Generazione LA
Professionisti affermati, studiosi o artisti, talvolta genitori, i giovani italoamericani nati negli Stati Uniti o provenienti dall'Italia, sentono il bisogno di coltivare la propria identità originaria.
15 Marzo 2010
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Los Angeles
«Mi sono trasferito negli Stati Uniti nel 1997 quando avevo 19 anni. Ho scelto la California per frequentare il Musician Institute qui a Hollywood. Ho frequentato la scuola per un totale di 12 mesi, e poi ho iniziato a conoscere diversi musicisti e ho cominciato a suonare con loro. Praticamente, senza che lo sapessi, la mia carriera era iniziata». Robbie Angelucci oggi è un musicista affermato che rappresenta la nuova generazione della musica. Chiamato ad accompagnare in tour un’icona della musica mondiale come Frankie Valli, il chitarrista ha scoperto la passione per la musica e per gli Stati Uniti a soli 9 anni, dopo un viaggio con i genitori.
«Il mio piano era di finire la scuola e tornare in Italia – rammenta Angelucci – per poter fare il musicista lì, ma non è successo, e sono rimasto a Los Angeles. Venendo da un piccolo paese come Lanciano, in Abruzzo, l’impatto con la California, con Los Angeles, con la cultura americana, devo dire che non è stato facilissimo. Con le sue contraddizioni, la sua diversità, il melting pot delle diverse culture che ci vivono, seppure difficili da assimilare, comunque interessanti da scoprire, non si possono fare rapporti con l’Italia. A distanza di 13 anni posso dire che sono solo due culture molto diverse».
Robbie non è l’unico giovane musicista italiano ad aver assaporato il successo nella megalopoli californiana, ma non si sente ancora del tutto estraneo alle proprie radici. E sul braccio ha fatto tatuare il nome italico della sua città natale: Anxanum.
«Quello è il posto da cui vengo – ribadisce Angelucci –; è il luogo in cui sono nato e cresciuto, ed è parte della mia cultura. In casa cucino ovviamente italiano, e mi tengo sempre aggiornato sull’Italia. Il mio sogno e di avere dei figli che parlino entrambe le lingue (se non di più) e che siano completamente a loro agio in entrambe le culture».
In una metropoli con un diametro di 200 chilometri, è difficile avere punti di riferimento. Non esistono quartieri o zone ben definite dall’italianità, e molti connazionali si incontrano grazie al lavoro. «Siamo una piccola comunità di artisti – ammette Robbie – che negli anni diventa sempre più grande, grazie a Internet. Il nostro punto di ritrovo è l’Istituto Italiano di Cultura a Westwood, dove ci si incontra durante gli eventi più interessanti».
Per i giovani italiani di Los Angeles uno dei punti di riferimento è invece la Chiesa cattolica di San Pietro. «Ogni domenica – racconta Sara Scorcio, nata nel 1981, figlia di Luciano e Rina, e originaria di Modugno – partecipiamo alla messa per proseguire la giornata nei locali attigui della Casa d’Italia. Questa chiesa rappresenta un punto d’aggregazione eccezionale per noi italiani di Los Angeles: un’occasione per festeggiare i santi e per organizzare eventi collettivi importanti con altre etnie che professano il cattolicesimo. Io ho rappresentato l’Italia nella processione di Nostra Signora di Guadalupe che si è tenuta al Los Angeles Memorial Coliseum, e oggi faccio parte del gruppo locale della Commissione Giovani USA – guidato da Graziano Casale –: un sodalizio che in tutti gli Stati Uniti si batte per la promozione della lingua e la cultura italiana».
Affezionata all’Italia dove, fino al 2000, quasi ogni anno, trascorreva le vacanze in Puglia, Sara Scorcia vive con il rammarico di non poter ottenere la doppia cittadinanza. «A causa delle restrizioni del governo italiano – lamenta Sara – non posso avere la doppia cittadinanza, ma non smetterò mai di sentirmi italiana nel cuore. Identificare me stessa come italiana, rappresenta un fortissimo caposaldo della mia crescita umana, e la vita quotidiana è impostata sull’italianità. Sono iscritta all’Order of Sons of Italy, alla NIAF, all’Associazione degli avvocati italo-americani, alla Fondazione San Gennaro. Anche nello sport amo seguire gli eventi italiani e faccio parte dell’Inter Club di Los Angeles».
