Assegno sociale agli anziani indigenti
Eletto nella Circoscrizione dell'America Latina, da sempre vicino al mondo dell'associazione italiana, Merlo sta lavorando a un progetto di legge per gli ultrasessantacinquenni.
16 Aprile 2007
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Ricardo Merlo è uno dei cinque parlamentari della Circoscrizione dell’America Latina, eletto con il maggior numero di voti (43.057). Laureato in Scienze politiche e impegnato nel settore dell’imprenditoria edilizia, è sempre stato attento al mondo dell’associazionismo italiano. È stato presidente della Trevisani nel mondo, del Comites di Buenos Aires, del Cava (Comitato associazioni venete argentine), dell’Ulm (Unione latini nel mondo) e dell’Utrim (Unione triveneti nel mondo). Prima della sua elezione al Parlamento, è stato membro del Cgie, il Consiglio generale degli italiani all’estero.
Segafreddo. Di recente lei ha tenuto una conferenza all’Università Nacional di Mendoza sui rapporti tra Mercosur e Unione Europea. Quali sono le sfide e le prospettive di questo rapporto?
Merlo. La sfida è soprattutto per il Mercosur perché è come un bambino che ha appena iniziato a camminare, e con difficoltà. In questo momento gli accordi che si possono fare tra Mercosur e Unione Europea sono minimi perché il Mercosur non è ancora un mercato comune e non ha sviluppato le istituzioni come l’Unione Europea. Oggi, in Sudamerica, non abbiamo ancora le quattro libertà fondamentali: la circolazione delle persone, delle merci, dei capitali e dei servizi. Il rapporto è quindi più diplomatico che economico. Speriamo che il Mercosur riesca a fare qualcosa di simile a quello che ha fatto l’Unione Europea, e così avremo tante opportunità sia dal punto di vista sociale, culturale che, soprattutto, da quello economico-commerciale.
L’economia argentina, dopo un periodo di forte crisi, sta risalendo la china. Esistono dei problemi rispetto ai quali lei stesso si trova impegnato? Gli italiani occupano ruoli e spazi in questo processo?
Il Paese è in crescita e, quanto a percentuali, si sta sviluppando come la Cina. Il mondo sta richiedendo sempre di più materie prime, e l’economia dell’Argentina è basata sul settore agro-industriale: ha quindi una grande opportunità che spero venga colta. I problemi fondamentali sui quali sono impegnato riguardano la situazione sociale, la povertà strutturale dell’Argentina e degli altri Paesi dell’America Latina. Problemi che questa crescita economica non risolve, e che spingono a un particolare impegno quanti rappresentano nel Parlamento italiano le comunità di questi Paesi.
Il 40% degli argentini è di origine italiana. Come si riesce a tenere vive e a tramandare alle nuove generazioni, cultura e tradizioni del Paese d’origine?
Questo è un compito che bisogna seguire quotidianamente. È come quando, nel gioco del calcio, si dice «la maglia bisogna sudarsela». Si devono percorrere tutte le strade, coinvolgendo istituzioni governative e private, per ottenere dei risultati. Per esempio, la Cassamarca di Treviso, lo scorso anno, ha finanziato in Argentina mille borse di studio per la diffusione della lingua italiana, e quest’anno sostiene economicamente un altro programma che comprende una ventina di corsi di formazione per dirigenti di associazioni italiane nei Paesi del Sud America. Nelle circoscrizioni consolari di Lomas de Zamora e di Necochea (Mar del Plata) il programma è iniziato lo scorso 14 aprile. Non dobbiamo aspettarci tutto dallo Stato, ma cercare risorse presso Fondazioni e persone sensibili come l’onorevole Dino De Poli, per mantenere vive le radici, la nostra cultura, e soprattutto per mobilitare i giovani e farli avvicinare al mondo dell’associazionismo italiano.
La realtà associazionistica italiana, che in Argentina continua ad essere vivace, può essere di stimolo per le comunità italiane di altri Paesi?
