Capo Verde

20 Luglio 2012 | di
Padre Ottavio il vignaiolo
Per celebrare il primo raccolto della vigna Maria Chaves, nell’Isola di Fogo, a Capo Verde, si è tenuta una festa alla presenza del capo dello Stato. Era il febbraio del 2010. Una nuova inaugurazione è prevista nel prossimo mese di novembre, con l’imbottigliamento del vino nello stabilimento di Adega de Monte Barro: oltre 2 mila metri quadrati, dotati di impianti all’avanguardia per la produzione di vino bianco, rosso e rosato, e a gradazione variabile da 11 a 14 gradi. Anche a novembre sarà festa grande. Perché quel vino, destinato per ora al consumo dei turisti che arrivano a Capo Verde, sarà qualcosa di più di un riuscito esperimento enologico. Rappresenterà il simbolo di un cambio di mentalità in un popolo che soffre ancora la povertà, e che non è più solo in attesa d’aiuto, ma è capace di riscattarsi da solo. Obiettivo per il quale padre Ottavio Fasano, cappuccino in missione da decenni a Capo Verde, si è sempre battuto, convinto che per un’autentica promozione umana sia meglio «fornire la canna da pesca piuttosto che regalare il pesce».

Uno spirito imprenditoriale, il suo, e una determinazione che gli sono valse ammirazione e sostegno non solo nell’arcipelago ma anche in Piemonte, a Racconigi, dove è nato 76 anni fa, e dove torna spesso. Sotto il saio (che non sempre indossa) di padre Ottavio batte un cuore da imprenditore, come risulta dal fatto che, molti anni fa, fondò a Torino una casa cinematografica (la Nova-T), specializzata in notiziari, video e biografie di santi, con attori e registi di fama.

Altra iniziativa di padre Ottavio – che quest’anno festeggia cinquant’anni di sacerdozio –, è l’aver fondato, nell’isola di Fogo, l’Ospedale San Francesco d’Assisi, dotato di due moderne sale operatorie, un laboratorio di analisi, la radiologia, due ambulatori dentistici, oltre alle camere di degenza con diciassette posti letto. Per funzionare, l’Ospedale, che ha una trentina di dipendenti, ha bisogno di fondi. Da qui l’idea di piantare un vigneto alle falde del vulcano spento Pico de Fogu, grazie al quale, oltretutto, dare lavoro agli abitanti dell’isola. Per creare una vigna, tuttavia, non basta ricevere dal governo, per cinquant’anni in comodato, un vasto appezzamento di venticinque ettari, pieno di sassi e di sterpaglia. Occorrono esperti e mezzi. Fortuna ha voluto che nell’isola sia approdato Maurizio Borselli, docente di viticoltura all’Università di Verona, il quale, dopo uno studio approfondito, ha stabilito che il terreno avrebbe potuto essere adatto alla vite. Un altro esperto in vigneti, Ezio Rivella, già presidente degli enologi italiani, padre Ottavio l’ha scovato a una festa del Barbera a Castagnole Lanze (AT).

È stato lui a metterlo in contatto con due aziende specializzate nel creare vigneti. Nel giro di due anni, con due macchine per movimento terra avute gratuitamente dall’esercito, e grazie all’assistenza qualificata di altri tre tecnici venuti dalle Langhe, quel che sembrava un obiettivo ambizioso, è divenuto realtà. Dissodato il terreno, allestiti i filari, installato l’impianto d’irrigazione, avuta certezza dal governo che avrebbe avuto tutta l’acqua necessaria, padre Ottavio, nel 2009, ha messo a dimora migliaia di germogli di vite, destinati a trasformare un arido crinale in un’onda verde, sullo sfondo azzurro dell’Oceano Atlantico. Intanto, la cantina costruita ex novo va riempiendosi di grandi silos pronti ad accogliere il primo «vino capoverdiano». L’arrivo, come si diceva, è previsto in autunno: la produzione iniziale di circa 40 mila bottiglie, a regime dovrebbe superare le 200 mila, destinate anche all’export.
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017