Il diritto alla propria fede
È da qualche tempo che alcuni eventi negativi stanno coinvolgendo i cristiani residenti in Medio Oriente e in altri Paesi musulmani dove la libertà di credo non è riconosciuta, con minacce e gravi violazioni dei diritti universali che costringono singoli e gruppi di famiglie a lasciare la propria terra per fuggire altrove. Basta leggere i dati del rapporto sulle libertà religiose nel mondo, e i monitoraggi dei diritti umani per convincersi della gravità del fenomeno. Non è riconosciuto il diritto di esistere con la propria fede.
L'arcivescovo argentino, monsignor Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, martedì 3 luglio nell'accendere una "lampada della pace" nella sede della Congregazione, in via della Conciliazione, ha rivolto un pensiero particolare alla grave situazione dei cristiani in Medio Oriente: "La mia intenzione, accendendo la fiamma di questa fiaccola, è di tenere sveglia la nostra coscienza e la nostra attenzione: non possiamo abbandonarli, ma dobbiamo fare qualcosa di concreto". Benedetto XVI ha invocato più volte la pace per la Terra Santa, l'Iraq, il Libano e per l'intero Medio Oriente auspicando che le Chiese e i cristiani "possano rimanere là dove li ha posti per nascita la Divina Provvidenza; là dove meritano di rimanere per una presenza che risale agli inizi del Cristianesimo".
Gli esodi e le fughe dei cristiani dalle loro terre d'origine costituiscono un impoverimento di civiltà e di culture. In Libano, la mancanza di sicurezza e di garanzie di pace ha fatto scendere la percentuale della popolazione cristiana dal 51% al 38%. In Iraq, dove dieci anni fa i cristiani erano un milione, oggi sono appena 20 mila, e AsiaNews e l'agenzia svedese Stella orientale rendono noto che molte famiglie cristiane, di fronte all'imposizione di convertirsi all'islam, con minacce anche di morte da parte dei gruppi al-Qaeda, scelgono di fuggire all'estero, lasciando i loro beni. In Palestina dove all'inizio del Novecento i cristiani erano il 25% della popolazione, dopo gli accordi di Oslo è iniziata la fuga verso l'estero. Ne è segno emblematico Betlemme, in cui i cristiani erano l'80% della popolazione ma oggi sono ridotti al 10%. Anche in Turchia il fondamentalismo islamico ha già creato delle vittime e dei martiri della fede cristiana, e da parte delle istituzioni statali non è stato ancora sciolto il problema del titolo di proprietà degli edifici di culto dei cristiani. Non possiamo, infine, dimenticare le persecuzioni e la violazione della libertà religiosa in Pakistan, nel sud del Sudan dove, in questi ultimi vent'anni, sono morti un milione di cristiani, e negli altri Paesi dell'Asia e dell'Africa dove si va diffondendo il fondamentalismo islamico, dove si stanno producendo, tra le popolazioni cristiane, conflitti di civiltà e minacce alla loro libertà religiosa.
Abbiamo rivolto l'attenzione ad un fenomeno che deve coinvolgere responsabilmente il mondo politico. La recrudescenza delle fughe dalla propria patria per ragioni non solo legate alla povertà e al mancato sviluppo sociale, ma alla negazione della Carta dei diritti dell'uomo, richiede interventi responsabili, lontani da ogni integralismo, da parte delle istituzioni internazionali e dei governi che hanno potere oggi nel mondo economico e politico. Solo essi possono concretamente esigere garanzie circa il rispetto dei diritti alla libertà religiosa e gli altri diritti universali, valorizzando lo strumento delle relazioni tra Stati e degli accordi commerciali sempre più richiesti e necessari vivendo nel contesto di un mondo globalizzato.