Arno Dal Ri, dal Brasile all’Italia. I nuovi pionieri

05 Aprile 1998 | di
       
Le associazioni giovanili italo-brasiliane hanno fame di cultura italiana. Le loro richieste? Vedere il nostro Paese, frequentare master o corsi di specializzazione presso università  italiane, riallacciare il rapporto con la terra d'origine.

 

Arno Dal Ri, un giovane brasiliano di Itajaà­, una città  dello stato di Santa Catarina, sta frequentando un master in diritto internazionale all'Università  di Padova, dopo essersi laureato in giurisprudenza nella sua città  natale. Le sue origini italiane risalgono ai bisnonni, trentini (e appartenenti allora all'impero austroungarico), e bellunesi, emigrati in Brasile nel 1875 per cercare lavoro e più sicure prospettive di vita per i loro figli: cosa che sono riusciti a ottenere, con tenacia e sacrificio. Cittadino brasiliano e dispiaciuto di non ottenere anche la cittadinanza italiana, Arno si sente 'italiano nel cuore'.

A Santa Catarina, nel Brasile del sud, il 60 per cento della popolazione e il 58 per cento dei parlamentari sono di origine triveneta. Dati che ritroviamo anche in altri stati del Brasile. Oggi sono 23 milioni gli oriundi italiani in quel Paese.

Msa. Quando è iniziato il tuo rapporto con l'Italia?

Dal Ri. Sono cresciuto a Itajaà­, una città  costruita dai portoghesi lungo il litorale, e che ancora conserva le caratteristiche dei suoi fondatori. Fin da piccolo, però, sentivo di essere diverso da tanti miei compagni di scuola. La presenza dei nonni in casa mi collegava ad altre radici e il loro stile di vita, come i loro dialoghi in dialetto trentino o bellunese, mi comunicavano un 'qualcosa' che oggi chiamo 'valore della famiglia, cultura del lavoro, senso dell'onestà  e del risparmio, capacità  di essere sempre contento'. Le storie che raccontavano a me e ai miei fratelli facevano rivivere la loro giovinezza, le circostanze della loro partenza dall'Italia e soprattutto i quaranta giorni di navigazione per raggiungere il Brasile. La nonna li paragonava agli anni di peregrinazione di Mosé e del suo popolo dal passaggio del Mar Rosso al raggiungimento della Terra promessa. Divenuto più grandicello, volevo conoscere le loro regioni d'origine: il trentino, il tirolo e il bellunese.

Ricordo le prime ricerche sull'atlante, le letture per capire le caratteristiche di quei territori, la grande gioia di scoprire che la nonna apparteneva alla stessa parrocchia di papa Albino Luciani: Forno di Canale, oggi Canale d'Agordo. Per me, queste prime ricerche costituivano la scoperta delle mie radici e arricchivano la mia identità  di un retaggio di cui non posso più fare a meno. Sento di essere brasiliano, ma con un forte legame storico che mi unisce all'Italia e, in modo particolare, al triveneto. La mia famiglia conserva ancora le caratteristiche delle antiche famiglie venete. Papà  Arno, tipico 'patriarca', è un imprenditore nel settore immobiliare; mamma Angela, di professione insegnante, è la 'parona', una donna che si fa rispettare e amare, anche se non accetta che altri comandino in casa, soprattutto in cucina. Io sono il primo di cinque figli: ho un fratello, Luciano, e tre sorelle: Marilsi, Aline e Luciene.

Come ti sei inserito nel mondo associazionistico?

Quando iniziai, qualche anno fa, un corso privato per imparare l'italiano mi trovai con un gruppo di trenta giovani. Eravamo tutti interessati a scoprire la cultura dei nostri avi, dei quali eravamo discendenti di terza o quarta generazione. Con la lingua, volevamo conoscere i valori dell'italianità , il senso e l'origine delle tante feste e tradizioni tramandate. La frequenza al corso fece maturare anche un desiderio di aggregazione: fondammo un circolo e, constatato l'interesse per l'iniziativa, ci mettemmo in contatto con altri circoli veneti, trentini, friulani e italiani in generale, e nel 1994, abbiamo organizzato a Itajaà­ il primo convegno per i giovani di origine triveneta residenti in Brasile. È stato un vero successo, sia per la partecipazione di circa cinquecento giovani, sia per la presenza di alcuni ospiti, tra i quali, il presidente dell'Utrim, l'onorevole Dino De Poli e i presidenti delle province di Belluno e Treviso, Oscar De Bona e Domenico Citron.

