Pellegrini, come Antonio
Viviamo la festa del Santo 2013 come un’occasione per percorrere la strada che ci riporta alle fonti del credere.
15 Maggio 2013
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Le celebrazioni antoniane per la festa del 13 giugno hanno, in questo 2013, un forte riferimento al 750° anniversario del ritrovamento della Lingua incorrotta di sant’Antonio, avvenuto nel 1263, trentadue anni dopo la morte del Santo. Sono ricorrenze caratterizzate soprattutto dal segno del pellegrinaggio che, nella geografia della testimonianza cristiana, emerge come una delle sue manifestazioni più vive. È quanto avviene con il «Cammino di sant’Antonio» che si sviluppa lungo i 25 chilometri percorsi da Antonio morente nel suo ultimo giorno su questa terra.
Così, nella notte del 25 maggio un folto gruppo di giovani e meno giovani è partito a piedi dai Santuari antoniani di Camposampiero (PD) per raggiungere, alle prime luci dell’alba di domenica 26, la Basilica del Santo, dove hanno terminato l’esperienza itinerante di fronte alla tomba di Antonio, con la celebrazione della santa Messa.
Altri pellegrinaggi, organizzati da diocesi, movimenti e associazioni ecclesiali, sono previsti nei giorni che precedono il 13 giugno, mentre per la «Festa del Santo» è attesa a Padova la consueta folla di fedeli provenienti da tutte le regioni d’Italia e da molti Paesi dell’estero. I pellegrini parteciperanno alle numerose eucaristie festive e alla gioiosa processione che ogni anno si snoda per le vie della città. Grazie anche alla qualità dei messaggi lanciati e all’estesa presenza delle associazioni civili e religiose del territorio, la processione non manca di suscitare in ciascuno un canto di ringraziamento a Dio per il dono di Antonio, amico, intercessore e testimone dell’amore del Padre nella vita di tanti.
Il «popolo di sant’Antonio» – come l’ha definito il sociologo Alessandro Castegnaro – esprime il legame con il Santo, soprattutto nel continuo e spontaneo accorrere alla sua Tomba e alla Cappella che conserva la reliquia della Lingua. Non si tratta di una semplice visita a un santuario, ma di un convergere verso qualcuno, un compagno di viaggio, riconosciuto decisivo e operante nella vita di tutti i giorni.
Quella con sant’Antonio è un’amicizia che guarda a Cristo e che porta a lui, meta e allo stesso tempo compagno del nostro esistere. Infatti, i pellegrinaggi ci fanno rivivere l’affiancamento del Risorto ai due discepoli che, dopo la sua morte in croce, ritornavano sconfortati a Emmaus. È una memoria che s’inserisce nell’attualità della fede cristiana, richiamando al bisogno dell’uomo di mettersi accanto a chi, compagno di strada, è di aiuto per avvicinarsi a Dio.
La Chiesa, consapevole del fascino esercitato dai santuari, invita a rinforzare le radici cristiane del pellegrinaggio, in modo da non confondere questo evento di fede con i viaggi turistici: a parità di meta, la differenza è data dal modo di fruirla, di avvicinarsi a essa. Sembrano averlo intuito anche i giovani che nei santuari ricercano un luogo di silenzio, di riflessione e, per alcuni, anche di confronto spirituale con religiosi che aiutino a trovare risposte. L’esperienza santuariale diventa così un percorso interiore che può cambiare la vita.
Sono tutti aspetti che ritroviamo nell’incessante accorrere alla tomba del Santo di Padova e che attirano l’attenzione per l’originalità di un fenomeno non più legato a vecchi stereotipi. La devozione popolare è un’immissione di fede e di gioia che fiotta ancora come avanguardia di fede.
Così, nella notte del 25 maggio un folto gruppo di giovani e meno giovani è partito a piedi dai Santuari antoniani di Camposampiero (PD) per raggiungere, alle prime luci dell’alba di domenica 26, la Basilica del Santo, dove hanno terminato l’esperienza itinerante di fronte alla tomba di Antonio, con la celebrazione della santa Messa.
Altri pellegrinaggi, organizzati da diocesi, movimenti e associazioni ecclesiali, sono previsti nei giorni che precedono il 13 giugno, mentre per la «Festa del Santo» è attesa a Padova la consueta folla di fedeli provenienti da tutte le regioni d’Italia e da molti Paesi dell’estero. I pellegrini parteciperanno alle numerose eucaristie festive e alla gioiosa processione che ogni anno si snoda per le vie della città. Grazie anche alla qualità dei messaggi lanciati e all’estesa presenza delle associazioni civili e religiose del territorio, la processione non manca di suscitare in ciascuno un canto di ringraziamento a Dio per il dono di Antonio, amico, intercessore e testimone dell’amore del Padre nella vita di tanti.
Il «popolo di sant’Antonio» – come l’ha definito il sociologo Alessandro Castegnaro – esprime il legame con il Santo, soprattutto nel continuo e spontaneo accorrere alla sua Tomba e alla Cappella che conserva la reliquia della Lingua. Non si tratta di una semplice visita a un santuario, ma di un convergere verso qualcuno, un compagno di viaggio, riconosciuto decisivo e operante nella vita di tutti i giorni.
Quella con sant’Antonio è un’amicizia che guarda a Cristo e che porta a lui, meta e allo stesso tempo compagno del nostro esistere. Infatti, i pellegrinaggi ci fanno rivivere l’affiancamento del Risorto ai due discepoli che, dopo la sua morte in croce, ritornavano sconfortati a Emmaus. È una memoria che s’inserisce nell’attualità della fede cristiana, richiamando al bisogno dell’uomo di mettersi accanto a chi, compagno di strada, è di aiuto per avvicinarsi a Dio.
La Chiesa, consapevole del fascino esercitato dai santuari, invita a rinforzare le radici cristiane del pellegrinaggio, in modo da non confondere questo evento di fede con i viaggi turistici: a parità di meta, la differenza è data dal modo di fruirla, di avvicinarsi a essa. Sembrano averlo intuito anche i giovani che nei santuari ricercano un luogo di silenzio, di riflessione e, per alcuni, anche di confronto spirituale con religiosi che aiutino a trovare risposte. L’esperienza santuariale diventa così un percorso interiore che può cambiare la vita.
Sono tutti aspetti che ritroviamo nell’incessante accorrere alla tomba del Santo di Padova e che attirano l’attenzione per l’originalità di un fenomeno non più legato a vecchi stereotipi. La devozione popolare è un’immissione di fede e di gioia che fiotta ancora come avanguardia di fede.
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017