Al bivio tra identità e mobilità
Nella recente Conferenza internazionale sull’emigrazione, svoltasi a Cagliari, ho avuto l’opportunità di seguire i lavori della sessione tematica: «Giovani e nuova emigrazione». I molti interventi, coordinati dalla professoressa Maria Luisa Gentileschi dell’Università di Cagliari e dal dottor Giuseppe Puggioni, hanno messo in luce la mobilità che coinvolge una parte rilevante dei giovani sardi residenti nell’isola e degli oriundi nati all’estero che, per completare i loro curricula e dottorati di ricerca, per usufruire delle offerte dei programmi Erasmus o per cercare un lavoro sono oggi la più chiara testimonianza di un fenomeno che coinvolge il mondo giovanile. Le università e le realtà imprenditoriali e commerciali dei Paesi europei sono le mete più ambite. Basti pensare che solo la Gran Bretagna attira il 40% dei giovani provenienti dalla Sardegna o residenti negli altri continenti.
La Regione autonoma della Sardegna con i programmi «Master and Back» permette ai giovani corregionali di svolgere corsi di alta formazione e stage presso le più note università europee o del mondo con la prospettive che, con il loro ritorno, possano inserirsi nelle imprese, nei centri universitari di ricerca o nelle istituzioni pubbliche. È una delle iniziative che, nel vasto campo delle opportunità offerte dal fenomeno della globalizzazione, la Regione offre alle nuove generazioni sarde.
Come si può stimolare nell’animo di questi giovani la durata del loro legame con la terra d’origine? Com’è possibile mantenere vivo il senso d’appartenenza alla loro identità e l’opportunità del loro ritorno in Sardegna, con la garanzia della valorizzazione dell’acquisita professionalità? Come promuovere la loro aggregazione ai circoli sardi operanti in ogni Paese del mondo?
Sono interrogativi che sono stati motivo di diversi interventi dei giovani sardi residenti all’estero o nelle varie regioni italiane, raccolti poi in un documento che diverrà materia d’approfondimento e di programmazione per l’assessore Romina Congera e per gli esperti del suo assessorato, organizzatori della Conferenza. Il mantenimento dell’identità sarda è risultato l’istanza prioritaria, unita al potenziamento dell’insegnamento e della diffusione del patrimonio della cultura italiana e sarda anche attraverso testi e sussidi multimediali, con un’apertura alla collaborazione con associazioni e istituzioni locali che operano per gli italiani all’estero o per gli stessi scopi.
Dai giovani sardi che hanno lasciato l’isola per motivi di studio e di crescita professionale, è stata presentata la proposta di una «moderna piattaforma informativa» – come l’ha definita la coordinatrice Maria Luisa Gentileschi – allo scopo di offrire alle imprese e alle istituzioni i nominativi dei giovani con la loro formazione e le loro esperienze acquisite all’estero, agevolando così l’incontro della domanda e dell’offerta di lavoro nell’Isola. Unita a questa prospettiva, e allargata ad altre opportunità, è stato suggerito alla Regione di realizzare quanto prima l’annunciato sito RAS Migranti, dove nello «spazio giovani» si può rispondere in tempo reale a ogni richiesta informativa. Un’ulteriore proposta riguarda l’Osservatorio per lo studio della mobilità che, oltre alla cooptazione dei circoli, potrà approfondire i percorsi migratori, evidenziare le loro necessità, fornendo elementi per aggiornare le proposte operative.
