Identità in cerca di un futuro

La valorizzazione del bilinguismo nell'Europa dei popoli e nel mondo globalizzato apre ai giovani italo-svizzeri inaspettate possibilità. Grazie anche all'eredità culturale trasmessa dai nonni.
28 Luglio 2010 | di
Zurigo
Il fenomeno è ormai noto, in Svizzera, da alcuni anni: contrariamente alle aspettative, un numero rilevante di italiani arrivati nella Confederazione negli anni Cinquanta e Sessanta, una volta raggiunta l’età della pensione, decide di non tornare in Italia. La scelta di trascorrere la vecchiaia nel Paese della propria emigrazione è molto spesso legata al desiderio di rimanere accanto ai figli e ai nipoti. In tante famiglie italiane in Svizzera, grazie anche al generale allungamento della vita, si trovano così a convivere tre diverse generazioni.
Il ricco e intenso rapporto intergenerazionale, che nella maggioranza delle famiglie implica sempre la trasmissione di affetti, tradizioni e valori, acquista – per gli italiani in Svizzera – anche una connotazione particolare: la presenza dei nonni può contribuire al mantenimento dell’uso e della conoscenza dell’italiano anche tra i nipoti.
Nel quadro di un progetto di ricerca sulla varietà e le competenze linguistiche, sostenuto dal Fondo Nazionale Svizzero, le studiose Rosita Fibbi dell’Università di Neuch`tel, e Marinette Matthey dell’Università di Grenoble si sono accostate per la prima volta a questa interessante realtà, intervistando trentadue famiglie d’origine italiana e spagnola che vivono a Basilea e a Ginevra. Il loro studio è di carattere qualitativo, cioè non pretende di fornire un quadro statisticamente rappresentativo delle famiglie con radici straniere in Svizzera, ma cerca di analizzare in profondità le dinamiche comunicative e linguistiche presenti tra nonni, genitori e nipoti adolescenti, che abbracciano spesso più culture in uno stesso nucleo familiare.
Negli Stati Uniti, ricerche simili hanno rilevato che nella maggioranza dei casi la terza generazione non «possiede» più la lingua dei nonni, ma è completamente assimilata all’uso dell’inglese. Le due autrici della ricerca hanno ipotizzato che in Europa questo processo di scomparsa della lingua d’origine sia più lento, perché qui la realtà del plurilinguismo è largamente diffusa e gode di maggiore riconoscimento. Ciò non toglie che, progressivamente, le nuove generazioni parlino in maniera dominante la lingua locale: francese o tedesco. Tuttavia è possibile osservare nelle famiglie, fino alla terza generazione, una certa conoscenza e l’utilizzo della lingua d’origine. Le due ricercatrici si sono chieste quale funzione e importanza abbia, per i nipoti, l’italiano ereditato dai nonni, e quale ruolo giochino questi ultimi nella trasmissione della lingua.
Le interviste alle famiglie hanno dimostrato che per la terza generazione la lingua dominante è quella locale, sia in famiglia che nella società. Essi si considerano – e vengono percepiti – in genere come «svizzeri» proprio perché non si distinguono nel loro modo di parlare dagli altri. L’italiano, però, ha ancora un suo spazio per la maggior parte dei ragazzi intervistati. Un buon numero è in grado di parlarlo correntemente; altri lo capiscono, sanno dire alcune parole e, inoltre, affermano di volerlo imparare, frequentando eventualmente un corso.
