Alla ricerca di valori comuni
Dopo l";11 settembre 2001 si è radicata in molte coscienze la convinzione che le religioni stanno dividendo il mondo. Durante i lavori del convegno è stato però ricordato come gli attacchi alle Twin Towers di New York non miravano a luoghi-simbolo cristiani, ma a luoghi-simbolo di quello che viene considerato l";«Impero americano», al centro nevralgico, economico e militare degli Stati Uniti. Non si tratta, a ben vedere, di un contrasto generale tra l";Islam e l";Occidente, piuttosto di attacchi di un esiguo gruppo di fanatici musulmani che perseguono obiettivi politici anche se sono motivati da un punto di vista religioso. L";attacco contro gli Stati Uniti dell";11 settembre è stato infatti subito condannato dalla stragrande maggioranza dei musulmani come non islamico, perché il terrorismo, sia individuale che di Stato, equivale per i musulmani ad un travisamento dell";Islam.
Le numerose relazioni di studiosi occidentali e musulmani hanno mostrato come non sia facile parlare di Islam in generale, in conseguenza della storia molto complessa e ricca di questa religione. Ancora più difficile è definire il fenomeno dell";Islam nel mondo occidentale, dell";Islam in Europa. Troppo recente, infatti, è il suo nuovo tipo di presenza nell";Europa occidentale, ed è difficile persino stabilirne le misure quantitative. La presenza di collettività musulmane tra noi, sebbene non sia numericamente molto rilevante, si è fatta vistosa negli ultimi anni, anche perché il loro arrivo in Europa ha coinciso con una ripresa delle correnti più integraliste. È forse la percezione di questo aspetto che sta creando, anche in conseguenza dei terribili avvenimenti degli ultimi mesi, un certo disagio e malessere, suscitando anche inquietudini e interrogativi su un possibile scontro in atto tra Islam e Cristianità , di un possibile scontro di civiltà .
Quando, nell";agosto del 1995, Giovanni Paolo II si rivolgeva ai giovani musulmani nello stadio di Casablanca cercava proprio di sottolineare gli aspetti di fratellanza e di comunione fra queste due grandi religioni. «Dobbiamo riconoscere i valori religiosi che abbiamo in comune e renderne grazie a Dio. Gli uni e gli altri, noi crediamo in Dio». Queste parole, insieme a fatti concreti come il Seminario per il dialogo Islamo-Cristiano di Tripoli, nel 1976, o la giornata di preghiera dei fedeli di tutte le religioni ad Assisi, nel 1986, lasciano prefigurare la possibilità di un dialogo interreligioso senza il quale sembra difficile assicurare una tranquillità sociale. Quando questo dialogo non ha luogo, o viene troncato, l";alternativa diventa la violenza: quando non ci si parla, il ricorso alle armi diventa giustificabile e giustificato. Ma la domanda che è emersa chiaramente dal Convegno di Alcalà¡ de Henares è: dopo l";11 settembre è ancora possibile questo dialogo? È vero che dopo i terribili avvenimenti di questi mesi anche all";interno della Chiesa cattolica c";è chi parla di scontro in atto tra Islam e Cristianità , di scontro di civiltà . Ma l";Islam è un mondo religioso dalle dimensioni immense "; un miliardo di persone "; mentre il terrorismo è un fenomeno di gruppi irresponsabili. L";equazione Islam uguale terrorismo, uguale violenza, è considerata da molti osservatori falsa e pericolosa. Falsa perché qualifica come nemici non quelli che si comportano come tali, ma un intero mondo. Pericolosa perché così si cadrebbe nella trappola dei terroristi che sognano davvero uno scontro tra civiltà .
Il terrorismo, nell";Islam ufficiale, non è accettabile; ma nell";Islam, specie sunnita, non esiste un";autorità centrale o un corpo d";autorità come nel cristianesimo. Indubbiamente resta da capire come nel mondo islamico si siano diffusi fenomeni terroristici. Dopo il fallimento di ideologie come il marxismo e il fallimento pratico di certe «terze vie», il fondamentalismo è diventato una sorta di grammatica della protesta. E in assenza di prospettive, e con cattivi maestri, alcuni gruppi sono caduti nella via cieca della violenza, sino al terrorismo. Fondamentalismo ed estremismo ormai attraversano tutte le grandi religioni mondiali e le culture contemporanee; e c";è una violenza che cresce con lo spaesamento dovuto alla globalizzazione. L";Islam è pienamente all";interno di questa dinamica.
Un elemento che occorre però sottolineare, anche alla luce degli avvenimenti di questi mesi, è la difficoltà con la quale la ricerca di una laicità della società civile rispetto alla sfera religiosa, avviata ormai da anni in Paesi come l";Egitto, il Marocco o l";Algeria, stenti ad affermarsi nell";intero mondo islamico. Bisogna infatti riconoscere che fino ad ora la fede nei grandi «pilastri» dell";Islam non sembra aver avvertito in maniera preoccupante la scossa derivante dai principi della modernità . Per molti aspetti, prevalgono in questo momento le tendenze fondamentaliste, che cercano di appropriarsi dei risultati tecnici, ma staccandoli dalle loro premesse culturali occidentali con la volontà di risolvere, nella linea della tradizione antica, tutti i problemi politici e sociali per mezzo della religione. Non si ammette quindi separazione tra religione e Stato, tra religione e politica, e nell";interpretazione letterale del Corano vengono cercati tutti i principi per la risposta agli interrogativi contemporanei, anche sociali ed economici.
Nel corso dei lavori del convegno è stato più volte sottolineato come, nel quadro di un atteggiamento di profondo rispetto reciproco, l";Occidente cristiano possa adoperarsi affinché i musulmani riescano a chiarire e a cogliere il significato e il valore della distinzione tra religione e società , fede e civiltà , Islam politico e fede musulmana, mostrando che si possono vivere le esigenze di una religiosità personale e comunitaria in una società democratica e laica dove il pluralismo religioso viene rispettato e dove si stabilisce un clima di mutuo rispetto, di accoglienza e di dialogo.
L";Islam, è bene ricordarlo in conclusione, non è una religione violenta. Anche il concetto di jihad, la vendetta, è rivolto soprattutto a se stessi e non nasce prioritariamente come termine contro l";altro. Le guerre sante ci sono state e possono ancora essere combattute, ma non è questo il sentire della maggioranza musulmana. Non si può parlare di grandissime comunità religiose come se fossero un piccolo gruppo: ci sono tante diversità all";interno, tanti gradi diversi di adesione alla fede e alla morale.
I fanatici ci sono in tutte le religioni, nell";Islam come nel cristianesimo e nell";ebraismo. Dopo la tragedia dell";11 settembre e i fatti di questi ultimi mesi in Terra Santa, è diventata ancor più chiara l";urgenza di un progetto di etica mondiale: nessuna pace tra le nazioni senza la pace tra le religioni, e nessuna pace tra le religioni senza dialogo interreligioso. E l";Umanesimo Latino nel mondo, con il suo spirito di apertura, di tolleranza e di rispetto per le diversità , potrà costituire lungo questa strada difficile ma inevitabile, un fertile terreno di incontro e di dialogo.