La lingua di Dante con un clic
Boston
Negli Usa la nostra lingua viene insegnata in maniera innovativa e interdisciplinare, con grande ricorso ai laboratori multimediali, diffusi anche nelle università italiane. «I mezzi tecnologici costringono lo studente ad essere attivo – dice Franco Mormando, docente al Boston College, dove si impara l’italiano navigando sul web – le nuove tecnologie, a differenza dei libri, non invecchiano, anche se i volumi delle biblioteche devono continuare ad essere studiati. Le risorse del web sono più attraenti, ma anche più difficili da usare: non si può controllare la velocità dell’audio o del video: per questo è sempre utile fare ricorso al libro di testo».
Negli Usa l’italiano viene insegnato in circa 250 università e in più di 3.600 corsi di scuole elementari e medie, cui partecipano 71.177 studenti e 727 docenti: i dati indicano che c’è un professore ogni cento alunni. La città in cui si studia di più l’italiano – almeno ai primi livelli del sistema scolastico americano – è New York, dove ci sono oltre 30 mila alunni. Al secondo posto c’è Boston e al terzo la capitale degli Usa, Washington. Durante l’anno accademico passato otto dirigenti scolastici – distaccati dal Ministero dell’Istruzione ai Consolati di Boston, Chicago, Detroit, Los Angeles, Miami, New York, San Francisco e Washington – e nove lettori in servizio in alcuni atenei statunitensi hanno gestito e promosso l’insegnamento della lingua di Dante nel Paese a stelle e strisce. Il ministero degli Esteri ha stanziato circa 2,5 milioni di euro per la promozione della nostra lingua. Ma puntare sull’innovativo apprendimento multimediale è la scelta migliore? Luigi De Sanctis, responsabile dell’Ufficio istruzione dell’Ambasciata d’Italia a Washington, sottolinea che i metodi tradizionali di insegnamento rimangono validi anche se può essere interessante sperimentare approcci innovativi. Ad ogni modo, secondo il responsabile dell’ufficio istruzione «non si deve pensare che imparare una lingua straniera comporti necessariamente lacrime e sudore: se si insegna con gioia si impara, se c’è motivazione si ottengono grandi risultati».
Mormando, che è stato capo del Dipartimento di italianistica del Boston College, che ospita circa un migliaio di studenti che vogliono imparare la nostra lingua, spiega che nell’Istituto l’italiano viene insegnato nel Bachelor (un corso di quattro anni paragonabile alla nostra laurea) e anche nel Master (un biennio in cui si approfondisce una determinata materia, preparandosi ad entrare nel mondo del lavoro). I docenti che tengono questi corsi a tempo pieno sono quattro. Ma sul fronte dell’insegnamento, le attività più interessanti vengono svolte dagli stessi studenti: i più bravi insegnano l’italiano ai compagni più giovani. I compiti che questi ragazzi sottopongono agli altri studenti sono preparati dal coordinatore del corso, che spesso è presente in classe per controllare l’andamento delle lezioni. I «piccoli maestri», prima di potersi sedere dietro la cattedra, devono seguire un corso di metodologia dell’insegnamento e, alla fine delle lezioni, vengono valutati dagli studenti, che scrivono un giudizio sull’efficacia dell’insegnamento: anche i giovani professori, insomma, possono essere promossi o bocciati.
Una studentessa-professoressa del Boston College è Lisa Di Nanno, che ha 28 anni e frequenta il Master Degree, con la speranza di poter diventare docente di italiano in un ateneo statunitense. I genitori di Lisa sono abruzzesi: nonostante la sua vita a Boston, si sente a casa anche vicino alla Maiella. A casa, mamma e papà parlano dialetto abruzzese, non italiano. E al di fuori della famiglia la ragazza italo-americana ha sempre usato l’inglese. Da qui la decisione, a 18 anni, di studiare l’italiano. Imparare la nostra lingua, per Lisa, non è stato semplice: grazie all’ambiente familiare aveva una buona capacità di ascolto, ma le mancavano solide basi grammaticali. All’università ha imparato come gestire soggetto, predicato, complementi, e ha studiato la cultura e la storia dell’Italia. Hanno aiutato molto, inoltre, cinque mesi di studio intensivo a Padova, in una sede distaccata del Boston College. «È stato un periodo breve ma molto importante – ricorda Lisa, che viveva in centro storico, a pochi passi da Piazza delle Erbe –. Non c’era alternativa, dovevi farti capire: e così si impara davvero», ricorda la studentessa. Non sono mancate le gaffe nell’apprendere la nuova lingua: a casa i genitori usavano spesso delle parolacce che Lisa non conosceva e che ha usato in contesti formali, suscitando qualche imbarazzo ma anche molte risate. L’Italia? «Me l’aspettavo molto più provinciale – dichiara la studentessa del Boston College, che aveva un’immagine del nostro Paese legata ai ricordi dei genitori, partiti qualche decennio fa. E Padova? Per Lisa è stata un’esperienza molto interessante, non solo dal punto di vista accademico – tra le sue letture preferite ci sono I Promessi Sposi e La Coscienza di Zeno – ma anche da quello umano. «Sono sempre interessata alle persone quando viaggio – dice Lisa – e mi ha colpito molto che a Roma, quando non riuscivo a trovare la strada giusta, mi ha aiutato tanta gente, accompagnandomi di persona con grandissima disponibilità». Secondo Lisa, i giovani italiani, rispetto ai compagni americani, sono più maturi, più impegnati nello studio e molto più legati alla famiglia.
Anche Melissa Citarra, un’altra alunna del Boston College, ha studiato l’italiano per via dei parenti: sua nonna è originaria di Verona mentre il nonno è nato in Abruzzo. La coppia arrivò negli Stati Uniti sbarcando a New York dove la nipote Melissa – che adesso ha 22 anni – è cresciuta ascoltando i racconti della nonna che le parlava della città dell’Arena e di Romeo e Giulietta, visitata per la prima volta a nove anni. «Non è stato molto difficile imparare la lingua – racconta Melissa che ha cominciato lo studio dell’italiano nel 2003 –, il nostro professore era molto paziente e io dedicavo almeno due ore al giorno alla materia». L’anno scorso la giovane è andata in Italia, e ha studiato a Firenze e a Parma.
Secondo Melissa, il capoluogo toscano assomiglia a New York: «C’è gente da tutto il mondo – spiega –, è una città molto visitata dai turisti e ci sono molti americani». La studentessa, che ama leggere Manzoni e Pirandello, ma ascolta anche la musica di Nek, Jovanotti e i Negrita, si è appena laureata in Storia e ha intenzione di specializzarsi in cultura giapponese. Una volta diventata professoressa, come si augura, potrà decidere se insegnare la storia dell’Italia oppure quella del Sol Levante.
Viaggi ed esperienze all’estero sono fondamentali per imparare una lingua straniera, ma l’Italia può arrivare negli Stati Uniti anche attraverso altri approcci innovativi, come il programma didattico multimediale proposto dalla Rai che permette di accedere a materiale audiovisivo su un portale internet dedicato all’insegnamento dell’italiano: www.linguaitaliana.rai.it
Secondo Giuseppe Falvo della Maryland University, il sito web offre «un contatto diretto con l’italiano che permette agli studenti di avvicinarsi alla lingua parlata tutti i giorni».
Gli studenti, comunque, secondo Mormando del Boston College, continuano ad apprezzare la letteratura contemporanea e chiedono un approccio interdisciplinare: «Vogliono conoscere tutta la cultura dell’Italia», dice il professore. Insomma, libri e Internet uniti nell’insegnare l’italiano.