Due patrie, lo stesso cuore
Italia e Uruguay condividono radici culturali ed etnografiche profonde. Un legame che favorisce anche i rapporti tra Unione Europea e Mercosur.
10 Marzo 2008
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Segafreddo. Come si pone l’Uruguay nel contesto globale della crisi che sta interessando i Paesi occidentali?
Abin. C’è più di una crisi. C’è una crisi economica che sta cominciando a colpire gli Stati Uniti e poi il resto del mondo, la crisi finanziaria e delle Borse. Questa crisi in Uruguay non è ancora arrivata anche perché l’Uruguay ha adottato le misure per scongiurarne gli effetti. Le altre crisi nel mondo sono le guerre, la mancanza di pace, la mancanza di dialogo tra le culture, la crisi tra le diverse religioni. Questa situazione in Uruguay viene fronteggiata con il dialogo, e pur essendo un Paese piccolo, noi storicamente abbiamo sempre avuto questo atteggiamento.
Qual è il Paese di riferimento dell’Uruguay: il Brasile di Lula, il Venezuela di Chavez, l’Argentina della Kirchner o il Cile della Bachelet?
Il Paese di riferimento per noi è il nostro Paese. Quelli che lei ha citato sono tutti Paesi vicini e fratelli. Ma noi siamo per l’unificazione latinoamericana con il Mercosur: Brasile, Argentina e Paraguay; non abbiamo un riferimento esterno. Siamo in grado di avere un nostro modello, con i problemi, i valori e i criteri nostri, uruguayani.
Come si sta muovendo il Mercosur tra i colossi della politica mondiale: Usa-Canada-Messico da una parte, Oriente con Cina e India da un’altra, e l’Europa?
Il Mercosur ha già avviato un lungo dialogo con l’Unione Europea con l’obiettivo di trovare un accordo commerciale. Questo, però, trova ancora la resistenza di alcuni Paesi europei quanto all’eliminazione dei sussidi e all’apertura dei loro mercati, soprattutto agricoli verso il nostro Stato. Io penso che Paesi come l’Italia, la Spagna e il Portogallo, che sono i veri ponti tra l’Uruguay e l’Europa, anche per ragioni storiche legate all’emigrazione – visto che la nostra società è composta da molti discendenti di questi Paesi –, possano fungere da nostri avvocati nell’Unione Europea. Per quanto riguarda l’area Nafta (Stati Uniti, Canada, Messico), oggi gli Stati Uniti sono un socio commerciale dell’Uruguay perché acquistano soprattutto la carne di cui noi siamo i maggiori produttori. India e Cina sono potenze emergenti che hanno un grandissimo bisogno di prodotti alimentari, carne, ecc. Come Mercosur siamo disponibilissimi a fornire questi prodotti su basi di regole commerciali, e non su imposizioni che non rispettino le regole tra stati.
Come si apre L’Uruguay all’Europa nel campo degli investimenti, dei rapporti culturali, ecc.?
Questa è una parte importante del nostro lavoro. L’Uruguay, attraverso il suo ministero degli Affari esteri, si sta muovendo con l’Europa per proporre le moltissime possibilità d’investimento nel nostro Paese. Da noi ci sono regole chiare, e c’è una politica che incoraggia gli investimenti. Gli imprenditori sono persone corrette che rispettano i contratti e sono affidabili: un Paese dove nell’area del turismo, dell’agro-alimentare e nell’industria ci sono tantissime opportunità, e con il vantaggio che tutti gli investitori stranieri stanno su un piano paritario con gli investitori uruguayani. Il nostro Paese è piccolo ma sul piano culturale è molto organizzato. Amiamo molto la cultura italiana e quella spagnola, ma abbiamo un modo nostro di fare cultura. Possiamo dire che la nostra cultura si basa su quella europea ma con una rielaborazione tutta nostra. Questo avviene nel cinema, nella letteratura, nella pittura, nella scultura, e siamo molto orgogliosi di far vedere agli europei questa nostra rielaborazione perché attraverso la cultura i legami si fanno ancora più stretti.
Italia e Uruguay sono due Paesi legati a comuni radici culturali, storiche ed etnologiche. Oggi come vengono vissuti e valorizzati questi rapporti?
