Rita Blasioli Costa: spazio ai giovani
San Paolo
Segafreddo. Dopo il recente congresso nazionale delle Acli brasiliane e l'ampliamento del servizio delle sedi operative, quali sono gli obiettivi del Patronato in un Paese ancora caratterizzato da crisi e tensioni nel mondo del lavoro, ma anche da forti attese e speranze.
Blasioli Costa. Il nostro Congresso nazionale alla presenza del presidente delle Acli italiane, Andrea Olivero, è stato realizzato nell'ottobre scorso quando è stato eletto come nuovo presidente delle Acli di San Paolo, il senatore Edoardo Pollastri. Il 5 marzo scorso abbiamo commemorato i 25 anni di presenza del patronato Acli in Brasile, con la partecipazione del nostro presidente Nazionale Michele Rizzi, il vice-presidente delegato Fabrizio Benvignati; il direttore generale del patronato, Damiano Bettoni; il direttore del Servizio estero, Francesco Martinelli, e colleghi provenienti da Argentina, Cile e Uruguay.
I nostri principali obiettivi sono quelli di ampliare la nostra attività - tradizionalmente mirata ai soli cittadini italiani all'estero - anche ai cittadini italo-brasiliani, come del resto facciamo già da diversi anni, soprattutto per quanto riguarda le pratiche di ricostituzione della doppia cittadinanza italiana, ma non solo. Partendo dai nostri valori di cattolici cristiani, cerchiamo sempre di aiutare coloro che ne hanno bisogno, soprattutto nella conquista dei propri diritti. Naturalmente c'è ancora molto da fare in un Paese come questo dove spesso, nel mondo del lavoro, la precarietà è la regola e non l'eccezione.
Può illustrare, con alcuni dati, l'impegno delle Acli per lo sviluppo delle sue relazioni con le comunità italiane e con le singole persone residenti nel vasto territorio brasiliano?
La nostra attività, come patronato, si concentra in Brasile, in modo particolare nello Stato di San Paolo, che è la Regione che presenta il maggior numero di italiani e di oriundi residenti. Il numero totale si aggira sui 13 milioni. Abbiamo 3 sedi riconosciute nelle città di San Paolo, Campinas e Santos, e circa 14 recapiti. Presso i nostri uffici continuiamo ad assistere innanzitutto i nostri italiani pensionati, nelle pratiche di previdenza sociale italiana e brasiliana, nelle richieste di assistenza sociale, per le dichiarazioni dei redditi, le successioni, e, soprattutto, coloro che aspirano alla doppia cittadinanza italiana. Questi ultimi sono molto più numerosi, anche perché il fenomeno dell'emigrazione in Brasile si è praticamente concluso negli anni Sessanta. Nel 2008 abbiamo compilato circa 9 mila pratiche cosiddette «non a paniere», ossia non finanziabili, ma pur sempre un servizio a favore della nostra collettività.
Le Acli, sorte per tutelare i lavoratori cristiani, in che modo possono essere, in Brasile, un punto di riferimento per aggregare associazioni e singoli cittadini?
Le Acli brasiliane, fin dal primo momento della propria presenza in questo Paese, hanno sempre mantenuto forti legami con la Chiesa locale, così come con le Associazioni italiane presenti sul territorio, interessandosi soprattutto alle politiche specifiche per gli italiani all'estero, ma non solo. Infatti abbiamo anche progetti di cooperazione, in Brasile, per il recupero di bambini abbandonati e giovani emarginati, precisamente nelle città di Xapurì, Recife e Salvador.
E' ancora forte l'attesa della riapertura definitiva dei termini per il riconoscimento della cittadinanza italiana jure sanguinis, e per l'abolizione della norma che non riconosce la cittadinanza italiana ai figli di madre italiana nati prima del 1948?
In Brasile le richieste di ricostituzione della doppia cittadinanza stanno diventando una questione quasi impossibile da amministrare. Se si pensa che al solo Consolato di San Paolo sono circa 400 mila le persone iscritte nella lista d'attesa, ci si rende perfettamente conto come sia difficile dare una risposta in tempi ragionevoli. Il Consolato di San Paolo, in questi ultimi mesi, sta inviando nuove lettere di convocazione, e noi patronati stiamo facendo di tutto affinché le pratiche che saranno inviate, siano le più corrette possibili, al fine di snellire i procedimenti.
