Il re dei gelati
LIVERPOOL
Raccontare la storia della sua affermazione professionale in terra straniera, illumina gli occhi di quest'uomo che ha fatto della sua vita una sfida. A 72 anni, Calogero Mancuso lavora ancora con i ritmi di quando era giovane. Alle sette del mattino è già in azienda, spesso anche nel fine settimana. La sua è una vita dedita al lavoro e alla famiglia. La moglie Elena e i tre figli: Cristina, Salvatore e Vincenzo, lavorano con lui alla Stella Products, l'industria di cui Mancuso è presidente; un'azienda che conta un centinaio di dipendenti, che durante la stagione estiva, da aprile ad agosto, diventano 150.
Mancuso viene da una famiglia di contadini proprietari di terre, che, al termine della seconda guerra mondiale, si trovarono in ristrettezze economiche. La difficile ripresa economica dell'Italia, non permetteva alla famiglia Mancuso di guadagnare quello che bastava per vivere. All'età di 13 anni Calogero rimase orfano di padre ed essendo il figlio maggiore, diventò il capofamiglia. La famiglia era numerosa: oltre alla madre c'erano cinque sorelle e un altro fratello.
A vent'anni Calogero, dopo aver fatto svariati lavoretti sempre in ambito agricolo, decise di lasciare Grotte, un paese a 18 chilometri da Agrigento. Inizialmente fu il Belgio ad attrarre molti nostri connazionali che partirono per lavorare nelle miniere di carbone. Ma girava voce che l'ambiente minerario belga rovinasse la salute, così quando Mancuso venne a sapere che in Inghilterra si stava meglio, decise di partire alla volta del nord industrializzato della Gran Bretagna. Il ragazzo ventenne, arrivato a Liverpool in treno dopo aver attraversato la Manica con il traghetto, rimase inizialmente deluso. Con altri compaesani aveva lasciato l'Italia per lavorare nelle miniere inglesi in base ad un accordo tra i due Paesi. Fu mandato nelle miniere di St. Helens, un po' fuori Liverpool. Non si risparmiò perché doveva mandare in Italia tutta la paga per mantenere la famiglia e soprattutto per consentire alle sorelle un dignitoso matrimonio. Per quattro anni Calogero si sacrificò duramente, visse dapprima con altri lavoratori in locali nei quali, durante la guerra, erano stati incarcerati i prigionieri. In seguito con altri amici affittò un appartamento. Il contratto di lavoro prevedeva una paga settimanale di 8 sterline compresi vitto e alloggio. «La paga era buona, ma si mangiava male». Dopo tre anni fu raggiunto dall'unico fratello maschio, che andò a lavorare con lui in miniera. Le paghe che andavano in Italia erano così due, e dopo un anno Calogero potè pensare di mettere via dei risparmi per costruirsi una vita propria. Mancuso ritornò spesso in Italia, soprattutto in occasione del matrimonio delle sorelle.
Famiglia & Azienda
Rientrato in Italia per sei mesi, nel dicembre del 1956 Calogero, allora ventiseienne, si sposò con Elena, una giovanissima ragazza del suo stesso paese. Subito dopo, gli sposi partirono insieme per Liverpool. Ma Calogero aveva già progettato di non fare più il minatore. Aveva osservato che in Inghilterra, gli italiani che possedevano ristoranti o vendevano gelati negli snack bar o con i furgoncini, avevano fatto fortuna. «E poi gli inglesi pensavano che un italiano è un mago del gelato o della gastronomia». A Liverpool, Calogero conobbe molti di questi italiani, uno di loro in particolare: «il vecchio Capaldi» che aveva una gelateria, e che gli insegnò a fare il gelato e a mettersi in proprio. Così, nel 1957, comprò per mille sterline uno snack bar-gelateria con i risparmi di sei anni di lavoro in miniera. Calogero e la moglie lavorarono nella gelateria per due anni. «Fu un successo. Elena mi ha sempre aiutato. é sempre stata una buona collaboratrice», ricorda Calogero. Nel frattempo il fratello aveva concluso il periodo di lavoro in miniera e Calogero lo chiamò a lavorare con lui. Iniziò a guardarsi intorno. L'attività richiedeva spazi più grandi. «E poi c'erano quei furgoncini in giro che vendevano gelati e sembravano un buon affare. Così ne comprai uno, ma nè io nè mio fratello avevamo la patente. Allora assunsi un vecchietto come autista finché io non presi la patente».
