoro che manca e questo, come dice sempre papa Francesco, è un delitto, anche se avere un lavoro non equivale a decidere di sposarsi. È però una condizione necessaria anche se non sufficiente, come insegnano i teoremi matematici.
Avere figli per lo Stato italiano è quasi un dispiacere, non un orgoglio. Fosse almeno un onore, magari anche solo un’utilità! Il declino della natalità in Italia è frutto anche di balzelli che vengono caricati su una famiglia per ogni figlio che nasce. La madre in attesa è aiutata solo fino a che è in tempo per l’aborto, poi non più così generosamente. Ci sono nazioni meno «cattoliche» di quella italiana che hanno leggi che promuovono la procreazione dei figli; noi ne abbiamo che promuovono il contrario. Se lo Stato è così è anche perché i cristiani che lo governano non sono all’altezza del compito. E le comunità cristiane cosa fanno? Diamoci una mossa, tutti.
*Vescovo di Palestrina, Assistente ecclesiastico generale dell’Azione Cattolica italiana