Quando sono stato scelto dal mio presidente come ambasciatore dell’Uruguay in Italia, mi è stato dato un suggerimento basilare: approfondire i rapporti con l’Italia creando un vincolo privilegiato. Il 40% della popolazione dell’Uruguay è composto di discendenti di italiani. Abbiamo quattro ministri dello Stato con la doppia cittadinanza. La presenza italiana in Uruguay è stata importantissima, e quindi i legami tra Italia e Uruguay sono prima di tutto legami familiari; dopo vengono i legami politici, economici, culturali, ecc. Questo è molto importante perché gli italiani che sono venuti in Uruguay, soprattutto dopo la Seconda Guerra mondiale, hanno creato il loro futuro, hanno formato la loro famiglia, figli, nipoti e per loro l’Uruguay è una seconda patria, perché la patria è dove uno ha i propri affetti, il lavoro. Pur essendo nati in Uruguay, la seconda patria resta l’Italia perché lì ci sono i parenti e tutti i ricordi del passato. Quando veniamo in Italia, siamo sempre accolti in modo incredibile: è come sentirsi a casa. Penso che agli italiani che vanno in Uruguay succeda lo stesso.
Per quanto riguarda la comunità italiana residente in Uruguay, quali sono le iniziative in corso, e quali sono quelle programmate soprattutto a favore delle nuove generazioni d’origine italiana?
Ci sono iniziative che prevedono la venuta in Italia di nostri studenti grazie a borse di studio, interscambi culturali, corsi universitari. Ci sono anche altre esperienze: presso l’Opera Immacolata Concezione, a Padova, di cui è presidente il nostro amico e console onorario, il professor Angelo Ferro, lavorano infermieri uruguayani. Mi è stato detto che le nostre infermiere sono le migliori al mondo perché hanno una grande professionalità, una grande cultura, una spiccata attitudine nell’apprendere le nuove tecnologie, ma anche una grande capacità di relazione con il paziente, un approccio molto caldo e umano che per un ammalato è un aspetto importantissimo. Abbiamo scoperto che due nostre infermiere si sono sposate con due italiani, e questo ci fa capire come l’interscambio possa sfociare anche in legami ancora più profondi. L’interscambio non porta solo manodopera e scambio di beni ma anche valori. Questo esempio ne è la testimonianza.
Abin. C’è più di una crisi. C’è una crisi economica che sta cominciando a colpire gli Stati Uniti e poi il resto del mondo, la crisi finanziaria e delle Borse. Questa crisi in Uruguay non è ancora arrivata anche perché l’Uruguay ha adottato le misure per scongiurarne gli effetti. Le altre crisi nel mondo sono le guerre, la mancanza di pace, la mancanza di dialogo tra le culture, la crisi tra le diverse religioni. Questa situazione in Uruguay viene fronteggiata con il dialogo, e pur essendo un Paese piccolo, noi storicamente abbiamo sempre avuto questo atteggiamento.
Qual è il Paese di riferimento dell’Uruguay: il Brasile di Lula, il Venezuela di Chavez, l’Argentina della Kirchner o il Cile della Bachelet?
Il Paese di riferimento per noi è il nostro Paese. Quelli che lei ha citato sono tutti Paesi vicini e fratelli. Ma noi siamo per l’unificazione latinoamericana con il Mercosur: Brasile, Argentina e Paraguay; non abbiamo un riferimento esterno. Siamo in grado di avere un nostro modello, con i problemi, i valori e i criteri nostri, uruguayani.
Come si sta muovendo il Mercosur tra i colossi della politica mondiale: Usa-Canada-Messico da una parte, Oriente con Cina e India da un’altra, e l’Europa?
Il Mercosur ha già avviato un lungo dialogo con l’Unione Europea con l’obiettivo di trovare un accordo commerciale. Questo, però, trova ancora la resistenza di alcuni Paesi europei quanto all’eliminazione dei sussidi e all’apertura dei loro mercati, soprattutto agricoli verso il nostro Stato. Io penso che Paesi come l’Italia, la Spagna e il Portogallo, che sono i veri ponti tra l’Uruguay e l’Europa, anche per ragioni storiche legate all’emigrazione – visto che la nostra società è composta da molti discendenti di questi Paesi –, possano fungere da nostri avvocati nell’Unione Europea. Per quanto riguarda l’area Nafta (Stati Uniti, Canada, Messico), oggi gli Stati Uniti sono un socio commerciale dell’Uruguay perché acquistano soprattutto la carne di cui noi siamo i maggiori produttori. India e Cina sono potenze emergenti che hanno un grandissimo bisogno di prodotti alimentari, carne, ecc. Come Mercosur siamo disponibilissimi a fornire questi prodotti su basi di regole commerciali, e non su imposizioni che non rispettino le regole tra stati.