È un vivaio importante quello delle Associazioni culturali italiane per i giovani impegnati con caparbietà per guadagnare una cittadinanza che sentono cucita sulla pelle. «Io mi sento sia italiano che americano – spiega David M. Donnini, vicepresidente di UNICO, e originario di Gualdo Tadino – pur essendo nato in Pennsylvania. Per me la lingua italiana rappresenta il mezzo per mantenere vive le nostre radici culturali».
«Mio padre arrivò in California da Toronto – racconta Josephine Rossi, membro della Commissione Giovani –: la famiglia di mia madre si trasferì qui per seguire uno zio che si era innamorato di una donna americana. Per anni mi sono sentita americana pur percependomi diversa, a scuola, dagli altri americani. Ho poi compreso che questa diversità nasceva dalla cultura italiana che mi veniva instillata a casa, e con il tempo mi sono appassionata alle mie origini. Oggi convivo con il dispiacere di non conoscere la lingua italiana, elemento fondamentale per comprendere a pieno l’enorme potenziale culturale e storico della mia terra d’origine. Anche per questo ho deciso di combattere per far conoscere questo patrimonio ad altri giovani americani d’origine italiana».
«Los Angeles ha una grande estensione territoriale – spiega Jim Riggio, giornalista nato nel 1974, e di origini siciliane –. Attraverso la Commissione Giovani stiamo cercando di coinvolgere tanti italiani che sono venuti qui per lavorare o studiare. Ormai sono pochi quelli nati in Italia, e molti conoscono poco l’italiano, ma cerchiamo ugualmente in tutti i modi di dare nuova linfa alla nostra lingua». Nato in California, Jim Riggio divide il suo tempo tra il lavoro e la passione per lo sport. Appassionato di calcio italiano, ha lavorato come giornalista sportivo e ha seguito vari eventi sportivi per le società italiane a Los Angeles. Riggio, negli ultimi anni, ha lavorato alacremente alla realizzazione di un gemellaggio tra Montepulciano e Burbank, progetto che promette di andare a buon fine. «C’è una grande partecipazione alle feste religiose – ammette Riggio –. Per noi è importante incontrarci per celebrare sant’Antonio, san Giuseppe, santa Lucia. La fede ci aiuta nella riscoperta delle nostre radici culturali. E per noi la cultura passa attraverso il cattolicesimo».
«Noi italiani all’estero – afferma Raffaele Di Martino, direttore della sede ITAL-UIL di Los Angeles – abbiamo acquisito nel corso degli anni della nostra permanenza, della nostra vita e carriera all’estero, conoscenze che non sono note in Italia, ma che potrebbero invece arricchirne la cultura, l’economia e la vita sociale. Mi auguro, quindi, che negli anni a venire, grazie sia all’apporto e alla presenza di nuovi esponenti politici provenienti dalle Circoscrizioni estere, sia a una comunicazione e collaborazione più stretta tra gli organismi e i privati cittadini in Italia e le Associazioni, e le società italiane all’estero, si possa finalmente arrivare a vedere noi italiani all’estero come un’importante e unica risorsa per l’Italia».
Collaboratore di uno Studio Legale di Diritto internazionale di Los Angeles dall’agosto 2006, Raffaele Di Martino è nato a Roma e ha vissuto la doppia esperienza di studente e di lavoratore negli Stati Uniti. Dopo aver superato l’esame di avvocato in Louisiana, si è trasferito in California.
«In genere, i giovani italiani che arrivano qui in California si adattano molto bene allo stile di vita locale. Tuttavia ho anche notato che tra molti giovani italiani, dopo un decennio di permanenza in America o dopo la nascita dei loro figli, sentono l’esigenza di riscoprire o meglio di riavvicinarsi alla cultura italiana; desiderano conoscere altri italiani, mangiano più spesso cibi italiani e preparano piatti tipici a casa; o ancora iscrivono i figli a corsi di lingua italiana. Io mi sento pienamente italiano ma ho anche assorbito, nel corso degli anni della mia residenza e del lavoro all’estero, parte della cultura americana; e questo si riflette nei miei rapporti di lavoro così come nei miei rapporti interpersonali. Mi rendo conto di quest’aspetto di assimilazione di una diversa cultura quando viaggio in Italia e sento una certa “diversità” culturale o mentale con gli italiani che vivono in Italia. Non sempre, infatti, mi trovo in sintonia con la cultura e con il modo di pensare che c’è in Italia».