La nostra esperienza può essere d’aiuto. Se noi, in Argentina, e in generale in America Latina, parliamo di partiti, le persone scappano perché dentro le associazioni ci sono persone che pensano in maniera diversa, e noi non vogliamo dividere le associazioni su questioni ideologiche. Abbiamo invece creato un movimento che coordina tutte le associazioni e può concentrare tutte le energie per risolvere problemi reali che riguardano gli italiani che vivono all’estero, come la promozione della cultura e della lingua italiana, la soluzione di situazioni sociali che riguardano soprattutto gli anziani e i disagiati; i problemi della cittadinanza e della rete consolare. Io credo che l’associazionismo continui ad essere uno strumento molto importante in America Latina per portare avanti un progetto politico istituzionale che dia risposte concrete agli italiani residenti.
Desaparecidos, una tragedia mai finita. La giustizia italiana non è rimasta a guardare. Nei giorni scorsi la Corte d’Assise di Roma ha condannato quelli che sono stati ritenuti gli autori della scomparsa e dell’assassinio di tre italo-argentini. Che giudizio dà di questo pronunciamento della giustizia italiana?
Io sono soddisfatto, anche come ex presidente del Comitato delle associazioni venete argentine, il Cava, della decisione della giustizia italiana riguardo ai tre cittadini italiani scomparsi: Giovanni e Susanna Pegoraro e la loro figlia, provenienti dal Veneto. La giustizia deve seguire la sua strada, ma non come in Argentina dove per questi casi è stata fatta una «legge-indulto».
È facile o difficile essere un parlamentare indipendente?
Ci sono due modi per rispondere alla sua domanda: la prima è dire che è più difficile perché devo analizzare praticamente da solo tutti i progetti di legge che devo votare. Non ho un partito che mi faciliti questo compito attraverso i suoi tecnici o i suoi «analisti». Dall’altro punto di vista, sono molto soddisfatto perché ho un’assoluta libertà di giudizio. Per esempio, non ho votato una legge che ritengo vergognosa come quella dell’«indulto» che ha lasciato liberi 15 mila detenuti, alcuni dei quali sono rientrati in carcere dopo aver compiuto nuovi delitti. Ho votato leggi presentate dal centro-destra e dal centro-sinistra perché le ho ritenute valide. Questo atteggiamento mi dà la libertà e anche l’opportunità di concentrarmi sulle questioni che riguardano gli italiani che vivono all’estero.
Quali sono i progetti di legge a cui sta lavorando?
Sono contento che sia stato accolto dal rappresentante del governo italiano e dal relatore per la Commissione Affari Costituzionali del Parlamento italiano l’emendamento presentato anche da me, in Commissione, che fa cessare una grave discriminazione. Riguarda gli italiani all’estero, figli di padre o madre italiani, e nati antecedentemente al 1° gennaio 1948, e che per un’interpretazione limitata della legge, venivano privati di un loro diritto. Non era possibile che le donne non potessero trasmettere la cittadinanza come avviene per i maschi. Sto anche lavorando a un progetto che riguarda l’assegno sociale a favore degli anziani indigenti. Ho approfondito questo argomento che può trovare una soluzione se si riuscirà a reperire i fondi senza aumentare le tasse, e se si limiterà alla fascia di italiani ultrasessantacinquenni residenti all’estero, nati in Italia e in stato di necessità. È, infatti, improponibile – ed economicamente impossibile – che sia esteso a tutti gli anziani italiani all’estero. Tale proposta, se riguarda solo gli anziani residenti nei Paesi del Sud-America, ha più probabilità di essere approvata.
Ha un sogno per sé e per gli italiani all’estero?
