È poca cosa!
Commettiamo più peccati di quanto la gente pensi. Ma compiamo più miracoli, attraverso tanti piccoli gesti, di quanto la gente si possa immaginare. Ce lo dimostra un moscerino un po’ fastidioso, che, partendo dal basso, giunge molto in alto.
22 Aprile 2014
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Drosophila melanogaster. Così si chiama il killer che, a ogni primavera, mi sfida in duello. Muovo i primi passi sull’erba verde, finalmente ai piedi sandali senza calzini, e so che lui colpirà a tradimento. Me ne renderò conto subito dopo, quando la caviglia comincerà a gonfiarsi come un pomodoro rosso. A partire da un piccolo puntino, unica traccia lasciata dietro di sé dal moscerino ignoto che mi ha succhiato una goccia di sangue, il cui nome scientifico è quello che vi ho scritto all’inizio. Non voglio condividere i miei problemi allergici, ma questa faccenda mi colpisce ogni volta. Per la sproporzione tra questo minuscolo insettino di neppure due millimetri e il sottoscritto che, ahimè, è alquanto grande e grosso, anche troppo. Resto basito ogni volta dalla illogicità di tutto ciò, come se i conti, razionalmente parlando, non tornassero proprio: come può un minuscolo esserino, il cui ciclo vitale è ridotto a circa due settimane, «colpire e affondare» quello che ai suoi occhi deve apparire come una «malloppa» di carne?! Non ha senso. O, almeno, non ai nostri sensi.
Non quadra con la nostra idea di grandezza e, perciò, di dignità. La piccolezza non è in cima alle nostre agende. E non è all’ordine del giorno dei «consigli condominiali» che teniamo con noi stessi. Eppure, un nome un po’ meno altisonante per l’amico moscerino ce l’avrei: Davide. È il ragazzino disprezzato dal gigante Golia, da cui invece, e inaspettatamente, verrà ucciso in duello. Nella maniera più infamante per un nobile guerriero quale era il Filisteo, ma nello stile che più caratterizza un monello quale era il futuro re di Israele: con un sasso lanciato dalla fionda (1Sam 17,40-51). Quasi a ufficializzare uno stile, quello di Dio, che più da queste parti transiterà che non nei pressi del potere e della forza. Nonché una preferenza, quella accordata ai piccoli più che ai grandi, fossero in carne e ossa ma anche vegetali come la senape, «il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno» (Mc 4,31). Sant’Antonio, confratello di quel Francesco d’Assisi che si firmava «piccolino», definisce anche Gesù un «piccolo sasso». E che frana ne è scaturita!
Il moscerino mi comincia a essere un po’ meno antipatico. E mi ronza nelle orecchie mentre rileggo il famoso brano delle pecore, fatte accomodare a destra, e delle capre, a cui spetta ignominiosamente invece la sinistra. Parabola con cui Gesù ci allerta su come si svolgerà il giudizio finale (Mt 25,31-46): che si risolverà in bicchieri d’acqua offerti all’assetato, pane spezzato con l’ospite, abiti per rivestire gli ignudi, visite a persone malate o dietro le sbarre. Tutto qui? Per così poco si può afferrare il paradiso? Ma se Gesù ci avesse prospettato azioni ben più eroiche o impegnative, non vi ci si saremmo sottratti, accampando qualche scusa sulla nostra incapacità o indegnità? Non ce la saremmo cavata umilmente, tipo: «Magari un’altra volta, quando sarò più pronto?!». Questi o simili gesti non sono piuttosto alla portata di ciascuno di noi, sì che nessuno possa dire di non farcela?
Non è questo ciò che il nostro invisibile ma noioso moscerino ci insegna: che per arrivare in alto devo partire dal basso? E che quella piccola azione che con semplicità potrò aver fatto, fa la differenza, come le due monetine della vedova lodata da Gesù (Lc 21,2)? Che il calzino rattoppato con devozione è il primo passo verso Dostoevskij, come si era annotata Etty Hillesum? Perché possiamo trovare quel Dio che abita nell’aldilà, solo dopo averlo scovato nell’aldiqua. In tutti gli «aldiqua» che affollano la nostra esistenza. Commettiamo più peccati di quanto la gente pensi. Ma compiamo più miracoli, attraverso tanti gesti piccoli, di quanto la gente si possa immaginare. Al prossimo duello, caro moscerino! E cercherò comunque di non farmi pungere…
Non quadra con la nostra idea di grandezza e, perciò, di dignità. La piccolezza non è in cima alle nostre agende. E non è all’ordine del giorno dei «consigli condominiali» che teniamo con noi stessi. Eppure, un nome un po’ meno altisonante per l’amico moscerino ce l’avrei: Davide. È il ragazzino disprezzato dal gigante Golia, da cui invece, e inaspettatamente, verrà ucciso in duello. Nella maniera più infamante per un nobile guerriero quale era il Filisteo, ma nello stile che più caratterizza un monello quale era il futuro re di Israele: con un sasso lanciato dalla fionda (1Sam 17,40-51). Quasi a ufficializzare uno stile, quello di Dio, che più da queste parti transiterà che non nei pressi del potere e della forza. Nonché una preferenza, quella accordata ai piccoli più che ai grandi, fossero in carne e ossa ma anche vegetali come la senape, «il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno» (Mc 4,31). Sant’Antonio, confratello di quel Francesco d’Assisi che si firmava «piccolino», definisce anche Gesù un «piccolo sasso». E che frana ne è scaturita!
Il moscerino mi comincia a essere un po’ meno antipatico. E mi ronza nelle orecchie mentre rileggo il famoso brano delle pecore, fatte accomodare a destra, e delle capre, a cui spetta ignominiosamente invece la sinistra. Parabola con cui Gesù ci allerta su come si svolgerà il giudizio finale (Mt 25,31-46): che si risolverà in bicchieri d’acqua offerti all’assetato, pane spezzato con l’ospite, abiti per rivestire gli ignudi, visite a persone malate o dietro le sbarre. Tutto qui? Per così poco si può afferrare il paradiso? Ma se Gesù ci avesse prospettato azioni ben più eroiche o impegnative, non vi ci si saremmo sottratti, accampando qualche scusa sulla nostra incapacità o indegnità? Non ce la saremmo cavata umilmente, tipo: «Magari un’altra volta, quando sarò più pronto?!». Questi o simili gesti non sono piuttosto alla portata di ciascuno di noi, sì che nessuno possa dire di non farcela?
Non è questo ciò che il nostro invisibile ma noioso moscerino ci insegna: che per arrivare in alto devo partire dal basso? E che quella piccola azione che con semplicità potrò aver fatto, fa la differenza, come le due monetine della vedova lodata da Gesù (Lc 21,2)? Che il calzino rattoppato con devozione è il primo passo verso Dostoevskij, come si era annotata Etty Hillesum? Perché possiamo trovare quel Dio che abita nell’aldilà, solo dopo averlo scovato nell’aldiqua. In tutti gli «aldiqua» che affollano la nostra esistenza. Commettiamo più peccati di quanto la gente pensi. Ma compiamo più miracoli, attraverso tanti gesti piccoli, di quanto la gente si possa immaginare. Al prossimo duello, caro moscerino! E cercherò comunque di non farmi pungere…
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017