Un «sì» lungo 40 anni

Patrizia Toia: «Il Senato ha mantenuto fede a un impegno preso già in passato, scrivendo così una bella pagina sul collegamento tra le istituzioni nazionali e l’altra Italia».
03 Novembre 1999 | di

Roma
Dopo un intenso dibattito che ha visto levarsi anche voci dissenzienti, il Senato italiano ha approvato in seconda lettura il disegno di legge che riconosce l'esercizio di voto in loco agli italiani residenti fuori d'Italia stabilendo l'istituzione della «Circoscrizione estero». Sul significato di questa legge e sulle ulteriori tappe necessarie per raggiungere l'obiettivo finale, abbiamo interpellato la senatrice Patrizia Toia, sottosegretario agli Affari esteri.

 Msa. Qual è il valore politico di questo risultato e quali gli obiettivi da raggiungere affinché i nostri concittadini possano partecipare alle elezioni del 2001?
Toia.
    La legge, approvata dal Senato lo scorso 29 settembre, è una legge di riforma costituzionale e richiedeva due deliberazioni di ciascuna Camera. Essa ha sancito la riforma dell'articolo 48 della Costituzione, che istituisce la Circoscrizione estero, non legata a un territorio, ma estesa ai circa tre milioni di cittadini italiani elettori residenti fuori d'Italia. Il diritto di voto che la nostra Costituzione dà  a tutti i cittadini, anche a quelli che vivono all'estero, è un diritto che ancora rimane sulla carta e obbliga i connazionali a ritornare in Italia e a votare nei collegi d'origine. Dopo questa prima riforma, è necessario approvarne un'altra, di valore costituzionale, per definire quanti saranno i parlamentari eletti da questa circoscrizione: c'è già  l'ipotesi di 16 deputati e 8 senatori, ma non è definitiva. Infine, dovremo approvare una legge ordinaria, in corso di preparazione, che riguarderà  l'anagrafe; la determinazione degli elettori - basta essere italiano all'estero, oppure occorrerà  l'iscrizione alla circoscrizione? - ; le modalità  del voto - per corrispondenza? - è uno strumento non ancora introdotto nella nostra legislazione ; gli accordi con i Paesi più diffidenti, per siglare intese bilaterali sulle modalità  e gli aspetti organizzativi del voto. La speranza è di arrivare alle votazioni politiche del 2001, con il recupero della voce dell'italianità  all'estero: un recupero attuato con norme e strumenti che danno effettività  a un diritto, e una dignità  a tanti concittadini che si sentono parte del nostro Paese anche se fin d'ora non hanno potuto votare.

Quali conseguenze avrà  la partecipazione attiva e passiva degli italiani all'estero alla vita politica del nostro Paese ?
Non importa per chi voteranno, perché il voto si accompagna, in una democrazia, alla libertà . È invece importante che si capisca che questa riforma è stata voluta da tutto il Senato: tranne i pochi partiti che hanno votato contro, tutti gli altri 205 senatori della maggioranza e dell'opposizione hanno collaborato per portare a conclusione il lungo percorso di questa legge: c'è stata una convinzione corale. È quindi la vittoria di coloro che credono a questo risultato. Non penso che l'inserimento del nuovo corpo elettorale causerà  tragici mutamenti di maggioranze: se succederà , fa parte della democrazia. Mi interessa solo che i connazionali all'estero siano posti nella condizione di votare in loco, come tutti i cittadini italiani, e votare i loro rappresentanti al Parlamento.
Ora è importante che arrivi a loro l'informazione, la cultura italiana, perché il loro voto sia espresso conoscendo e seguendo le vicissitudini del Paese. Ciò che tantissimi italiani già  fanno, ma che noi dobbiamo rendere più agevole, aumentando la nostra informazione. Alcune obiezioni al voto hanno ripreso vecchi temi già  superati, come quello delle tasse non pagate. Dimenticano, infatti, che i nostri connazionali con le loro rimesse hanno inviato in Italia molte loro risorse, costruendovi anche la loro seconda casa; inoltre, all'estero essi sono un valore economico, oltre che culturale, promotori dell'«immagine Italia» nel mondo. Quando avremo la presenza, nelle due Camere, dei loro rappresentanti, penso che avremo un valore globale al nostro modo di affrontare le leggi. L'onorevole Silvia Costa, presidente della commissione «Pari Opportunità Â», diceva: «Se noi avessimo avuto la rappresentanza di questi cittadini quando abbiamo steso la legge sull'immigrazione, avremmo avuto la voce di chi aveva già  fatto l'esperienza della convivenza con altre etnie e delle politiche di integrazione, evitando così degli errori».