Il mio sogno e che venga approvata la proposta di legge appena esposta. Io penso ai più deboli, ai più anziani. Penso a mio nonno, ai tanti anziani che in Sud-America non riescono ad acquistare le medicine o a pagarsi il ricovero ospedaliero; ai tanti anziani che hanno fatto una vita di duro lavoro promuovendo il made in Italy, mandando rimesse in Italia e quindi aiutando il nostro Paese. Noi dobbiamo aiutare queste persone che sono i nostri anziani più deboli, i più indigenti. Quando ritorno in Argentina, io ricevo gli anziani che vogliono parlare con me. Così posso conoscere esattamente la loro situazione, e pensare a come realizzare il mio sogno.
Segafreddo. Di recente lei ha tenuto una conferenza all’Università Nacional di Mendoza sui rapporti tra Mercosur e Unione Europea. Quali sono le sfide e le prospettive di questo rapporto?
Merlo. La sfida è soprattutto per il Mercosur perché è come un bambino che ha appena iniziato a camminare, e con difficoltà. In questo momento gli accordi che si possono fare tra Mercosur e Unione Europea sono minimi perché il Mercosur non è ancora un mercato comune e non ha sviluppato le istituzioni come l’Unione Europea. Oggi, in Sudamerica, non abbiamo ancora le quattro libertà fondamentali: la circolazione delle persone, delle merci, dei capitali e dei servizi. Il rapporto è quindi più diplomatico che economico. Speriamo che il Mercosur riesca a fare qualcosa di simile a quello che ha fatto l’Unione Europea, e così avremo tante opportunità sia dal punto di vista sociale, culturale che, soprattutto, da quello economico-commerciale.
L’economia argentina, dopo un periodo di forte crisi, sta risalendo la china. Esistono dei problemi rispetto ai quali lei stesso si trova impegnato? Gli italiani occupano ruoli e spazi in questo processo?
Il Paese è in crescita e, quanto a percentuali, si sta sviluppando come la Cina. Il mondo sta richiedendo sempre di più materie prime, e l’economia dell’Argentina è basata sul settore agro-industriale: ha quindi una grande opportunità che spero venga colta. I problemi fondamentali sui quali sono impegnato riguardano la situazione sociale, la povertà strutturale dell’Argentina e degli altri Paesi dell’America Latina. Problemi che questa crescita economica non risolve, e che spingono a un particolare impegno quanti rappresentano nel Parlamento italiano le comunità di questi Paesi.
Il 40% degli argentini è di origine italiana. Come si riesce a tenere vive e a tramandare alle nuove generazioni, cultura e tradizioni del Paese d’origine?
Questo è un compito che bisogna seguire quotidianamente. È come quando, nel gioco del calcio, si dice «la maglia bisogna sudarsela». Si devono percorrere tutte le strade, coinvolgendo istituzioni governative e private, per ottenere dei risultati. Per esempio, la Cassamarca di Treviso, lo scorso anno, ha finanziato in Argentina mille borse di studio per la diffusione della lingua italiana, e quest’anno sostiene economicamente un altro programma che comprende una ventina di corsi di formazione per dirigenti di associazioni italiane nei Paesi del Sud America. Nelle circoscrizioni consolari di Lomas de Zamora e di Necochea (Mar del Plata) il programma è iniziato lo scorso 14 aprile. Non dobbiamo aspettarci tutto dallo Stato, ma cercare risorse presso Fondazioni e persone sensibili come l’onorevole Dino De Poli, per mantenere vive le radici, la nostra cultura, e soprattutto per mobilitare i giovani e farli avvicinare al mondo dell’associazionismo italiano.
La realtà associazionistica italiana, che in Argentina continua ad essere vivace, può essere di stimolo per le comunità italiane di altri Paesi?
La nostra esperienza può essere d’aiuto. Se noi, in Argentina, e in generale in America Latina, parliamo di partiti, le persone scappano perché dentro le associazioni ci sono persone che pensano in maniera diversa, e noi non vogliamo dividere le associazioni su questioni ideologiche. Abbiamo invece creato un movimento che coordina tutte le associazioni e può concentrare tutte le energie per risolvere problemi reali che riguardano gli italiani che vivono all’estero, come la promozione della cultura e della lingua italiana, la soluzione di situazioni sociali che riguardano soprattutto gli anziani e i disagiati; i problemi della cittadinanza e della rete consolare. Io credo che l’associazionismo continui ad essere uno strumento molto importante in America Latina per portare avanti un progetto politico istituzionale che dia risposte concrete agli italiani residenti.