Di grande interesse è stato il dibattito sulla situazione odierna dei circoli sardi nel mondo. Pur confermando il loro ruolo, alcuni giovani sardi residenti all’estero hanno manifestato la necessità del loro rinnovamento nelle modalità di gestione. Pur non rinunciando ai valori della loro identità italiana e sarda, alcuni rifiutano di aggregarsi ai circoli per il timore di chiudersi in un ghetto, preferendo entrare nelle realtà locali. Di parere contrario è, invece, Giorgio Catolfi, residente oggi a Barcellona, che nel suo intervento ha messo in evidenza le prospettive di intercultura che sta constatando nella sua esperienza di ricerca e di lavoro in Spagna, in una regione come la Catalogna, ma con il valore aggiunto della sua partecipazione attiva a uno dei più dinamici circoli sardi all’estero. Interessante, per contenuti umani e per le sue scelte di vita, l’esperienza di Sandra Murru, di cui riporto un passo significativo: «Durante l’adolescenza, consapevole che non sarei più ritornata, avevo interrotto i legami con la Sardegna, dato che non era facile tenere unite due culture diverse. Ma verso i 18 anni, ho capito che mi mancava qualcosa, e ho riallacciato i rapporti con l’Isola. E sempre nell’ottica di comprendere le mie origini, ho scelto di studiare una disciplina con l’obiettivo di accedere a una dimensione politica e sociale, con lo scopo di capire il funzionamento del fenomeno dell’immigrazione in generale, ma comunque indirizzando la mia ricerca all’emigrazione italiana. Mi sono infatti laureata con la tesi dal titolo: La prima generazione dell’emigrazione italiana: situazione nella provincia di Hainaut.
Domenico Usai, un giovane laureato nato in Belgio da padre originario di Lodè, in provincia di Nuoro, e da una madre siciliana, ha riportato l’attenzione dei partecipanti al ruolo attuale dei Circoli. Usai è tesoriere della Federazione dei Circoli in Belgio, e dalla sua esperienza ha ribadito come sia ormai inevitabile il cambiamento della conduzione e delle modalità di partecipazione. «Purtroppo oggi i giovani disertano i luoghi associativi – ha affermato Usai – e una della cause di questo assenteismo risiede nel fatto che queste forme aggregative non rispecchiano più la realtà dei giovani». E facendosi interprete anche della collega Sara Murru, ha aggiunto che la sua non è una critica né una denigrazione del lavoro svolto dai circoli ma solo una constatazione del divario che esiste tra le generazioni. I giovani oriundi, almeno quelli che risiedono in Belgio, non si riconoscono più come «emigrati» ma cercano di integrarsi nel tessuto sociale locale. Dall’analisi dei residenti di tanti italiani in una città cosmopolita ed europea come Bruxelles, Domenico ha concluso: «Oggi si parla del cittadino belga d’origine italiana e del cittadino italiano del Belgio».
Un altro tema che ha animato il dibattito, riguardava la responsabilità della Regione, delle sue istituzioni e dei circoli sul mantenimento del «senso d’appartenenza» da parte dei giovani sardi residenti all’estero: «un senso d’appartenenza che può essere vissuto in forme contrastanti, appunto perché coinvolti dal fenomeno della mobilità», ha detto Silvia Aru che da tre mesi si trova a Vancouver per un master. «Mancano però agevolazioni e qualche volta tornando in Sardegna troviamo dei muri d’indifferenza, come fossimo degli estranei», ha denunciato Matteo Floris, membro del circolo di Biella, appassionatamente attaccato alla cultura e alla storia delle sue origini. «Dovremo tutti avere la possibilità di poter scoprire la Sardegna a costi bassi tramite scambi culturali, ecc.», ha aggiunto.
Altri interventi hanno suggerito che nella necessaria modifica dell’attuale legge regionale sull’emigrazione siano proposti dei concreti progetti di promozione culturale con l’assegnazione di contributi a iniziative di sostegno dell’identità dei giovani, come i corsi di formazione; per facilitare gli stage in università italiane o estere, aiutando i giovani sardi all’estero «a costruire il ritorno alla loro terra d’origine». Tutto ciò richiede un ampliamento dei collegamenti on-line tra i circoli, ha testimoniato Giancarlo Palermo, membro del circolo di Bologna, «stimolando così la creatività e trasmissione delle iniziative dei circoli tramite i canali informatici. Sono occasioni di contatto e di interscambio che per i giovani sardi, residenti in Italia o nel mondo, diventano degli “spazi aperti” per un’informazione circolare che aiuta a crescere, conoscerci e a renderci membri di una società multiculturale».