Italie, mon amour

Federica Gentile: «Molti giovani italo-francesi vorrebbero riscoprire il loro legame con il Paese d'origine. Ma, spesso, non sanno della presenza locale di tante istituzioni italiane».
11 Febbraio 2008 | di
Grenoble
Tra le sue strade è fiorita una particolare industria della carta e si preparano ottime «noci di Grenoble»: prodotti di antico lignaggio che, però, camminano paralleli con l’high tech. Grenoble, capoluogo dell’Isère e patria di uno dei più antichi delfinati di Francia (158 mila abitanti in città, e 420 mila nel circondario), è infatti il secondo centro scientifico della Francia e un polo europeo nel campo delle nanotecnologie.
Vecchio e nuovo, in questo angolo transalpino già sede dei giochi olimpici invernali, si stringono la mano, possibilmente con i rinomati guanti prodotti nei suoi stabilimenti, ospitando una grandissima comunità di studenti. Ben 55 mila i ragazzi che stabilmente scelgono questa città per perfezionare i propri studi, e tra questi si contano diversi italiani che scelgono Grenoble per le loro specializzazioni settoriali.
Ma se oggi questa città ha indossato il vestito culturale e tecnologico, molto merito va anche ai tanti italiani che ne sono stati i protagonisti più o meno visibili, avanguardia di quella comunità multietnica che ora pervade tutta la Francia.
«I miei genitori hanno lasciato la Sicilia nel 1958. L’integrazione è arrivata per me con la scuola, mentre per i miei è arrivata con la vita in fabbrica»: Calogero Rubino racconta una storia comune a tanti italiani capaci di adattarsi alle società che li hanno accolti. Oggi è il direttore di Radio Italiana (106.5 MHZ), e presidente dell’Associazione italiana per lo sviluppo dell’informazione che, dalla città capoluogo dell’Isère, raggiunge 3 mila connazionali 24 ore su 24.
«Per 30 anni ho lavorato in un’impresa di ingegneria informatica, e nel 1983 ho pensato di offrire alla nostra collettività un’ancora cui agganciare la loro sete di cultura italiana. Nel tempo la radio si è trasformata in un vero e proprio veicolo di integrazione per gli ascoltatori, che attraverso i nostri programmi hanno potuto confrontare e amalgamare la loro cultura con quella del Paese ospitante».
Dopo Grenoble, Calogero Rubino ha dato vita ad altre due avventure radiofoniche (Lione e Chambéry), ma la sua visione del futuro associativo non è ottimistica.
«L’Italia ha colto con grande ritardo la gestione delle enormi potenzialità umane, culturali ed economiche degli italiani residenti all’estero. Un’inerzia che ancora oggi pervade tanta burocrazia italiana. Molti dei nostri giovani italo-francesi non hanno mai avuto un contatto diretto con i valori culturali italiani. Tanti di questi giovani hanno la doppia cittadinanza e non sanno perché i Consolati non hanno saputo dare la giusta informazione».
Eppure, sotto le ceneri cova ancora il fuoco della voglia di mettersi insieme. In gran parte si tratta proprio dei figli degli immigrati giunti negli anni Cinquanta; altre volte, invece, l’emigrazione è ben più recente. L’Associazione Nuove Generazioni Italiane è nata pochi anni fa, e attualmente viene guidata da Pascal Resta, nonostante il suo trasferimento a Parigi. Creata per soddisfare la grande richiesta di cultura italiana da parte dei giovani italiani, l’Angi ha cercato di rispettare il lavoro fatto dalla precedente generazione ma, allo stesso tempo, ha proposto nuovi impulsi nei progetti per l’area di Grenoble.
«I miei nonni sono arrivati dalla Puglia negli anni Cinquanta, e si sono integrati in questa società. Ancora oggi io mi nutro dei loro racconti e delle loro tradizioni: un sapere trasmesso per via orale e attraverso le feste, le tradizioni e la cultura gastronomica. Ci si può innamorare del Paese degli avi scoprendo il sapore della salsa di pomodoro e del formaggio pecorino? A me è successo».
