La Versailles dei Savoia
Quando i sovrani facevano il loro «mestiere» non badavano a spese. Ricchissimi addobbi, alabastri, quadri, sculture, opere d'arte, oggetti preziosi di ogni genere arredavano le residenze dei monarchi e della loro corte. I Savoia non si sottrassero a questo costume, e con il duca Carlo Emanuele II (1634-1675) edificarono Venaria Reale, a nove chilometri da Torino. Chiamata con l'appellativo di «delizia della Real Casa», Venaria fu realizzata su progetto di Amedeo di Castellamonte, tra il 1659 e il 1674, e nacque da un'idea del duca Carlo Emanuele II che desiderava edificare una sede stabile per la pratica venatoria e celebrare, nello stesso tempo, attraverso la ritualità della caccia, la «magnificenza del duca stesso, ponendo un fondamentale tassello a quel disegno di delizie secentesche, a corona di Torino capitale».
La grandiosità di Venaria Reale si esprime nel fatto che l'impianto castellamontiano realizzava un unicum, rappresentato dal borgo, dalla reggia e dai giardini; un complesso che si sviluppava lungo un asse di ben due chilometri. Il borgo, che riproduceva la forma del «Collare dell'Annunziata», proponeva al centro una piazza quadrovale, e con i suoi bellissimi edifici - di uguale altezza - , (costruiti a spese dei dignitari di corte), e con le sue manifatture di lana e di sete (che occuparono un gran numero di operai italiani, olandesi, francesi e inglesi) creava l'immagine effettiva di una città che si salda perfettamente con la reggia, propriamente intesa, autentico paradiso ricco di mirabili scenografie e di opere d'arte. Oltre a un numero impressionante di servitori, cavalli e cani, la reggia aveva una struttura venatoria da capogiro rispetto alle dimensioni economiche di un piccolo stato come quello sabaudo. Eppure, non pago di ciò, il duca Carlo Emanuele II confidava ai suoi ospiti: «Vadino a Parigi, e non lascino di veder Versaglio (Versailles), e vedranno essere miserabili le delizie de' duchi a paragone di quelle dei re»
La distruzione di alcune parti dell'impianto operata dalle truppe francesi del Catinat nel 1693, fu l'occasione per dare avvio al progetto di rinnovamento del complesso (1699-1713). Toccò a Michelangelo Garove il compito di riassestarla, ma non portò a compimento i lavori, a seguito della sua morte prematura. Nel 1716 il cantiere fu affidato a Filippo Juvarra che rimodellò la Galleria di Diana, già costruita dal Garove nell'ala sud del cortile del palazzo, dando l'ispirazione per gli stucchi. Edificò la superba Cappella di sant'Uberto, con altari e crocifissi lignei dei Plura, oltre a dipinti di vari artisti. Costru', inoltre, la nuova Scuderia e la nuova Citroniera, due immensi ambienti affiancati, lunghi quasi 150 metri e larghi rispettivamente 12 e 14 metri, coperti da volte a botte alte più di 15 metri. Juvarra, pur non riuscendo a terminare un piano di rinnovamento globale, lasciò ai posteri due gioielli dell'architettura settecentesca in Piemonte: la Chiesa di sant'Uberto, definita uno degli edifici sacri più belli d'Europa, e la Galleria di Diana.
L'ultima fase di espansione architettonica porta la firma di Benedetto Alfieri, intorno alla metà del Settecento: sono suoi il torrione che si affaccia sulla sinistra dell'esedra d'ingresso, collegando il castello alla chiesa, e i due nuovi corpi di scuderia, il galoppatoio e la galleria di collegamento alla Citroniera. Il complesso di Venaria fu cos' terminato: esteso su una superficie di 45 mila metri quadrati di cui 20 mila edificati, raggiungeva il colossale volume di 375 mila metri quadrati! Ma i tempi felici del «Real palazzo di delizia e di caccia» stavano finendo.
Nella seconda metà del secolo XVIII iniziò l'abbandono di Venaria a favore di Stupinigi (altra residenza reale); cos' la Versailles dei Savoia decadde totalmente durante la dominazione francese, e con la Restaurazione diventò una caserma. Il degrado finale lo raggiunse durante la seconda guerra mondiale quando i tedeschi e la popolazione locale fecero a gara nel saccheggiarla, infierendo con atti vandalici, e riducendola a una rovina immane.
Dopo anni di abbandono, il complesso di Venaria è stato affidato alla Soprintendenza ai beni artistici e architettonici del Piemonte, che ha avviato un primo cantiere di restauro nel 1961, in occasione del centenario dell'unità d'Italia. Attualmente sono stati restaurati 25 mila metri quadrati di tetto (ne mancano ancora tremila) e, tra gli altri, sono stati ripristinati i solai e le coperture della splendida Reggia di Diana, della Galleria di Diana e la Chiesa di sant'Uberto. Grazie alla spinta della nuova direzione del complesso, assunta nel 1995 dall'ingegner Francesco Pernice, con fondi del ministero per i Beni culturali e ambientali, i lavori sono stati finalizzati al restauro e al riuso funzionale di parti del grande complesso per fornire al visitatore ampi spazi da utilizzare per manifestazioni di vario tipo nell'ottica di una più ampia fruizione pubblica a livello internazionale.
Cos' sono stati completamente recuperati la Galleria di Diana, parte della Chiesa di sant'Uberto, il Torrione Ovest del Garrove, e altri locali per una superficie di circa 5000 metri quadrati. Tuttavia non è prevedibile la data di conclusione dei lavori di quanto rimane ancora da restaurare dell'intero complesso. Attualmente sono in corso i lavori per il recupero statico del Castelvecchio, un edificio ubicato sulla destra della Torre dell'Orologio. Ora, al fine di salvaguardare tutto il lavoro fatto, ci si pone coscientemente il problema della futura destinazione d'uso di Venaria. Recentemente è stata avanzata l'ipotesi di suddividere il complesso in più parti, creando al suo interno una scuola agro-faunistica, un grande museo europeo sulla storia della caccia, un ateneo dello sport, una zona museale, accanto a un'area destinata ad alberghi, ristoranti, e sale polivalenti. Gli introiti verrebbero reinvestiti in opere di recupero di Venaria, ma in assenza di una precisa destinazione d'uso, non si può dare inizio a un intervento cos' ampio, che comporterebbe il solo restauro senza una reale funzionalità e un utilizzo razionale dello spazio.