Come si apre L’Uruguay all’Europa nel campo degli investimenti, dei rapporti culturali, ecc.?
Questa è una parte importante del nostro lavoro. L’Uruguay, attraverso il suo ministero degli Affari esteri, si sta muovendo con l’Europa per proporre le moltissime possibilità d’investimento nel nostro Paese. Da noi ci sono regole chiare, e c’è una politica che incoraggia gli investimenti. Gli imprenditori sono persone corrette che rispettano i contratti e sono affidabili: un Paese dove nell’area del turismo, dell’agro-alimentare e nell’industria ci sono tantissime opportunità, e con il vantaggio che tutti gli investitori stranieri stanno su un piano paritario con gli investitori uruguayani. Il nostro Paese è piccolo ma sul piano culturale è molto organizzato. Amiamo molto la cultura italiana e quella spagnola, ma abbiamo un modo nostro di fare cultura. Possiamo dire che la nostra cultura si basa su quella europea ma con una rielaborazione tutta nostra. Questo avviene nel cinema, nella letteratura, nella pittura, nella scultura, e siamo molto orgogliosi di far vedere agli europei questa nostra rielaborazione perché attraverso la cultura i legami si fanno ancora più stretti.
Italia e Uruguay sono due Paesi legati a comuni radici culturali, storiche ed etnologiche. Oggi come vengono vissuti e valorizzati questi rapporti?
Quando sono stato scelto dal mio presidente come ambasciatore dell’Uruguay in Italia, mi è stato dato un suggerimento basilare: approfondire i rapporti con l’Italia creando un vincolo privilegiato. Il 40% della popolazione dell’Uruguay è composto di discendenti di italiani. Abbiamo quattro ministri dello Stato con la doppia cittadinanza. La presenza italiana in Uruguay è stata importantissima, e quindi i legami tra Italia e Uruguay sono prima di tutto legami familiari; dopo vengono i legami politici, economici, culturali, ecc. Questo è molto importante perché gli italiani che sono venuti in Uruguay, soprattutto dopo la Seconda Guerra mondiale, hanno creato il loro futuro, hanno formato la loro famiglia, figli, nipoti e per loro l’Uruguay è una seconda patria, perché la patria è dove uno ha i propri affetti, il lavoro. Pur essendo nati in Uruguay, la seconda patria resta l’Italia perché lì ci sono i parenti e tutti i ricordi del passato. Quando veniamo in Italia, siamo sempre accolti in modo incredibile: è come sentirsi a casa. Penso che agli italiani che vanno in Uruguay succeda lo stesso.
Per quanto riguarda la comunità italiana residente in Uruguay, quali sono le iniziative in corso, e quali sono quelle programmate soprattutto a favore delle nuove generazioni d’origine italiana?
Ci sono iniziative che prevedono la venuta in Italia di nostri studenti grazie a borse di studio, interscambi culturali, corsi universitari. Ci sono anche altre esperienze: presso l’Opera Immacolata Concezione, a Padova, di cui è presidente il nostro amico e console onorario, il professor Angelo Ferro, lavorano infermieri uruguayani. Mi è stato detto che le nostre infermiere sono le migliori al mondo perché hanno una grande professionalità, una grande cultura, una spiccata attitudine nell’apprendere le nuove tecnologie, ma anche una grande capacità di relazione con il paziente, un approccio molto caldo e umano che per un ammalato è un aspetto importantissimo. Abbiamo scoperto che due nostre infermiere si sono sposate con due italiani, e questo ci fa capire come l’interscambio possa sfociare anche in legami ancora più profondi. L’interscambio non porta solo manodopera e scambio di beni ma anche valori. Questo esempio ne è la testimonianza.
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017