Una testimonianza che si rinnova
In occasione del Primo Convegno internazionale dei missionari italiani in emigrazione, svoltosi a Roma, ho incontrato padre Gabriele Parolin, scalabriniano, delegato nazionale delle Missioni Cattoliche Italiane in Germania e in Scandinavia, fino ad agosto, e già nominato Superiore degli Scalabriniani d";Europa. Parolin è nato a Bassano del Grappa, in provincia di Vicenza, il 9 marzo 1948. Dopo il ginnasio e il liceo presso i padri Scalabriniani, ha frequentato i corsi di Teologia a Friburgo, in Svizzera, ed è stato ordinato sacerdote nel 1975. Il suo impegno missionario si è svolto in Germania: due anni a Solingen, dieci anni nella Missione Cattolica di Colonia, e altri dieci in quella di Stoccarda. Nel 1998 si è trasferito a Francoforte, sede della delegazione nazionale.
Segafreddo. Qual è oggi la consistenza degli italiani in Germania? Ritiene ancora necessaria la presenza di missionari e missionarie italiane al loro fianco?
Parolin. Secondo le recenti statistiche, gli italiani in Germania sono circa 700 mila, di cui, 400 mila fanno parte della prima e seconda generazione. Sono ancora legati al mondo culturale, religioso, politico italiano e per loro la presenza di un operatore pastorale italiano è ancora indispensabile. Gli altri 300 mila fanno parte della terza e quarta generazione, ma anche per loro il nostro impegno missionario può essere utile se si riesce ad entrare in un";ottica diversa. Tra questi ultimi, 100 mila sono membri della nuova emigrazione composta sia da intellettuali, studenti, operatori industriali che vengono in Germania per un periodo limitato di tempo, come da persone che, a causa del fenomeno della disoccupazione che ancora coinvolge le province del Sud d";Italia e della Sicilia, cercano un futuro migliore in Germania.
In quale misura il fenomeno migratorio è ancora attuale?
Ogni anno registriamo in Germania dai 25 ai 30 mila nuovi arrivi. Tra loro ci sono studenti che vengono per i programmi Erasmus, operatori industriali, ma anche ex immigrati che avevano tentato un avvenire migliore in Italia, per ritornare nuovamente in Germania non avendo trovato condizioni adatte per il loro inserimento lavorativo.
Com";è la situazione in Scandinavia?
La comunità in Scandinavia è abbastanza piccola. La più consistente è a Stoccolma, con 4 mila italiani, mentre la comunità di Goteborg è formata da circa 1.000 italiani. Sono persone venute nel primo dopoguerra, in genere con una qualifica professionale, ingaggiate da ditte svedesi. Attualmente si registra in Scandinavia una buona presenza di studenti italiani iscritti alle facoltà di Medicina, e diversi connazionali medici hanno già trovato un";occupazione in questo Paese.
Quali sono i momenti e le occasioni in cui la presenza del missionario italiano nelle comunità è maggiormente valorizzata?
Considerando che la nostra emigrazione viene per il 98% dal Sud Italia, il primo momento partecipativo è quello delle feste legate alle tradizioni religiose della terra d";origine, come la festa del Santo patrono, della Vergine e le celebrazioni della Settimana Santa, che trovano una grande espressione nella processione del Venerdì Santo. Un altro momento è legato alle proposte dei missionari, i quali nella programmazione pastorale privilegiano "; come cammino di fede fondamentale "; la formazione catechistica, liturgica e religiosa dei nostri connazionali. I due momenti cercano in qualche modo di non contrapporsi, ma di essere di reciproco vantaggio.
Riesce ad inserire, nello stile dell";impegno missionario, il vissuto e le esperienze della sua terra d";origine?
Io sono molto legato a Bassano del Grappa, nel Veneto. Nel mio animo sono sempre vivi i valori e il fascino della campagna (mio nonno era un contadino), ma sono presenti anche le memorie di mio padre, il suo lavoro svolto nel settore della ceramica, con situazioni di lotte sindacali. Questi due aspetti "; soprattutto quello legato al mondo operaio "; li ho ritrovati tra gli italiani in Germania provenienti, come me, dalla campagna ed ora inseriti nel mondo industriale tedesco. Accanto a loro ho più volte avuto la sensazione di rivivere alcuni drammi vissuti dai miei familiari. Come missionari, noi cerchiamo di mettere in evidenza il valore della famiglia che per la gente della mia terra d";origine, come per quella proveniente dalle regioni del Sud d";Italia, è fondamentale. Cerchiamo quindi di proporre e organizzare le iniziative pastorali «puntando sulla famiglia», estendendo, per esempio, la catechesi rivolta ai bambini anche ai loro genitori, in modo che nelle celebrazioni liturgiche li ritroviamo uniti.
