Assisi, città della pace
Venticinque anni dopo lo storico incontro con i leader religiosi convocato ad Assisi da papa Giovanni Paolo II, il 27 ottobre 2011 papa Benedetto XVI sarà pellegrino nella città di san Francesco diventata «profezia di pace».
09 Settembre 2011
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Sono passati venticinque anni da quando il 27 ottobre 1986 Giovanni Paolo II, oggi beato, invitò 160 leader delle religioni mondiali a pregare per la pace. La scelta di Assisi per l’incontro era legata alla figura di san Francesco, conosciuto e accolto da ogni cultura e da ogni religione come testimone di pace, emblema di una spiritualità intesa come anelito dell’animo umano. «Quell’evento del 1986 – ha dichiarato il cardinale Roger Etchegaray, vero regista dell’iniziativa – «ha fatto fare alla Chiesa uno straordinario balzo in avanti verso le religioni non cristiane, che fino a quel momento ci sembravano vivere in un altro pianeta nonostante l’insegnamento di Paolo VI e del Concilio Vaticano II. L’incontro, se non addirittura lo scontro delle religioni, è senza dubbio una delle sfide più grandi della nostra epoca, ancora più grande di quella dell’ateismo».
Consapevole dello slancio profetico che un nuovo incontro potrà donare al mondo, Benedetto XVI ha riproposto l’iniziativa del beato Giovanni Paolo II, riconvocando nella città di Francesco i leader delle religioni del mondo per una giornata di riflessione, di preghiera e di digiuno. Lo «spirito di Assisi» intende così rilanciare al mondo, ancora sconvolto da situazioni di violenza e da emergenze di povertà, un messaggio di amore, in risposta a un’unanime attesa di testimoni di pace e di mediatori di riconciliazione. Lo aveva sottolineato papa Benedetto nell’incontro con i leader religiosi riuniti nel 2007 a Napoli dalla Comunità Sant’Egidio: «Nel rispetto delle differenze tra le varie religioni, tutti siamo chiamati a lavorare per la pace e a un impegno fattivo per promuovere la riconciliazione tra i popoli. È questo l’autentico “spirito di Assisi”, che si oppone a ogni forma di violenza e all’abuso della religione quale pretesto per la violenza. Di fronte a un mondo lacerato da conflitti, dove talora si giustifica la violenza in nome di Dio, è importante ribadire che mai le religioni possono diventare veicoli di odio; mai, invocando il nome di Dio, si può arrivare a giustificare il male e la violenza. Al contrario, le religioni possono e devono offrire preziose risorse per costruire un’umanità pacifica, parlando di pace al cuore dell’uomo». Un messaggio, questo, che Benedetto XVI riproporrà nel prossimo incontro del 27 ottobre, per prolungare lo «spirito di Assisi», nel suo ideale di pace che prima di tutto è pace interiore.
La parola «Pace», nella vastità del suo significato, non indica solo assenza di guerre e di conflitti. Pace significa anche ricostruzione del rapporto positivo che ognuno deve avere con il Creatore, oltre che con se stesso, con il prossimo e con il creato. È un dono che viene dall’alto e diviene stile operativo per quanti credono in Dio. Nel suo testamento san Francesco annunciava: «Il Signore mi rivelò che dicessimo questo saluto: “Il Signore ti dia pace”». Assisi continua a restare la città simbolo della pace e il messaggio che scaturirà dall’incontro del 27 ottobre sarà accolto in opposizione a ogni spirito di violenza, a ogni tentazione di trasformare la religione come pretesto per dividere gli uomini. San Francesco, a distanza di otto secoli, ha ancora molto da dire alla Chiesa e al nostro mondo; e quello «spirito» di intimo rapporto con Dio, con i fratelli e le creature, che ha caratterizzato Assisi, deve continuare a essere un forte monito all’umanità affinché siano salvaguardati i rapporti personali e comunitari con Dio e con i fratelli, i valori della preghiera, dell’ecumenismo, dell’incontro-colloquio tra popoli di diversa cultura e religione.
Consapevole dello slancio profetico che un nuovo incontro potrà donare al mondo, Benedetto XVI ha riproposto l’iniziativa del beato Giovanni Paolo II, riconvocando nella città di Francesco i leader delle religioni del mondo per una giornata di riflessione, di preghiera e di digiuno. Lo «spirito di Assisi» intende così rilanciare al mondo, ancora sconvolto da situazioni di violenza e da emergenze di povertà, un messaggio di amore, in risposta a un’unanime attesa di testimoni di pace e di mediatori di riconciliazione. Lo aveva sottolineato papa Benedetto nell’incontro con i leader religiosi riuniti nel 2007 a Napoli dalla Comunità Sant’Egidio: «Nel rispetto delle differenze tra le varie religioni, tutti siamo chiamati a lavorare per la pace e a un impegno fattivo per promuovere la riconciliazione tra i popoli. È questo l’autentico “spirito di Assisi”, che si oppone a ogni forma di violenza e all’abuso della religione quale pretesto per la violenza. Di fronte a un mondo lacerato da conflitti, dove talora si giustifica la violenza in nome di Dio, è importante ribadire che mai le religioni possono diventare veicoli di odio; mai, invocando il nome di Dio, si può arrivare a giustificare il male e la violenza. Al contrario, le religioni possono e devono offrire preziose risorse per costruire un’umanità pacifica, parlando di pace al cuore dell’uomo». Un messaggio, questo, che Benedetto XVI riproporrà nel prossimo incontro del 27 ottobre, per prolungare lo «spirito di Assisi», nel suo ideale di pace che prima di tutto è pace interiore.
La parola «Pace», nella vastità del suo significato, non indica solo assenza di guerre e di conflitti. Pace significa anche ricostruzione del rapporto positivo che ognuno deve avere con il Creatore, oltre che con se stesso, con il prossimo e con il creato. È un dono che viene dall’alto e diviene stile operativo per quanti credono in Dio. Nel suo testamento san Francesco annunciava: «Il Signore mi rivelò che dicessimo questo saluto: “Il Signore ti dia pace”». Assisi continua a restare la città simbolo della pace e il messaggio che scaturirà dall’incontro del 27 ottobre sarà accolto in opposizione a ogni spirito di violenza, a ogni tentazione di trasformare la religione come pretesto per dividere gli uomini. San Francesco, a distanza di otto secoli, ha ancora molto da dire alla Chiesa e al nostro mondo; e quello «spirito» di intimo rapporto con Dio, con i fratelli e le creature, che ha caratterizzato Assisi, deve continuare a essere un forte monito all’umanità affinché siano salvaguardati i rapporti personali e comunitari con Dio e con i fratelli, i valori della preghiera, dell’ecumenismo, dell’incontro-colloquio tra popoli di diversa cultura e religione.
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017