L'uomo delle stelle
Uhuru: libertà ! Si potrebbe sintetizzare in quest'unica espressione, in lingua swahili, l'appassionata epopea di uno scienziato che da poco l'Italia ha imparato a riscoprire e che della libertà della ricerca ha fatto il suo motto personale. Riccardo Giacconi è uno dei tanti «cervelli in fuga» che il Belpaese si lascia puntualmente scappare, come avviene da decenni a questa parte, e che nonostante tutto ripaga l'Italia con uno dei più prestigiosi premi Nobel. Ed è un uomo libero da pregiudizi nei confronti del mondo scientifico. Quando tutti esultavano, il 10 dicembre 2002, lui ha ricordato al suo Paese la grande delusione per un patrimonio di menti impossibilitate a lavorare con soddisfazione nella terra natale, puntando il dito proprio sulla mancanza di autonomia scientifica che fa dell'Italia un serbatoio ricchissimo di talenti, pronti per l'esportazione. L'America questo l'ha capito fin dai tempi di Fermi. Prese in blocco «i ragazzi di Via Panisperna», regalando loro un futuro ricco di formule e applicazioni. L'Italia, invece, non ha ancora capito la lezione e loro: matematici, fisici, biologi e ingegneri continuano a preferire le università straniere ai nostri atenei ricchi di presenzialismo.
Non c'è, però, polemica nelle parole del premio Nobel, rientrato brevemente in Italia per il conferimento dell'onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine al Merito della Repubblica italiana, della cittadinanza onoraria di Pescara, e per dare sostegno all'International Center of Relativistic Astrophysics che, nel capoluogo adriatico, ha il suo centro di coordinamento. Appena arrivato «a portata di lavagna», non ha resistito alla tentazione di raccontare, con l'entusiasmo di un bambino, il proprio amore per la fisica. Ma non è un uomo di pura teoria questo italoamericano incoronato a Stoccolma da re Gustavo di Svezia. Anzi. Giacconi rappresenta proprio l'antitesi dello scienziato chiuso nella propria torre d'avorio. Uno studioso capace di abbracciare sempre nuove sfide, nonostante le grandissime soddisfazioni raccolte durante le ricerche precedenti; capace di rendere applicative le proprie idee e dotato di un pragmatismo di alto profilo.
Nato a Genova nel 1931, il futuro astrofisico si laureò in Fisica all'Università di Milano per restarvi come ricercatore nell'ambito della fisica delle particelle elementari. Un feeling destinato ad esaurirsi presto: per lui non c'era posto nel gruppo di ricerca sui raggi cosmici e sulle particelle elementari.
C'era posto, invece, all'American Science and Engineering (ASE) di Cambridge, che nel 1959 accolse il genovese per affidargli ricerche spaziali finanziate principalmente dalla NASA, e che andavano dalla teoria, alla progettazione, fino alla costruzione di satelliti. Nel 1962, insieme a Gursky, Paolini e Rossi, egli presentò alla stampa la prima osservazione di una sorgente a raggi X al di fuori del sistema solare, dando il via all'Astrofisica a raggi X. Da questi studi, nel 1970, si concretizzò l'idea del lancio in orbita di Uhuru, satellite realizzato in Kenya da Luigi Broglio che lo stesso Giacconi considera ancora oggi il suo più grande successo.
I risultati del satellite Uhuru furono eccezionali e proiettarono l'astrofisico nell'olimpo della ricerca stellare. Sposato con una donna d'origine italiana, e naturalizzato americano nel 1977, Giacconi non ha più smesso di stupire il mondo scientifico, realizzando il telescopio Hubble (in orbita con lo Skylab), progettando la missione del telescopio Einstein (lanciato nel 1978), realizzando ex-novo la sezione di Astrofisica delle alte energie dell'Università di Harvard e accettando di diventare direttore della Casa delle stelle dello Space Telescope Institute della Johns Hopkins University di Baltimora. Rientrato in Europa nell''85, fondò, insieme ad altri scienziati, l'Icra, il consorzio formato da Space Telescope Institute, Università La Sapienza, Università di Stanford, Università di Washington, ICTP , TWAS di Trieste, Specola Vaticana e Università cinese di Hofei.
Nominato, nel 1992, direttore generale dello European Southern Observatory, realizzò sulle cime cilene il Very Large Telescope: un insieme di quattro telescopi di otto metri ciascuno, per poi accettare una nuova grandiosa sfida al suo rientro negli Usa. Nominato presidente dell'Associate University, Giacconi scelse infatti, ancora una volta, l'azione, dando il via all'astronomia millimetrico-radio; nel deserto di Atacama, a 5.500 metri d'altezza, darà vita ad Alma, il più grande spiegamento d'antenne al mondo (oltre 100). Uno strumento che diverrà operativo nel 2007 e che sarà in grado di farci avvicinare, come mai prima, ad un'osservazione diretta del momento stesso dell'inizio dell'Universo.