Venezuela. Quel profumo di vin cotto
In un Paese che ha deciso di sfilare per strada in segno di protesta contro il governo, tanti italiani hanno dovuto fare i conti con il presente per pensare al futuro. Per molti, oggi, avere un legame ancora forte con le proprie radici rappresenta una delle poche certezze. Gabriella Marcacci è una di loro. «Mio padre, Biagio, era originario di Montorio al Vomano, mia madre, Maria Ricci, di Torricella Sicura, entrambi in provincia di Teramo. Mio padre emigrò a Caracas nel 1957, mia madre arrivò nel 1967. Papà fu ben accolto dai corregionali che avevano fatto da apripista. Superato l’impatto con la lingua, cominciarono a lavorar sodo. Hanno avuto, poi, due figli: mio fratello Leonardo, avvocato, e io».
Laureata in ingegneria civile, sposata e madre di due figli, Gabriella Marcacci lavora da quindici anni nell’industria petrolifera e del gas naturale. Sin da piccola ha aderito all’associazionismo regionale (abruzzese e molisano) al quale, ancora oggi, si dedica. «A Caracas ci sono tanti abruzzesi. Quand’ero piccola partecipavo con loro ai raduni in spiaggia o alle scampagnate in montagna. Nel 1980 un gruppo di conterranei fondò l’associazione Abruzzesi in Venezuela, a Caracas, e acquistò 26 ettari di terreno che somigliavano alle colline abruzzesi. Poco dopo vi costruirono la sede sociale e, nel 1999, la cappella di San Gabriele dell’Addolorata in cui, il 27 febbraio di ogni anno, celebriamo la festa del Patrono d’Abruzzo. L’associazione ha trovato un posto dove poter svolgere le feste tipiche abruzzesi, rinnovando così il legame con la musica e la gastronomia delle radici. Un modo ottimale per trasmettere la conoscenza della nostra cultura alle nuove generazioni italo-venezuelane».
Gabriella torna in Italia ogni due anni: non ha mai perso il contatto con i parenti e gli amici abruzzesi. Tra essi ve ne sono molti che sono cresciuti in Venezuela e si sono trasferiti in Italia, figli di «emigranti di ritorno» di cui quasi mai si parla e che rappresentano una grande fetta della numerosa comunità italo-venezuelana residente. «Mi sento italo-venezuelana: amo la mia terra di nascita, ma tornare in Italia produce sempre delle belle sensazioni che non riuscirei ad apprezzare in egual misura se non fossi figlia di due culture». Nata e cresciuta in una metropoli, Gabriella ha conservato gelosamente i propri ricordi di vacanze italiane presso i nonni. Le sono rimaste nella mente le esperienze nella casa rurale e la vita semplice della campagna, con le lavorazioni gastronomiche tipiche della zona. «Per me era curioso condividere per un po’ la loro vita, molto diversa da quella che io avevo assimilato in una grande città. Mi piaceva vedere la lavorazione delle salsicce, del prosciutto, la produzione del tipico vino cotto che, dopo la morte dei nonni, non ho più potuto apprezzare. Anche per queste memorie del gusto mi sono appassionata alla valorizzazione della produzione vinicola regionale».