In questi giorni ho letto la notizia che è stata emessa una sentenza della Corte di Cassazione che ha concesso la cittadinanza italiana a una nipote di una cittadina italiana nata prima del 1948, così come già nella legislatura passata vi è stata una proposta di legge per concedere la cittadinanza italiana anche a nati prima del 1948. Sicuramente ci saranno altre migliaia di richieste che si sommeranno a quelle già esistenti. Personalmente ritengo che la normativa sul diritto alla cittadinanza italiana vada rivista, soprattutto per evitare che essere cittadini italiani significhi essere soltanto titolari di un passaporto. Cittadinanza, secondo me, implica dei diritti, ma anche una serie di responsabilità e di doveri; cittadinanza dovrebbe voler dire riscattare le proprie origini e la propria cultura d'appartenenza. Posso garantire come persona che lavora in quest'area da 22 anni, che molto spesso non è così, e questo mi dispiace. Un criterio-requisito potrebbe essere la conoscenza della lingua italiana, anche perché considero che un cittadino può definirsi tale solo quando ha almeno la capacità di leggere e comprendere la Costituzione del proprio Paese.
Perché in Brasile l'associazionismo italiano non è riuscito ad avere una «rappresentatività» che lo renda forza socio-politica com'è avvenuto, per esempio, nell'associazionismo italoamericano?
L'associazionismo italiano in Brasile - fortissimo soprattutto prima della Seconda Guerra mondiale, attraverso le associazioni di «mutuo soccorso» - ha sofferto una certa «decadenza» quando queste furono proibite. Bisogna inoltre rilevare che la maggior parte degli italiani si sono perfettamente inseriti nel contesto socio-politico ed economico locale, facendo così venir meno la necessità di rimanere uniti in gruppi chiusi; al contrario, con la loro presenza, hanno spesso impresso «il modo di fare italiano» nelle associazioni locali a cui appartengono. Abbiamo, comunque molte associazioni in attività, la maggior parte regionali; e poi, soprattutto nelle città dell'interno dello Stato di San Paolo, associazioni italo-brasiliane. Esiste una partecipazione rilevante alle iniziative della collettività quando queste sono presentate come iniziative di gruppo: mi riferisco, in particolare, a quelle coordinate dal Comites di San Paolo. Un fatto da evidenziare è la partecipazione alle ultime elezioni politiche. Infatti nonostante il numero degli elettori in Brasile sia molto inferiore a quello argentino, siamo riusciti ad eleggere un nostro parlamentare l'onorevole Fabio Porta, così come nella legislatura passata avevamo eletto il senatore Pollastri.
C'è, a San Paolo, e in altre città brasiliane, un'attività culturale con una forte connotazione italiana?
La grande presenza italiana in Brasile - circa 25 milioni di oriundi in tutto il Paese - fa sì che anche nel campo culturale ci sia una forte connotazione italiana, che va dagli aspetti più popolari come feste tradizionali e folkloristiche (San Gennaro, San Vito, Festa della mamma, ecc.), a manifestazioni culturali più attuali. Si pensi solo alla Mostra del Cinema di Venezia, soprattutto coordinate dal locale Istituto Italiano di Cultura.
Da parte dei giovani oriundi italiani, c'è interesse e senso di partecipazione per l'«italianità»?
Io direi di sì, soprattutto negli ultimi anni. Noi, al Comites di San Paolo, abbiamo costituito, fin dall'inizio, una Commissione giovani che lavora molto bene ed è molto attiva. Abbiamo realizzato una pre-Conferenza in preparazione alla Conferenza dei Giovani italiani nel mondo, svoltasi lo scorso dicembre a Roma, che ha avuto un'ampia partecipazione. Ciò che è più gratificante è che i giovani delegati (40 per tutto il Brasile) continuino a svolgere attività e incontri con lo scopo di coinvolgere un numero sempre maggiore di giovani. Qui a San Paolo, c'è stato di recente un incontro post-Conferenza, organizzato dai ragazzi delegati, per riferire agli altri quanto discusso durante la Conferenza di Roma, e per progettare insieme le future attività. I giovani italo-brasiliani sono capaci e pronti ad affrontare grandi sfide. A noi spetta il compito di dare loro lo spazio che meritano.