«Mi sono trasferito negli Stati Uniti nel 1997 quando avevo 19 anni. Ho scelto la California per frequentare il Musician Institute qui a Hollywood. Ho frequentato la scuola per un totale di 12 mesi, e poi ho iniziato a conoscere diversi musicisti e ho cominciato a suonare con loro. Praticamente, senza che lo sapessi, la mia carriera era iniziata». Robbie Angelucci oggi è un musicista affermato che rappresenta la nuova generazione della musica. Chiamato ad accompagnare in tour un’icona della musica mondiale come Frankie Valli, il chitarrista ha scoperto la passione per la musica e per gli Stati Uniti a soli 9 anni, dopo un viaggio con i genitori.
«Il mio piano era di finire la scuola e tornare in Italia – rammenta Angelucci – per poter fare il musicista lì, ma non è successo, e sono rimasto a Los Angeles. Venendo da un piccolo paese come Lanciano, in Abruzzo, l’impatto con la California, con Los Angeles, con la cultura americana, devo dire che non è stato facilissimo. Con le sue contraddizioni, la sua diversità, il melting pot delle diverse culture che ci vivono, seppure difficili da assimilare, comunque interessanti da scoprire, non si possono fare rapporti con l’Italia. A distanza di 13 anni posso dire che sono solo due culture molto diverse».
Robbie non è l’unico giovane musicista italiano ad aver assaporato il successo nella megalopoli californiana, ma non si sente ancora del tutto estraneo alle proprie radici. E sul braccio ha fatto tatuare il nome italico della sua città natale: Anxanum.
«Quello è il posto da cui vengo – ribadisce Angelucci –; è il luogo in cui sono nato e cresciuto, ed è parte della mia cultura. In casa cucino ovviamente italiano, e mi tengo sempre aggiornato sull’Italia. Il mio sogno e di avere dei figli che parlino entrambe le lingue (se non di più) e che siano completamente a loro agio in entrambe le culture».
In una metropoli con un diametro di 200 chilometri, è difficile avere punti di riferimento. Non esistono quartieri o zone ben definite dall’italianità, e molti connazionali si incontrano grazie al lavoro. «Siamo una piccola comunità di artisti – ammette Robbie – che negli anni diventa sempre più grande, grazie a Internet. Il nostro punto di ritrovo è l’Istituto Italiano di Cultura a Westwood, dove ci si incontra durante gli eventi più interessanti».
Per i giovani italiani di Los Angeles uno dei punti di riferimento è invece la Chiesa cattolica di San Pietro. «Ogni domenica – racconta Sara Scorcio, nata nel 1981, figlia di Luciano e Rina, e originaria di Modugno – partecipiamo alla messa per proseguire la giornata nei locali attigui della Casa d’Italia. Questa chiesa rappresenta un punto d’aggregazione eccezionale per noi italiani di Los Angeles: un’occasione per festeggiare i santi e per organizzare eventi collettivi importanti con altre etnie che professano il cattolicesimo. Io ho rappresentato l’Italia nella processione di Nostra Signora di Guadalupe che si è tenuta al Los Angeles Memorial Coliseum, e oggi faccio parte del gruppo locale della Commissione Giovani USA – guidato da Graziano Casale –: un sodalizio che in tutti gli Stati Uniti si batte per la promozione della lingua e la cultura italiana».
Affezionata all’Italia dove, fino al 2000, quasi ogni anno, trascorreva le vacanze in Puglia, Sara Scorcia vive con il rammarico di non poter ottenere la doppia cittadinanza. «A causa delle restrizioni del governo italiano – lamenta Sara – non posso avere la doppia cittadinanza, ma non smetterò mai di sentirmi italiana nel cuore. Identificare me stessa come italiana, rappresenta un fortissimo caposaldo della mia crescita umana, e la vita quotidiana è impostata sull’italianità. Sono iscritta all’Order of Sons of Italy, alla NIAF, all’Associazione degli avvocati italo-americani, alla Fondazione San Gennaro. Anche nello sport amo seguire gli eventi italiani e faccio parte dell’Inter Club di Los Angeles».