La crisi della famiglia coinvolge anche le famiglie italiane residenti in Germania?
Forse è addirittura ancora più forte che in Italia. Registro una dicotomia tra quello che le persone pensano sul valore della famiglia e la quotidianità , in cui si riscontrano gli stessi problemi della famiglia in Italia. Ma a volte, a causa dell";ambiente dispersivo, come quello dell";emigrazione, i problemi aumentano e diventano più gravi.
Come sono i rapporti dei missionari con le nuove generazioni?
Sono difficili. Stiamo perdendo il rapporto con i giovani poiché i nostri missionari sono di età avanzata e quindi privilegiano i rapporti con il mondo adulto, con gli anziani, mentre si trovano in grande difficoltà con i giovani. Questi, infatti, si esprimono più facilmente in tedesco che in italiano, e tante volte i valori e le istanze di cui sono portatori, non sono riconosciuti o accolti. Il rischio che stanno attraversando le nostre comunità è quello di rinchiudersi in se stesse, tra quelli cioè che le frequentano e che non sono più del 10%. È più facile vivere in una piccola comunità , con un gruppo particolare di persone. Adesso, però, cominciamo a renderci conto che il 90% delle persone hanno un rapporto saltuario o minimo con la chiesa e ci stiamo chiedendo come, pur essendo noi una piccola comunità , poter essere missionari per quelli che sono lontani da essa.
Nel programma della Giornata Mondiale della Gioventù ci sono iniziative rivolte ai giovani figli d";italiani?
La Giornata Mondiale della Gioventù rappresenta per le comunità italiane in Germania un momento particolare: tutti sono più o meno coinvolti. Abbiamo preferito, anche su richiesta della chiesa locale, di non organizzare iniziative come Missioni Cattoliche Italiane, ma di fare capo alle organizzazioni giovanili diocesane alle quali sono invitati a rivolgersi i gruppi giovanili sia tedeschi che stranieri. In questa linea, anche i gruppi italiani sono chiamati ad iscriversi presso la propria diocesi d";appartenenza, come segno d";adesione ad una chiesa che sia più cattolica e più variopinta, escludendo il più possibile lo stare «fra italiani». I gruppi provenienti dall";Italia e dalle diocesi tedesche avranno dei momenti significativi sia nelle diocesi tedesche come a Colonia. Tra i momenti più significativi di carattere italiano, vorrei sottolinearne due: il primo, organizzato dal Servizio per la Pastorale giovanile italiana insieme con la Migrantes, è la «fiaccola della pace», che toccherà alcune Missioni Cattoliche Italiane della Svizzera, e in Germania quelle di Freiburg in Brisgovia, Mannheim, Mainz, Coblenza e Colonia. Gli atleti portatori della fiaccola e i loro accompagnatori faranno sosta e pernotteranno nelle Missioni partecipando ad una «serata» insieme con la comunità italiana. Per tali incontri, abbiamo invitato le Missioni ad aprire le loro porte. Il secondo grande incontro italiano avrà luogo il 17 agosto, forse nello stadio di Colonia, con la partecipazione di tutti i giovani italiani presenti alla Giornata Mondiale: sarà un momento di forte testimonianza di fede.
La scarsità del clero in Italia, in Francia e in altri Paesi del mondo, ha suggerito la formazione delle unità pastorali. Tenendo presente il fenomeno, quale sarà il futuro delle Missioni Cattoliche Italiane in Germania?
Anche in questo Paese si sta facendo lo stesso percorso della Francia e dell";Italia, ma direi che siamo più vicini al modello francese. Molte diocesi stanno chiudendo delle parrocchie, altre le conservano solo nominalmente e le riuniscono in unità pastorali. Alle nostre comunità di «altra madre lingua» "; come vengono chiamate "; chiedono di entrare a far parte delle unità pastorali della chiesa locale. Questo significa intraprendere nuovi rapporti "; forse non conosciuti e non sempre facili "; per proseguire il nostro impegno pastorale per gli italiani, facendo programmazione insieme con i parroci locali e con i missionari delle altre comunità linguistiche.
In Europa stiamo vivendo un momento di trasformazione sociale e politica, in cui i cristiani dovrebbero avere un loro ruolo. C";è un messaggio di speranza che ricordi il carisma del beato Scalabrini, che sognava l";unificazione dei popoli nel nome di Cristo?
Portatore del mio messaggio di speranza è lo stesso italiano all";estero, che si sta aprendo in maniera meravigliosa alla chiesa locale e agli altri gruppi migranti. Ha capito che non può rinchiudersi nella sua italianità , e quindi ha intrapreso un cammino di partecipazione negli organismi sociali, culturali e politici del Paese in cui è inserito. Come una finestra aperta al mondo, ha compreso che deve avere occhi anche per le altre nuove migrazioni. Questo, per me, significa testimoniare i valori cristiani.