Due anni dopo, è stato organizzato un altro convegno per i giovani italobrasiliani a Victoria, nello stato di Espirito Santo e, nel 1997, il 2° convegno mondiale delle nuove generazioni, che ha richiamato a Buenos Aires giovani da ogni continente.

Come spieghi questo rifiorire dell'italianità  e della riscoperta delle origini?

Dobbiamo ricordare che il 60 per cento della popolazione dello stato di Santa Catarina è di origine italiana: tre milioni di persone in uno stato di cinque. Nella fase della prima migrazione, che portò nelle nostre terre folle di italiani, non c'era il bisogno di 'riscoprire l'identità ': erano tutti uniti e solidali nell'affrontare le inevitabili difficoltà  del loro inserimento nel nuovo Paese. Il periodo più difficile fu nei decenni del fascismo, quando il governo brasiliano, mirando a rafforzare il senso di appartenenza allo stato nazionale brasiliano, costrinse i nostri bisnonni e nonni a dimenticare la loro italianità . Mio nonno, grande imprenditore, è stato arrestato solo perché in pubblico parlava il dialetto veneto vietato dalla legge; per punizione dovette ingerire mezzo bicchiere di gasolio.

Oggi i tempi sono cambiati e i nipoti o pronipoti dei primi pionieri, dopo decenni di silenzio vogliono riscoprire le loro origini. Ho constatato questo interesse non solo nei giovani membri delle associazioni venete e italiane degli stati del Brasile, ma anche in quelli di Argentina, Uruguay e di altri stati dell'America latina. C'è ovunque un vivo desiderio a rileggere la pagina storica dell'epopea dei nostri padri, emigrati per dare una nuova terra ai figli e ai nipoti. Amanti della vita e della pace, tanti di loro lasciarono il Trentino o il Veneto affinché i figli non fossero arruolati e spediti al fronte.

Pensi che l'epopea migratoria rimarrà  come 'fedele memoria' e punto di riferimento per le nuove generazioni?

Ritengo di sì. La memoria storica rimane, anche se si dovesse perdere il ricordo delle vecchie tradizioni. In Brasile questa 'fedele memoria' è legata anche alla fondazione di città  e paesi che ricordano la provincia d'origine: Nova Trento, Nova Treviso, Nova Belluno o Nova Padova e che testimoniano una fase di civilizzazione in cui i nostri padri sono stati protagonisti. Oggi le vecchie associazioni sono rivitalizzate dalla presenza dei giovani che hanno trovato nell'Utrim, l'Unione triveneta nel mondo, un modello associazionistico nuovo. Sono infatti necessarie nuove motivazioni per aggregare i giovani.

Quale ruolo possono avere le regioni italiane?

Possono aiutare le associazioni a rinnovarsi e a superare il loro rapporto meramente assistenziale con le istituzioni italiane. Dobbiamo investire di più nella cultura e nel settore dell'informazione. Per i giovani di origine triveneta, credo sia importante, offrire occasioni per approfondire la loro conoscenza della storia d'Italia, dell'antica Repubblica di Venezia, del principato di Trento o del patriarcato di Aquileia. La storia fa parte delle nostre radici.

L'Utrim sta preparando per i giovani di origine italiana una guida ai corsi di perfezionamento programmati dalle università  del Triveneto. È una piccola cosa, ma è un modo nuovo per venire incontro alle loro attese. La possibilità , infatti, di offrire ai giovani discendenti veneti borse di studio o master presso università  italiane, dovrebbe rimanere uno degli obiettivi prioritari della politica delle regioni italiane. Riguardo alla Regione del Veneto, è stato certamente un segno positivo che la 'Conferenza dei veneti' dello scorso novembre, abbia avuto luogo a Florianopolis, nello stato di Santa Catarina, e non a Venezia. Con questa prima 'Conferenza d'area', la regione ha offerto la possibilità  ai consultori e a un gruppo di giornalisti, venuti dal continente latino e dall'Europa, di conoscere un Paese e uno stato dove l'italianità  e la veneticità  hanno ancora un senso e una prospettiva.

