Polinesia francese. Un torinese a Moorea
Sfuggire allo stress o immergersi nella natura, conoscere la civiltà maori o iniziare un nuovo percorso professionale: queste e molte altre sono le motivazioni che spingono gli italiani a «sognare» di trasferirsi in Polinesia. Pochi, però, lo fanno davvero, e tra questi ancora meno possono dire di aver avuto successo. Mario Orto è tra questi ultimi. Torinese, con un passato da grafico e fotografo, Mario oggi vive a Moorea, nella Polinesia francese e lavora nel campo del turismo. «Se la mia maestra delle elementari mi avesse detto che avrei parlato quattro lingue e che avrei vissuto in Polinesia, aprendo un’attività e lavorando nel mondo del turismo, le avrei riso in faccia – riflette oggi il 45enne –. E invece la vita mi ha portato proprio in questo luogo del Pacifico».
L’avventura di Mario ha inizio nel 2000. Stanco della monotonia professionale, il grafico si reinventa animatore di villaggi vacanze, salvo poi, negli anni, passare all’assistenza turistica. «Ho lavorato in molti luoghi del Mediterraneo, dalla Grecia alla Tunisia, dall’Egitto alla Turchia, per poi accettare una proposta di lavoro come responsabile per la clientela italiana in Polinesia – continua Orto –. All’epoca dell’offerta rimasi perplesso, perché il Paese più lontano, nei miei pensieri, era il Brasile». Ciononostante, e pur non conoscendo il francese, Mario decide di lanciarsi in questa nuova avventura. «L’accoglienza è stata spettacolare – ricorda –. I polinesiani sono persone semplici e molto ospitali. Sorridono e non si preoccupano tanto del futuro, vivono molto alla giornata». Mario approda a Moorea non senza un pizzico di diffidenza e con la certezza di restarci poco tempo. «In effetti sono andato via dopo sei mesi, ma dopo altri sei mesi sono tornato e da sette anni vivo qui, felice di aver fatto questa scelta».
Oggi Mario Orto è forse l’unica guida turistica italiana nella Polinesia francese. «A Moorea non ci sono più di dieci italiani, mentre a Bora Bora ce ne sono ancora meno. La comunità tricolore più grande vive a Tahiti, ma raggiunge sì e no le quindici persone. Non esistono un’associazione o un circolo italiano» spiega il torinese.
Formata da cinque arcipelaghi per un totale di centodiciotto isole (di cui solo settantacinque sono abitate e altre non raggiungono neppure i venti chilometri quadrati di superficie), la Polinesia non è un Paese da prendere con leggerezza. «Spesso chi viene qui lo fa con un’idea sbagliata, immaginandola solo nelle sue vesti turistiche. Io stesso ricevo molte e-mail da persone che vogliono trasferirsi, senza conoscere la storia e la situazione economica di questo luogo». Mario Orto, invece, di cultura polinesiana è ormai un esperto. Anche se in fondo non ha mai dimenticato le sue origini torinesi. «I miei legami con l’Italia sono fortissimi – conferma –. A casa ho sempre la mia bandiera che mi porto dietro oramai da anni! Difendo a denti stretti la mia italianità e sono fiero di quello che l’Italia ha fatto nella storia. Non mi vergogno di dire che, quando torno a Torino, all’aeroporto di Caselle mi inginocchio e tocco il suolo italiano. Qui a Moorea cerco di spiegare agli amici quanto sono importanti i valori italiani e cosa ci distingue nel mondo: dalla nostra storia alla sapienza culinaria. Per loro cucino piatti tipici. Anche se – conclude Orto – non è facile reperire i giusti ingredienti. E, spesso, devo arrangiarmi con quello che ho a disposizione».