 Come saranno superate le ostilità  di alcuni Paesi contrari all'organizzazione di partiti nei loro territori?
Con alcuni Paesi stiamo già  discutendo chiaramente, consapevoli che avremo la loro opinione quando vedranno la definitiva legge elettorale. Essi considerano un'ingerenza il fatto che dei loro cittadini, con doppia cittadinanza, possano votare per partiti italiani. In questi casi, decideranno gli stessi italiani, dato che il voto non è un'imposizione ma un fatto democratico, libero. Da parte nostra, continueremo a trattare con i responsabili di questi Paesi, per raggiungere l'obiettivo, assicurando che non ci sarà  nessuna ingerenza nella vita politica dei loro Paesi. Se poi le circostanze renderanno troppo difficile l'esercizio del voto in loco, con il pericolo per i connazionali di perdere la cittadinanza locale, è chiaro che non voteranno. Noi dobbiamo dare l'opportunità  di votare dov'è possibile.

Che tipo di circoscrizioni elettorali verranno istituite?
Ci sarà  una sola e grande circoscrizione, con liste che rispetteranno gli orientamenti dei partiti e dei movimenti, secondo il sistema proporzionale, già  attuato nelle elezioni europee. Ogni partito avrà  interesse a mettere in lista persone di questa o quell'area geografica, in modo che tutti le possano votare. Gli eletti si faranno poi carico di rappresentare tutti i cittadini italiani all'estero.

Come si riuscirà  a garantire la «competenza politica» dei nuovi rappresentanti votati nella circoscrizione?
È un problema che vale anche per l'Italia e che si ripropone ad ogni elezione. Tenendo presenti i cambiamenti sociali e culturali che ci sono stati, più di qualcuno ha dubitato della competenza politica di qualche parlamentare, criticando i partiti per aver inserito nelle liste dei personaggi «di richiamo», come cantanti, artisti e sportivi, data l'inevitabile loro impreparazione ad affrontare un impegno parlamentare.

In che modo i nostri connazionali eserciteranno il diritto di voto in loco?
Presumo che sarà  per corrispondenza. I voti saranno depositati o spediti nelle nostre ambasciate e consolati, centri di raccolta. Tutti i nostri concittadini potrebbero ricevere il certificato elettorale, ma sta maturando anche l'ipotesi che il Parlamento possa decidere che per entrare nella Circoscrizione estero si debba chiedere di farne parte, come atto di volontarietà : è ciò che avviene in Paesi di cultura anglosassone. Sono ancora delle ipotesi su cui si comincia a discutere.

Qual è la sua opinione sulla proposta di concedere l'esercizio di voto ai cittadini italiani residenti temporaneamente all'estero?
È una proposta che fa parte del complesso della legge che stiamo preparando. Il problema è di consentire il voto per corrispondenza a studenti, professionisti, lavoratori e a quanti si trovano all'estero «temporaneamente»; essi non faranno parte della circoscrizione estero, ma saranno iscritti al collegio d'origine.

Questa svolta storica comporterà  un avvicinamento dei giovani oriundi italiani alla nostra vita politica, sociale e culturale?
Anch'io sono convinta che la riforma, una volta attuata, costituirà  una svolta storica, segnerà  il passaggio a una concezione globale dell'Italia, fatta dai cittadini che stanno entro i suoi confini e da quelli che stanno all'estero e che si sentono ancora cittadini italiani. Molti giovani hanno riacquistano la cittadinanza con la legge n. 38 del 15/2/92, grazie a una discendenza senza interruzione. Questa possibilità  di voto può non interessare, ma se la considerano una probabile scelta, li investirà  di nuovi compiti. Il nostro problema è di riconquistare all'Italia queste giovani generazioni, perché mantengano il legame con noi, si sentano portatori della nostra cultura, siano parte di un'Italia più variegata e più ampia come popolo. La riforma costituisce quindi un avvicinamento forte alle nuove generazioni, ma dovremo arricchirla di contenuti e di progetti. Questo è un impegno anche della stampa. Purtroppo la «grande» stampa italiana, in occasione dell'ultimo dibattito, ha fatto parlare professori d'università  e politici, ma non ha dato voce agli italiani all'estero, ai loro rappresentanti che operano in istituzioni come il Cgie e i Comites. Si è distinta, come sempre, la stampa cosiddetta «minore»: agenzie, giornali e riviste per gli italiani all'estero, con un interesse e una passione politica che fa loro onore.

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017