La pace è solo un’utopia?
Iniziamo con fiducia il 2002 anche se permangono forti interrogativi sulla situazione d";incertezza e di paura che i recenti eventi mondiali hanno acutizzato. Sarà possibile che popoli o singoli cittadini di differenti culture, razze e religioni, possano convivere pacificamente? Lasciando da parte ogni logica di rivincita, è possibile combattere il terrorismo senza mettere a rischio la vita di persone innocenti? Come accordare, infine, l";accoglienza degli immigrati nelle nostre città , con il crescente bisogno di sicurezza individuale e collettiva?
Sono domande che partono da stati d";animo esacerbati dalle situazioni di opposti integralismi e contrasti ideologici che hanno coinvolto il mondo politico, civile e religioso. Gli attacchi bellici in Afghanistan, in risposta agli atti terroristici dell";11 settembre, e il riacceso contenzioso tra Usa e Iraq hanno suscitato posizioni diverse e antagoniste, incentivando diffidenza e rancori anche verso gli immigrati che già da anni si sono inseriti nelle nostre città . Ma sono soprattutto i rapporti tra cristiani e musulmani ad essersi fortemente incrinati, con il risveglio di vecchi rancori e con l";inasprimento di nuovi contenziosi. Non è facile in questo contesto educare e favorire esperienze di pace e di riconciliazione, mentre dovremmo vedere oltre ogni muro di divisione, guardare il futuro riconoscendoci pellegrini e compagni di viaggio mentre attraversiamo il fiume della vita.
Giovanni Paolo II, ancora una volta ha fatto stupire il mondo con l";iniziativa straordinaria di proporre ai cattolici una giornata di digiuno in concomitanza con la fine del Ramadan (lo scorso 14 dicembre). Ancor più illuminante è l";invito a pregare con i responsabili delle religioni il 24 gennaio prossimo ad Assisi, proclamando tutti insieme al mondo «che la religione non deve mai diventare motivo di conflitto, di odio e di violenza». È una risposta forte e pacifica contro chi ancora accetta l";assurdità delle «guerre sante» e lo scontro tra le religioni. Lo «spirito di Assisi», dopo lo storico incontro delle religioni del 1986 in un momento politico caratterizzato dalla «guerra fredda», è riproposto ai credenti d";ogni fede in un contesto più difficile, ma con la speranza che l";unione nella preghiera promuova un comune impegno per la pace. La preghiera rivolta a Dio, tende per se stessa a superare le divisioni create dagli uomini: Dio è al di sopra d";ogni barriera umana. «Ci si vuole trovare insieme "; in particolare cristiani e musulmani "; per proclamare davanti al mondo che la religione non deve mai diventare motivo di conflitto, di odio e violenza. In questo momento storico, l";umanità ha bisogno di vedere gesti di pace e di ascoltare parole di speranza», ha detto Giovanni Paolo II all";Angelus di domenica 19 novembre scorso.
Ma a che serve? Non c";è una forte differenza di fede e di culto tra i cristiani e i musulmani?, si chiedono alcuni credenti. «Non si tratta né di sincretismo, né di relativismo religioso» risponde Enzo Bianchi. «Si tratta invece di mettere davanti al Dio unico e vivente, il Dio adorato da ebrei, cristiani e musulmani, l";invocazione della pace ma anche l";impegno a non bestemmiare il nome di Dio che vuole che tutti gli uomini siano salvati (1° Timoteo 2.4), di mettersi in un atteggiamento di ascolto e d";invocazione anche con tutti coloro che lo cercano come a tentoni in vie religiose che contengono semi della parola di Dio e indicano la presenza dello Spirito Santo in tutti gli uomini creati a immagine e somiglianza di Dio». È dunque un";altra iniziativa di Giovanni Paolo II, con prospettive profetiche. Non dobbiamo perciò rassegnarci ad alcuna prospettiva di guerra, ma dobbiamo guardare alle tensioni e ai problemi del mondo con la volontà di ridurre le distanze, creare condivisione, costruendo così non barriere ma ponti che facilitino le interrelazioni tra i popoli.
Padre Luciano Segafreddo