COMPETERE NEL VILLAGGIO GLOBALE

La conferenza di Milano ha ribadito che occorre sviluppare una strategia dell’informazione che rafforzi lapresenza economica e culturale italiana nel mondo. Un ruolo chiave spetta ai nostri connazionali all’estero.
02 Febbraio 1997 | di

Milano

La prima sensazione che hanno avuto molti dei partecipanti alla 'Conferenza mondiale per l'informazione italiana all'estero', tenutasi a Milano l'11 e il 12 dicembre scorsi, è che sia stata avviata una fase nuova della politica dell'informazione per l' 'altra Italia' in un contesto di innovazione. La conferenza era stata organizzata come sintesi e conclusione dei tre precedenti appuntamenti intercontinentali svoltisi a New York, a San Paolo e a Berlino. Ma i contenuti delle relazioni; la partecipazione e il coinvolgimento nel dibattito di rappresentanti del governo e del parlamento italiani; le specifiche richieste dei duecentocinquanta delegati che hanno partecipato ai gruppi di lavoro nei settori della stampa, della radio e della televisione; il fruttuoso interscambio di esperienze e di proposte maturato durante la conferenza, hanno lasciato in tutti la consapevolezza che la questione della domanda di informazione, da parte dell' 'altra Italia', richieda ulteriori momenti di riflessione. Sono necessarie, infatti, strategie e scelte politiche che tengano in considerazione la complessità  del problema, ma soprattutto - come ha affermato il ministro degli Esteri, Lamberto Dini nella sua relazione introduttiva - del 'patrimonio di esperienze individuali e collettive, di conquiste, di realizzazioni, di sapere, di relazioni umane e sociali che hanno contribuito a far conoscere, apprezzare e rispettare l'Italia nel mondo'.

Se ci siamo liberati di un'immagine folkloristica degli italiani all'estero, questo lo dobbiamo soprattutto ai mezzi di comunicazione che operano nel mondo, e che più volte hanno reagito duramente contro alcuni servizi apparsi sui grandi quotidiani italiani che riproponevano i vecchi stereotipi dell'emigrato. 'È ora che l'editoria italiana - ha sottolineato nel suo intervento Giuseppe De Rita - compia quel definitivo passo in avanti e realizzi quel cosiddetto scatto di reni, tale da rendere possibile il superamento del grave declino rispetto all'informazione che riguarda gli italiani all'estero'. Per il presidente del Cnel (Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro), se vogliamo che il rapporto tra le 'due Italie' continui, l'informazione non può più essere generica, soggiacente ai vecchi stereotipi, ma deve essere interattiva, mirata a problemi, contenuti e interessi con rilevanza specifica.

La multimedialità  sta cambiando velocemente ritmi, modalità  di interazione e di dialogo con e tra le comunità  italiane nel mondo. Per Piero Bassetti, presidente della Camera di commercio di Milano e di Assocamerestero, aumenterà  sempre di più la comunicazione 'in rete' tra coloro che sono collegati da vincoli di etnicità , da interessi culturali, associazionistici e commerciali. 'La valorizzazione degli italiani nel mondo - ha detto il ministro Dini - passa attraverso il raggiungimento di due obiettivi strategici: la piena integrazione di ogni nostro connazionale nella società  in cui oggi vive e lavora; e, contemporaneamente, l'affermazione dell'identità  culturale e nazionale italiana'. A questo fine, l'attenzione vigile e assidua del governo italiano si soffermerà  su tre fronti. Sul versante istituzionale, con l'impegno per l'esercizio in loco del diritto di voto dei cittadini italiani, fin dalle prossime elezioni politiche, e con l'attesa riforma dei Comitati degli italiani all'estero, i Comites, e del Consiglio generale degli italiani all'estero, il Cgie. Sul versante sociale, con adeguati sostegni attraverso l'opera dei patronati e delle associazioni; con il miglioramento dei servizi scolastici e socio-assistenziali; con la riorganizzazione della rete e del personale dei nostri consolati. Sul versante culturale, rafforzando la diffusione della lingua e della cultura italiane: migliorando la gestione dei corsi, delle scuole italiane e l'attività  dei nostri istituti di cultura.

'D'altra parte, c'è anche un interesse nazionale ad attivare questo collegamento informativo con un'Italia più reale e meno mediata - ha aggiunto il ministro Dini - , favorendo la trasformazione degli italiani nel mondo da punti di riferimento passivi e lontani, a protagonisti dinamici della nostra cooperazione con i paesi in cui operano'. Ma ciò è possibile se si trovano punti di incontro tra la domanda di informazione dei nostri connazionali all'estero, le istituzioni governative, i mass media della penisola e quelli operanti nel mondo, mobilitando tutte le risorse disponibili, pubbliche e private.

Dopo l'intervento di Roberto Morrione sull'innovazione e il potenziamento dei programmi di Rai International, di cui è direttore, è stato chiesto che ciò non avvenga a scapito degli attuali mezzi di comunicazione operanti nei cinque continenti, in favore dei quali esiste una concreta domanda di adeguati sostegni economici. Il loro ruolo è stato definito dal ministro Dini 'fondamentale, come portavoce delle varie comunità '. 'Talvolta, hanno anche supplito a carenze d'informazione dei media nazionali - ha proseguito il ministro - . La loro valorizzazione richiede una revisione dell'attuale normativa, che estenda i contributi della presidenza del consiglio dalla carta stampata anche ai mezzi radiotelevisivi e che valga ad incentivare l'innovazione e il consolidamento delle testate e del settore audiovisivo'.