Perché poni la cultura come scelta prioritaria per la vita delle associazioni?

Credo che la cultura sia il primo passo per un futuro processo di interscambi tra il Brasile e l'Italia. Personalmente ho dato il mio apporto perché alcuni professori dell'università  di Padova tenessero anche nello stato di Santa Catarina dei corsi di economia del Veneto: un'iniziativa che promuove innanzitutto la conoscenza della lingua italiana. Come si fa a parlare di interscambi economici con le regioni italiane se non si conoscono la lingua, le caratteristiche e la loro storia millenaria? Prima bisogna sentire 'fame di cultura' legata alle nostre radici, poi vengono le specializzazioni e le prospettive commerciali. È per tale scopo che frequento questo master di diritto internazionale all'Università  di Padova, convinto delle potenziali possibilità  di interscambi tra Veneto e Santa Catarina.

Le iniziative già  in corso, come la presenza di docenti veneti in Brasile, e quella dei veneto-brasiliani in Italia che vorrei incrementare, rivitalizzano le nostre associazioni. Solo nel mio stato, oggi ci sono 49 circoli veneti attivi, mentre solo sei mesi prima del convegno di Florianopolis, nel registro della Regione del Veneto ne erano registrati solo sette. Molti di questi circoli invecchiano perché sono isolati, non collegati con fonti d'informazione che li attiverebbero. Se dobbiamo rivolgere una forte attenzione ai nostri anziani, con piccole iniziative che rimotivino la loro appartenenza, il loro legame affettivo con l'Italia e con la regione d'origine, diversa, invece, deve essere la politica riguardo ai circoli con la presenza di giovani.

Durante questi mesi di permanenza in Italia, oltre ad essere corrispondente del quotidiano 'Insieme', uno dei più importanti giornali del Brasile del Sud, sono in contatto con decine di circoli ai quali, via e-mail, invio le informazioni più utili sulle iniziative delle regioni e delle istituzioni italiane. È una politica dell'informazione che deve svilupparsi.

Pensi che l'Italia possa promuovere nuovi rapporti tra l'America latina e l'Europa?

Alcuni Paesi del nostro continente latino hanno incominciato a prendere la strada di uno sviluppo 'pensato', diverso dal modello degli anni Settanta, che ha favorito le grandi industrie ma non ha diminuito la piaga sociale della povertà . Da qualche anno, in Brasile, Argentina e Cile, abbiamo un'economia stabile, con una crescita costante del due per cento: è un processo di sviluppo, non di progresso, del quale si riscontrano i benefici nella diminuzione della disoccupazione e della criminalità  che, in Brasile, scende del 15 per cento all'anno. Tenendo presente che il 30 per cento degli imprenditori e dei politici del Brasile sono di origine italiana, l'Italia è certamente il Paese con il quale maggiormente ci identifichiamo e che ci può inserire nel processo politico ed economico europeo.

Hanno un futuro le associazioni italiane in Brasile?

Ci sono segni di controtendenza, che ci fanno sperare che il ruolo delle nostre associazioni abbia un futuro. Il primo segno è il nuovo stile che l'Utrim ha immesso nella vita associazionistica. Il movimento delle nuove generazioni, fondato dal presidente Dino De Poli, sta risvegliando l'interesse di molti giovani, ma anche di tanti docenti, imprenditori e politici di origine italiana. Il secondo segno positivo è il rapporto tra le associazioni e le università  italiane. Oltre ai corsi universitari, tenuti in America latina da professori di università  venete, continua l'offerta di borse di studio o di master presso università  italiane, finanziate dalla Regione del Veneto. Uno dei maggiori promotori di queste iniziative culturali è il professor Gabriele Orcalli che ha intuito quanto esse possano positivamente incidere sulla vita delle nostre comunità . Ricordo, infine, i programmi annuali delle associazioni venete, della 'Trentini nel mondo', della 'Friuli nel mondo', che seguono la vita dei nostri circoli con particolare attenzione e competenza.

L'altra Italia sta cambiando: ai vecchi pionieri, che emigrando in America latina hanno trasformato le nostre campagne e città , sono subentrati i loro discendenti che continuano, con la stessa tenacia dei padri, a dare un contributo fattivo per lo sviluppo della società  in cui sono attivamente inseriti.

 

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017