È la famiglia il luogo in cui si mantiene l’uso dell’italiano, e due sono i motivi principali: la presenza in Svizzera dei nonni e le loro pratiche transnazionali, ossia le visite e i contatti con i parenti in Italia, e l’utilizzo di media italiani. Anche i genitori – seconda generazione – giocano un ruolo importante, non tanto insegnando l’italiano ai propri figli, dal momento che in molti casi nemmeno loro lo praticano con scioltezza, ma valorizzando questa lingua nei loro discorsi quotidiani. Dalle interviste risulta come, spesso, i genitori chiedano esplicitamente ai nonni di parlare italiano con i nipoti allo scopo di trasmettere la lingua. Inoltre diversi di loro iscrivono i figli ai corsi di lingua e cultura. I nonni, normalmente, accettano ben volentieri il compito di parlare italiano con i nipoti, con i quali intrattengono stretti contatti soprattutto quando questi ultimi sono bambini. La pratica di accudire i nipoti è ancora molto diffusa tra i nonni italiani in Svizzera. Il mantenimento dell’italiano non è assolutamente in contrasto con la lingua locale, comunque accettata come dominante. Si tratta piuttosto di inserire anche i nipoti in una comune origine ed eredità familiare.
È dunque lecito chiedersi che approccio abbiano oggi i ragazzi della terza generazione nei confronti dell’italiano? Dalle interviste risulta che la conoscenza, seppure incompleta, di questa lingua permette ai giovani di reclamare per sé un’appartenenza identitaria che attualmente viene apprezzata in Svizzera. Essere italiani, o spagnoli, non significa più, come al tempo dell’emigrazione dei nonni, essere discriminati e rifiutati, ma guardati con simpatia e interesse dalla società d’appartenenza.
L’identità d’origine a cui si rifanno molti dei ragazzi intervistati non si limita solo a un legame con il passato, con la storia di famiglia. La padronanza della lingua dei nonni è considerata dalla terza generazione come un vantaggio e un arricchimento, soprattutto alla luce del fatto che il plurilinguismo oggi viene valutato molto positivamente sul mercato del lavoro e nella società in generale. I ragazzi vedono il loro futuro nella prospettiva della mobilità sociale e professionale; si sentono ovviamente ancorati alla Svizzera dove sono nati e cresciuti, ma sono convinti che il loro bilinguismo e la capacità di combinare con creatività molteplici appartenenze, possa diventare una grande risorsa per la loro vita e per la società.
Parlare italiano, inoltre, significa anche appartenere alla categoria delle persone plurilingui che sembra godere di un surplus di prestigio tra i giovani, come si è espressa una ragazza intervistata: «Ci sono molti, qui in Svizzera, che non parlano solo il tedesco. Anche gli svizzeri non parlano più solo il tedesco, ma anche il francese e l’inglese. Però ci sono gli altri che parlano tedesco e turco, tedesco e spagnolo, tedesco e portoghese: ne conosco tanti. I ragazzi della mia età, per la maggior parte sanno parlare due lingue». In una società che si percepisce aperta e globale, il bilinguismo è divenuto quasi la norma. I ragazzi di terza generazione si sentono di appartenere al mondo moderno in cui tanti giovani come loro hanno origini culturali variegate e sanno accostare, nella vita quotidiana, la lingua locale con almeno un’altra lingua appresa in famiglia.
La Svizzera rappresenta in Europa un avamposto di questa molteplicità identitaria dal momento che un abitante su tre nella Confederazione ha, nella propria biografia o nella storia della propria famiglia, un evento di carattere migratorio. Tuttavia, questo primo studio indica una realtà verso cui si stanno incamminando diversi Paesi europei, e che risulta come un dato di fatto ormai acquisito, soprattutto nelle grandi città multietniche.
Per quanto concerne l’italiano in Svizzera, il suo utilizzo si riduce sensibilmente con il passare da una generazione all’altra, ma tale erosione è rallentata dalla volontà dei genitori di mantenere il bilinguismo dei figli, e la mobilitazione dei nonni a favore di questo obiettivo. Le relazioni transnazionali con l’Italia accrescono nei ragazzi la spinta a coltivare l’italiano. Inoltre, nel consolidare le conoscenze ottenute in modo informale, giocano un ruolo importante anche le offerte formative linguistiche, esterne alla famiglia, nelle quali anche l’Italia dovrebbe maggiormente investire per perseguire una più accorta politica di diffusione della nostra lingua.
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017