Il progetto di una nuova politica di raccordo tra la stampa dei paesi d'adozione dei nostri connazionali e i mass media nazionali, mira anche a una più efficace informazione di ritorno. Se circolano le idee, le proposte e le persone, il rapporto tra le 'due Italie' diviene sempre più profondo, e si allarga il bisogno di informazioni sull'attività  dei nostri connazionali all'estero: sul loro lavoro e sul contributo sociale e culturale dato alle società  in cui si sono inseriti. Nel corso dei dibattiti e delle tavole rotonde programmati durante il convegno di Milano, sono emersi ulteriori obiettivi e richieste. 'La conferenza impegna il governo e il parlamento italiani - nota la risoluzione finale - alla definizione di una politica organica dell'informazione estera dell'Italia e all'adozione di strumenti legislativi e finanziari necessari a ricondurre ad unità  gli interventi richiesti, come già  fanno Francia, Germania, Giappone e tutti quei paesi che hanno compreso l'esigenza non rinviabile della globalizzazione dell'informazione nazionale, come mezzo per rafforzare la propria presenza, anche economica e commerciale'. Il documento sottolinea l'interesse per le iniziative delle regioni nel campo dell'informazione e per lo sviluppo di progetti operativi in un quadro di coordinamento. Riafferma la convinzione che l'azione delle istituzioni centrali e regionali debba mirare alla razionalizzazione delle iniziative, alla creazione di sinergie fra pubblico e privato, alla disponibilità  di supporti tecnologici e pubblicitari ai mass media italiani all'estero.

Mutuando una battuta di Roberto Formigoni, presidente della regione Lombardia, potremmo dire che 'a questo punto le parole non bastano assolutamente più: occorre che finalmente si passi ai fatti'. Partendo però dalla convinzione che il rapporto tra le 'due Italie' si approfondirà  se la comunicazione diverrà  sempre più forte e coinvolgente, e motivando sempre di più l'identità  e il senso di appartenenza dei giovani, discendenti dei nostri connazionali, ai quali dobbiamo rivolgere una particolare attenzione.

LOSI: 'INFORMARE È UNA MISSIONE'

Nel corso della conferenza di Milano, abbiamo sentito Lorenzo Losi, vicepresidente vicario del Cgie, il Consiglio generale degli italiani all'estero.

Che cosa ne pensa di questo 'summit' dell'informazione?

'Dall interesse per le relazioni e dagli interventi, sorge il dubbio se, dopo i convegni di New York e San Paolo, fosse stato più opportuno concludere con l'incontro di Berlino. Ho constatato, infatti, il ripetersi delle tematiche e una certa stanchezza da parte dei partecipanti. L'informazione è innanzitutto formazione, e questo sottende, da parte di chi opera nel settore, l'impegno di far crescere i nostri connazionali residenti all'estero e di camminare di pari passo con il progresso dell'Italia. Oggi operare nel settore dell'informazione è una missione'.

Questa stessa consapevolezza è condivisa da tutti i membri del Cgie e dei Comites ?

'Quando ho iniziato la mia avventura nel Cgie, ho detto a me stesso che se non avessi operato con questo spirito, avrei rischiato di usare l'emigrazione per i miei interessi personali. Al termine del mandato, non posso però nascondere una certa delusione riguardo ai ruoli del Cgie e dei Comites. Abbiamo fatto tanti tentativi per riformare strutture e metodi nei settori della scuola, della sicurezza sociale, della cultura e dell'informazione, con risultati insufficienti riguardo alle aspettative. Prima di riformare questi organismi, si devono riformare le persone che operano in essi, affinché abbiano la chiara consapevolezza di essere posti non ai vertici di una struttura, per gestire un potere, ma di essere un punto di riferimento delle nostre comunità , per cercare il loro bene'.

Allo stato attuale delle cose, che prospettive hanno il Cgie e i Comites ?

'Credo che sia urgente l'approvazione, da parte del parlamento e del governo italiani, della legge di riforma del Cgie e dei Comites (che dovrebbero trasformarsi in Consites, ndr). È inoltre necessario che si approvi, come ha promesso il ministro degli Esteri Dini, nella relazione introduttiva alla conferenza di Milano, l'esercizio del voto in loco per i nostri connazionali all'estero, entro questa legislatura. Spero, infine, che tutte le assicurazioni riguardanti i sostegni alla stampa, alle radio e alle televisioni italiane che operano per le nostre comunità  all'estero, vengano tradotte in realtà '.

La riforma del Cgie e dei Comites, quale nuovo ruolo darà  ai due organismi ?

'I disegni di legge, che attendono l'approvazione del parlamento, si propongono di dare una maggiore dignità  ai due organismi. Il Cgie e i Comites, devono diventare strutture meno burocratiche, meno statiche, in favore di una maggiore responsabilità  nella programmazione delle iniziative. Devono essere poste alla stregua degli altri organismi (di cui parla la Costituzione italiana), a cui il governo si rivolge per pareri vincolanti, e non più solo consultivi. Se sarà  approvato questo, il Cgie e i Comites, acquisteranno una stato giuridico nuovo e avranno un ruolo più attivo e autonomo per rispondere alle attese delle comunità  italiane in ogni continente'.

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017