Cedric Scaringella, nato a Grenoble nel 1981, è uno dei tanti giovani che non gettano la spugna e che per l’Italia nutrono ancora tanto amore. «Ricordo ancora con commozione i salti di gioia che mio padre faceva durante i Mondiali del ’94. Anche attraverso questi momenti di felicità sportiva sono entrato nella storia del mio Paese d’origine, innamorandomi poi della sua cultura e della sua storia. Sono orgoglioso di trovarmi almeno una volta l’anno con i miei cugini per condividere le cose che ci uniscono, e confrontarmi sulle cose che apparentemente ci dividono».
Cedric ha scelto lo sport come momento di unione con altri giovani italiani nel mondo. Attraverso un sito web mantengono viva la passione per la squadra di calcio della Juventus senza dimenticare però appuntamenti più culturali. «Con i miei coetanei italo-francesi, mi sento un ragazzo con la doppia cultura. Seguiamo con piacere il Festival del film italiano che ogni anno viene proposto a Voiron, e che propone periodicamente uno sguardo sull’evoluzione della società italiana attraverso l’arte cinematografica. E sono grato al fondatore Pascal Resta per il grande entusiasmo che lo spinge a diffondere la nostra cultura tra i giovani nonostante le enormi difficoltà organizzative».
Non sono stati il lavoro e lo studio a spingere Federica Gentile nel tessuto urbano della città dei Delfini di Francia. Nella terra transalpina l’ha portata, infatti, l’amore per Maxime. Per lui ha lasciato la casa dei genitori Antonio (originario di Potenza) e Donatella e l’affetto del fratello Marco, e ha attraversato il confine per iniziare una nuova vita e un nuovo entusiasmo professionale.
«La Radio Italiana di Grenoble è stata un punto di partenza della mia esperienza di migrante – racconta Federica, nata a Brescia nel 1984 e trasferitasi con la famiglia, a soli 3 anni, ad Agrate Brianza – così come i vari enti di assistenza locale che mi hanno subito permesso di frequentare un corso di francese e un corso di formazione professionale. Grazie alla possibilità di tre stage sono riuscita a mettermi in contatto con la parte italiana di Grenoble, e ho trovato un impiego presso il Patronato Inas Atief».
Proveniente da una realtà italiana ricca di precariato, Federica ha trovato in Carlo Erio (membro del Cgie e presidente della VII Commissione lavoro: quella inerente i giovani), una guida nella scoperta del Comites e delle associazioni dei giovani italiani nel mondo.
«Ho partecipato alla Conferenza europea dei giovani italiani nel mondo, a quella mondiale e, infine, a quella che riuniva i giovani italiani in Francia, lo scorso mese di dicembre – ricorda Federica –. Stiamo lavorando tutti per far sì che si possa svolgere una grande Conferenza mondiale in questo 2008. Insieme ad altri 11 ragazzi, stiamo creando un’associazione per giovani italiani in Francia (il nome scelto: Agif, Associazione giovani italiani in Francia): un sodalizio che possa portare avanti progetti attinenti la nostra età. La scarsa partecipazione dei giovani all’associazionismo è dovuta a una progettualità che tiene poco conto delle nostre aspettative. Progetti interessanti, stimolanti e adatti ai giovani attirerebbero gli stessi nei sodalizi, cui peraltro occorre dare anche molta pubblicità. Vorremmo contribuire a riaccendere queste sinergie tra giovani italo-francesi e l’Italia, e lo si potrebbe fare anche con la creazione di uno “Sportello giovani” all’interno dei Comites».
Quel che oggi chiede la giovane bresciana è in sostanza attenzione da parte delle istituzioni italiane. Attenzione nei confronti dell’enorme potenziale dei giovani italiani nel mondo che vogliono tornare a sentire i sapori della cultura italiana.
«C’è un grande interscambio tra Grenoble e Udine, nell’ambito degli studi di Ingegneria, e molti ragazzi italiani trovano in Francia un’organizzazione migliore, soprattutto per quanto riguarda i salari. I giovani vengono aiutati con salari d’ingresso che partono da 1.000 euro, il che aiuta sicuramente l’avvio di una carriera professionale. Noi italiani, invece, possiamo aiutare i giovani francesi a recuperare il calore delle tradizioni familiari. I ragazzi francesi sono abituati a vivere in modo troppo indipendente, e noi italiani rappresentiamo per loro il mito del focolare».
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017