Desaparecidos, una tragedia mai finita. La giustizia italiana non è rimasta a guardare. Nei giorni scorsi la Corte d’Assise di Roma ha condannato quelli che sono stati ritenuti gli autori della scomparsa e dell’assassinio di tre italo-argentini. Che giudizio dà di questo pronunciamento della giustizia italiana?
Io sono soddisfatto, anche come ex presidente del Comitato delle associazioni venete argentine, il Cava, della decisione della giustizia italiana riguardo ai tre cittadini italiani scomparsi: Giovanni e Susanna Pegoraro e la loro figlia, provenienti dal Veneto. La giustizia deve seguire la sua strada, ma non come in Argentina dove per questi casi è stata fatta una «legge-indulto».
È facile o difficile essere un parlamentare indipendente?
Ci sono due modi per rispondere alla sua domanda: la prima è dire che è più difficile perché devo analizzare praticamente da solo tutti i progetti di legge che devo votare. Non ho un partito che mi faciliti questo compito attraverso i suoi tecnici o i suoi «analisti». Dall’altro punto di vista, sono molto soddisfatto perché ho un’assoluta libertà di giudizio. Per esempio, non ho votato una legge che ritengo vergognosa come quella dell’«indulto» che ha lasciato liberi 15 mila detenuti, alcuni dei quali sono rientrati in carcere dopo aver compiuto nuovi delitti. Ho votato leggi presentate dal centro-destra e dal centro-sinistra perché le ho ritenute valide. Questo atteggiamento mi dà la libertà e anche l’opportunità di concentrarmi sulle questioni che riguardano gli italiani che vivono all’estero.
Quali sono i progetti di legge a cui sta lavorando?
Sono contento che sia stato accolto dal rappresentante del governo italiano e dal relatore per la Commissione Affari Costituzionali del Parlamento italiano l’emendamento presentato anche da me, in Commissione, che fa cessare una grave discriminazione. Riguarda gli italiani all’estero, figli di padre o madre italiani, e nati antecedentemente al 1° gennaio 1948, e che per un’interpretazione limitata della legge, venivano privati di un loro diritto. Non era possibile che le donne non potessero trasmettere la cittadinanza come avviene per i maschi. Sto anche lavorando a un progetto che riguarda l’assegno sociale a favore degli anziani indigenti. Ho approfondito questo argomento che può trovare una soluzione se si riuscirà a reperire i fondi senza aumentare le tasse, e se si limiterà alla fascia di italiani ultrasessantacinquenni residenti all’estero, nati in Italia e in stato di necessità. È, infatti, improponibile – ed economicamente impossibile – che sia esteso a tutti gli anziani italiani all’estero. Tale proposta, se riguarda solo gli anziani residenti nei Paesi del Sud-America, ha più probabilità di essere approvata.
Ha un sogno per sé e per gli italiani all’estero?
Il mio sogno e che venga approvata la proposta di legge appena esposta. Io penso ai più deboli, ai più anziani. Penso a mio nonno, ai tanti anziani che in Sud-America non riescono ad acquistare le medicine o a pagarsi il ricovero ospedaliero; ai tanti anziani che hanno fatto una vita di duro lavoro promuovendo il made in Italy, mandando rimesse in Italia e quindi aiutando il nostro Paese. Noi dobbiamo aiutare queste persone che sono i nostri anziani più deboli, i più indigenti. Quando ritorno in Argentina, io ricevo gli anziani che vogliono parlare con me. Così posso conoscere esattamente la loro situazione, e pensare a come realizzare il mio sogno.
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017