Per un mondo nuovo
Dopo aver letto con rammarico le conclusioni sul summit romano della Fao nel giugno scorso, dove i pochi rappresentanti dei Paesi ricchi non hanno dato risposte adeguate alla emergenza della fame, l";attenzione e le attese dei Paesi poveri si sono rivolte al vertice dei G8 di Kananaskis, in Canada, e alla Conferenza Internazionale di Johannesburg. Ne parliamo in questo editoriale perché, come cittadini e cristiani, il dramma della povertà e la necessità di una destinazione universale dei beni, la domanda di piani d";azione internazionale che garantiscano la tutela della vita umana contro il terrorismo, la necessità di strategie unitarie per un progresso economico-industriale compatibile con il futuro del pianeta, sono problemi sui quali dobbiamo farci voce e creare opinione pubblica.
Noi speriamo in nuovi modelli di sviluppo capaci di colmare il divario tra Paesi ricchi e Paesi poveri. Oltre l";economia si devono globalizzare i diritti umani, la solidarietà , il rispetto per l";ambiente. L";86% della ricchezza della terra è concentrata nelle mani del 20% della popolazione mondiale; un divario che continua ad estendersi nonostante i solleciti dell";Onu e del mondo associazionistico cattolico ai Paesi industrializzati affinché garantiscano, per la lotta alla fame e alla miseria, l";innalzamento, fino allo 0,7% del Pil, dei fondi destinati alla cooperazione.
I dati elaborati per il vertice Fao dello scorso giugno, ci dicono che nel mondo 800 milioni di persone soffrono la fame in maniera cronica e che solo in Africa il 65% della popolazione sopravvive con meno di un dollaro al giorno nelle bidonville o nelle campagne destinate a divenire deserto per la drastica riduzione di progetti di sviluppo.
C";è, però, qualche segno positivo: al vertice canadese è stato approvato un nuovo piano d";azione con l";intento di «aiutare l";Africa perché aiuti se stessa», come ha detto il premier Tony Blair. Anche se non hanno deciso quanti dei 12 miliardi di dollari promessi lo scorso marzo alla Conferenza di Monterrey andranno all";Africa, a Kananaskis sono stati approvati tre importanti interventi: l";accordo per la creazione di una forza di pace; l";impegno di debellare la poliomielite entro il 2005; l";accesso delle esportazioni africane al mercato globale, abbassando le barriere e togliendo i sussidi entro il 2005. L";attenzione si è estesa anche ai problemi emergenti in Medio Oriente, alla lotta al terrorismo e alle prospettive dell";economia mondiale: molti però si aspettavano interventi adeguati alla gravità delle emergenze africane; sostegni più consistenti alla riduzione dei debiti dei Paesi poveri, e progetti mirati allo sviluppo dell";agricoltura locale e delle piccole-medie industrie.
Solo se si promuove lo sviluppo, la produzione alimentare terrà testa anche all";incremento della popolazione. Sono problemi e sfide che ritornano al vaglio del summit di Johannesburg
Il segretario generale dell";Onu, Kofi Annan, ha già delineato le emergenze che richiedono consensi politici e urgenti risposte: il problema dell";acqua e dell";energia, la situazione tragica dell";agricoltura, l";impoverimento della quantità e della qualità della flora e della fauna nel pianeta, l";inquinamento.
L";esperienza delle associazioni, delle Ong e delle cooperative legate al volontariato professionalmente preparato, consiglia di partire da piani di sviluppo per la formazione delle persone; da modelli di lavoro e dall";uso di nuove tecniche compatibili con il contesto di vita degli abitanti; dal rilancio delle piccole e medie imprese che offrono occasioni di lavoro, bloccando così le fughe dalla propria terra. Sono progetti e attività alternativi agli interventi finanziati dalle grandi agenzie e istituzioni internazionali: mirano a far crescere professionalmente le persone, preferiscono la qualità alla quantità dei prodotti, pongono l";etica come criterio inalienabile per ogni profitto.