È un vivaio importante quello delle Associazioni culturali italiane per i giovani impegnati con caparbietà per guadagnare una cittadinanza che sentono cucita sulla pelle. «Io mi sento sia italiano che americano – spiega David M. Donnini, vicepresidente di UNICO, e originario di Gualdo Tadino – pur essendo nato in Pennsylvania. Per me la lingua italiana rappresenta il mezzo per mantenere vive le nostre radici culturali».
«Mio padre arrivò in California da Toronto – racconta Josephine Rossi, membro della Commissione Giovani –: la famiglia di mia madre si trasferì qui per seguire uno zio che si era innamorato di una donna americana. Per anni mi sono sentita americana pur percependomi diversa, a scuola, dagli altri americani. Ho poi compreso che questa diversità nasceva dalla cultura italiana che mi veniva instillata a casa, e con il tempo mi sono appassionata alle mie origini. Oggi convivo con il dispiacere di non conoscere la lingua italiana, elemento fondamentale per comprendere a pieno l’enorme potenziale culturale e storico della mia terra d’origine. Anche per questo ho deciso di combattere per far conoscere questo patrimonio ad altri giovani americani d’origine italiana».
«Los Angeles ha una grande estensione territoriale – spiega Jim Riggio, giornalista nato nel 1974, e di origini siciliane –. Attraverso la Commissione Giovani stiamo cercando di coinvolgere tanti italiani che sono venuti qui per lavorare o studiare. Ormai sono pochi quelli nati in Italia, e molti conoscono poco l’italiano, ma cerchiamo ugualmente in tutti i modi di dare nuova linfa alla nostra lingua». Nato in California, Jim Riggio divide il suo tempo tra il lavoro e la passione per lo sport. Appassionato di calcio italiano, ha lavorato come giornalista sportivo e ha seguito vari eventi sportivi per le società italiane a Los Angeles. Riggio, negli ultimi anni, ha lavorato alacremente alla realizzazione di un gemellaggio tra Montepulciano e Burbank, progetto che promette di andare a buon fine. «C’è una grande partecipazione alle feste religiose – ammette Riggio –. Per noi è importante incontrarci per celebrare sant’Antonio, san Giuseppe, santa Lucia. La fede ci aiuta nella riscoperta delle nostre radici culturali. E per noi la cultura passa attraverso il cattolicesimo».
«Noi italiani all’estero – afferma Raffaele Di Martino, direttore della sede ITAL-UIL di Los Angeles – abbiamo acquisito nel corso degli anni della nostra permanenza, della nostra vita e carriera all’estero, conoscenze che non sono note in Italia, ma che potrebbero invece arricchirne la cultura, l’economia e la vita sociale. Mi auguro, quindi, che negli anni a venire, grazie sia all’apporto e alla presenza di nuovi esponenti politici provenienti dalle Circoscrizioni estere, sia a una comunicazione e collaborazione più stretta tra gli organismi e i privati cittadini in Italia e le Associazioni, e le società italiane all’estero, si possa finalmente arrivare a vedere noi italiani all’estero come un’importante e unica risorsa per l’Italia».
Collaboratore di uno Studio Legale di Diritto internazionale di Los Angeles dall’agosto 2006, Raffaele Di Martino è nato a Roma e ha vissuto la doppia esperienza di studente e di lavoratore negli Stati Uniti. Dopo aver superato l’esame di avvocato in Louisiana, si è trasferito in California.
«In genere, i giovani italiani che arrivano qui in California si adattano molto bene allo stile di vita locale. Tuttavia ho anche notato che tra molti giovani italiani, dopo un decennio di permanenza in America o dopo la nascita dei loro figli, sentono l’esigenza di riscoprire o meglio di riavvicinarsi alla cultura italiana; desiderano conoscere altri italiani, mangiano più spesso cibi italiani e preparano piatti tipici a casa; o ancora iscrivono i figli a corsi di lingua italiana. Io mi sento pienamente italiano ma ho anche assorbito, nel corso degli anni della mia residenza e del lavoro all’estero, parte della cultura americana; e questo si riflette nei miei rapporti di lavoro così come nei miei rapporti interpersonali. Mi rendo conto di quest’aspetto di assimilazione di una diversa cultura quando viaggio in Italia e sento una certa “diversità” culturale o mentale con gli italiani che vivono in Italia. Non sempre, infatti, mi trovo in sintonia con la cultura e con il modo di pensare che c’è in Italia».
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017