Antonio, dono di speranza
Anche quest’anno, pubblichiamo il resoconto delle attività della Caritas Antoniana che nel 2006, con 2 milioni e 300 mila euro, ha realizzato 190 progetti in 41 Paesi del mondo. Un bilancio eccezionale che testimonia il coinvolgimento dei devoti del Santo di Padova e degli abbonati del Messaggero di sant’Antonio, per iniziative rivolte a specifici bisogni di singole persone e di comunità prive di strutture sanitarie, assistenziali e scolastiche, con lo scopo di condurle verso forme di autosufficienza.
Oggi non è facile gestire la solidarietà. Di fronte a 854 milioni di persone che soffrono la fame, a 500 milioni di migranti, rifugiati politici ed espatriati costretti a lasciare la loro terra per gravi povertà e per la carenza di rispetto dei loro diritti, noi ci aspetteremmo un coinvolgimento politico di caratura internazionale capace di scardinare gli squilibri esistenti. Gli Stati più industrializzati dovrebbero dare di più per debellare la denutrizione e le povertà nel mondo; ma gli organismi internazionali che gestiscono le risorse ricevute, spesso denunciano dei fallimenti e le loro stesse strategie suscitano perplessità. Come mai?
Finché i criteri della distribuzione e dei consumi sono sotto il dominio di oligarchie e di multinazionali, è utopia sperare quanto è stato stabilito nel 2000 dall’Onu per ridurre entro il 2015 le disuguaglianze nel mondo: gli obiettivi, cioè, di dimezzare la fame, offrire l’istruzione primaria, diminuire la mortalità infantile, migliorare la salute delle madri e combattere l’Aids. Mancano le risorse e le quote dei bilanci nazionali per la cooperazione internazionale restano lontane dallo 0,7% del Pil promesso all’Assemblea dell’Onu. Il mondo politico e delle istituzioni internazionali dimostra un’incapacità ad aprirsi alla domanda globale delle povertà, alla quale rispondono con maggiore prontezza e sensibilità tanti volontari e membri di associazioni d’ispirazione cristiana e non, i quali superando mentalità consumistiche dominanti, svolgono compiti di supplenza che gli Stati non sanno fare, con forme operative più incisive, rivolte alla promozione delle popolazioni locali, e con progetti realizzati nello stile delle microrealizzazioni.
Anche per i frati della Basilica del Santo, le emergenze e le povertà nel mondo sono sempre state motivo d’inquietudine e di condivisione. Nel lontano 1897, in un momento difficile per la giovane nazione italiana, sorse a Padova l’iniziativa del «Pane dei poveri», che ancora continua ad offrire un aiuto a singole persone e a tante famiglie. Nel 1957 ha iniziato la sua attività la Caritas Antoniana, che con criteri nuovi e non assistenziali cerca di rispondere alla domanda sociale delle popolazioni più povere del mondo. Una domanda che si è sempre più allargata tanto che i frati del Messaggero di sant’Antonio, dal numero di giugno del 1988, hanno iniziato a coinvolgere i lettori delle varie edizioni della rivista nella realizzazione di progetti sociali richiesti da vescovi diocesani o da responsabili di comunità provate da gravi emergenze.
Ispiratore di questo stile di solidarietà è il nostro Santo. Negli ultimi dieci anni della sua vita, e in una società turbata dalla trasformazione degli assetti politici ed economici imposti dalla nuove classi emergenti, egli seppe dedicare le sue energie all’aiuto di quanti si trovavano in situazioni di povertà o privati dei loro diritti più sacri. Sulla scia del suo esempio, vengono realizzati ogni anno, nel mondo, dei progetti sociali, sanitari ed educativi che garantiscono «efficienza e durata» per il rapporto che i frati preventivamente hanno instaurato con i beneficiari dei singoli progetti, chiedendo la preparazione del personale per la loro gestione. Per evitare ogni «gigantismo», e dare agli interventi maggiore efficienza, la Caritas Antoniana si è caratterizzata dunque per le sue mini-realizzazioni, con forme d’aiuto come il microcredito. Uno stile operativo che ha trovato accoglienza e partecipazione da parte di tanti lettori del Messaggero di sant’Antonio.