«Giovani, non mollate»
Sul fenomeno della mobilità italiana all’estero, in continuità con l’esperienza migratoria che dall’Unità d’Italia in poi ha lasciato memorie e testimonianze gloriose, sono stati di recente diffusi alcuni nuovi dati che meritano la nostra attenzione. Nel «Rapporto italiani nel mondo 2011», Delfina Licata informa che gli iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero sono 4.115.235. Rispetto al 2010, si registra un aumento di quasi 90 mila unità, nella maggior parte giovani tra i 20 e 34 anni che si sono trasferiti nei Paesi europei e in Nord America per motivi di studio o per lavoro. L’inserimento nei nuovi Paesi è facilitata dalla loro giovane età, dall’alto livello di istruzione e dalla loro stessa disponibilità d’integrarsi, più che dalla condizione socio-economica. Oltre a loro, molti altri connazionali vanno all’estero ma per brevi periodi di lavoro e non sono soggetti, quindi, alla cancellazione anagrafica dal comune di residenza.
Siamo dinanzi, quindi, a una mobilità diversa da quella della «vecchia emigrazione», che nel mondo ha raggiunto una discendenza stimata tra i 60 e gli 80 milioni. Riguarda «cervelli» che vogliono crescere culturalmente e giovani in ricerca di lavoro. La loro partenza – anche se pone interrogativi sulla durata del legame con la patria, involontariamente, impoverita di un capitale umano così importante – presenta però delle prospettive. Infatti, l’inserimento in importanti università del mondo e l’aumento di professionalità, può essere occasione per promuovere italianità nei contesti culturali, sociali e produttivi in cui questi giovani s’inseriscono. Con i loro contatti personali, o attraverso i social network, essi possono stimolare nelle istituzioni e associazioni italiane in crisi, scelte che diano un futuro a realtà che hanno promosso cultura, lingua italiana, tradizioni e iniziative, suscitando partecipazione e rapporti.
Anche noi vogliamo dare voce a questi giovani italiani. Come quelli dell’AIA, l’Associazione Italiani Australia divenuta punto di riferimento per tanti giovani residenti e per chi sceglie il Nuovissimo Continente per lavoro o crescita professionale. Oppure quelli che in Brasile, per esempio negli stati di San Paolo, Rio Grande do Sul e di Santa Catarina, animano le molte associazioni con giovani oriundi italiani. O, ancora, le giovani leve del Comitato delle Associazioni Venete in Argentina (CAVA) e delle associazioni di Mar del Plata. Con uguali finalità sono oggi in evidenza le Regioni italiane e alcuni Comites operanti in Germania, in Canada, in Usa. Positiva anche l’opera di giovani oriundi accanto ai sacerdoti italiani nel mondo, ai quali oggi è chiesto d’inserirsi nella pastorale delle diocesi locali. Sacerdoti che, come sottolinea monsignor Battista Bettori coordinatore delle Missioni cattoliche italiane del Belgio-Lussemburgo-Paesi Bassi, sono «chiamati a confrontarsi con l’arrivo di migliaia di giovani, nella maggioranza dei casi con alti livelli d’istruzione, spesso pendolari con l’Italia, che vivono un allontanamento dalle proprie radici e rischiano di trovarsi senza una comunità di riferimento». Nel libro A un giovane italiano, il presidente emerito Carlo Azeglio Ciampi scrive: «Ci sono tornanti della storia in cui si rivela più che mai indispensabile mettere in moto la carica trainante dei giovani». Egli sprona i giovani a «non mollare»: e l’esortazione è rivolta anche a quelli residenti nel mondo, affinché il legame con l’«italianità», vissuta come patrimonio e valore aggregante, sia sorgente di rapporti interculturali e sociali a favore della terra d’origine.