I furgoncini che vendevano gelati, erano in quegli anni sinonimo di italianità . Arrivavano puntuali, sempre nei soliti posti, accompagnati da un motivo musicale italiano che richiamava i bambini. Dopo il primo furgoncino, Calogero ne comprò un altro. Nella gelateria ormai lavorava la moglie e alcuni dipendenti. Non era però ancora soddisfatto e allora comprò altri due furgoncini, denominati Mr. Soft: molto sofisticati perché erano dotati di una macchina che produceva gelato, dopo aver inserito gli ingredienti miscelati allo stato liquido.
Nell'arco di cinque anni, Calogero sviluppò un giro d'affari enorme. Nel 1962 possedeva ormai 25 furgoncini, le vendite andavano bene, ma il suo sogno non si è ancora realizzato. Decise allora di far lavorare gli autisti dei suoi furgoncini a percentuale per incrementare le entrate. «Più vendevano, più loro ed io guadagnavamo. Affittavo i furgoncini anche agli amici. Se qualcuno non mi poteva pagare il deposito per l'affitto, gli facevo un prestito oppure li aiutavo a comprarsi un furgoncino». In questo modo, aiutando gli amici a comprarsi un furgoncino, Calogero si procurava ulteriori clienti.
Nel 1963 chiuse la gelateria, e nel 1968 vendette tutti i furgoncini. L'attività era in continua espansione e Calogero aveva bisogno di un locale più grande. Così, nel 1972, con un prestito, comprò un'ex fabbrica di materassi a Liverpool. Dopo due anni di lavori, riuscì a trasferire lì tutta la sua attività .
Gelati anche all'estero
Negli anni Ottanta i supermercati si trovano a fare concorrenza ai furgoncini nella vendita dei gelati, e lìattività di molti venditori di gelati entra in crisi. Calogero, ancora una volta, ha buon fiuto: «Io mi ero prefigurato il mio futuro: sapevo dove volevo andare», afferma con orgoglio.
Naturalmente per produrre gelati e venderli ai supermercati, la fabbrica doveva essere necessariamente ampia e dotata di tutti quei servizi che la legge prevedeva. Così Calogero decide di espandersi ancora di più. Nel 1983 acquista un'ex fabbrica che produceva bicchieri di plastica. La compra ad un prezzo modesto perché era già chiusa da tempo. Ci vogliono quattro anni per ristrutturarla e trasformarla in una fabbrica di gelati di 46 mila metri quadrati, di cui 30 mila circa occupati dagli stabilimenti.
Alla Stella products, il gelato viene prodotto dalla prima fase all'ultima: dalla miscelazione degli ingredienti, al confezionamento, fino all'imballaggio. L'azienda cura anche l'intero processo di produzione per grosse catene di supermercati diffuse su tutto il territorio inglese: Tesco, Sainsbury's, Asda, solo per citarne alcuni. «I primi tra anni sono stati i più difficili - racconta Calogero -. Mi ero indebitato con le banche, che comunque si fidavano di me perché mi conoscevano da anni e sapevano che ero onesto».
Nel 1992 l'zienda ha ormai raggiunto ottimi risultati, e nel 1996 tocca l'pice del successo in termini di ricavato grazie soprattutto alle esportazioni in Spagna e in Olanda, ma anche in Francia, Belgio e Russia. La sterlina peròsi rafforza troppo sui mercati e ad un certo punto le esportazioni crollano. «i sono comunque segnali di ripresa in questo ultimo periodo» sottolinea Calogero. Ma per lui gli affari vanno bene ugualmente: la sua azienda raggiunge tutta l'Inghilterra.
«Dopo 51 anni di vita trascorsi qui, mi sento italiano di cuore e inglese per tutto il resto. Gli inglesi mi hanno insegnato molto. Mi sono inserito benissimo in questa società . Seguo le vicende politiche ed economiche di questo Paese».
Calogero, nonostante i mille impegni, trova anche il tempo per occuparsi di volontariato: è presidente dell'Associazione Sicilia Mondo, è presidente delle Acli di Liverpool, ed è stato anche presidente del Club di Manchester. Durante una festa, organizzata da quest'ultima associazione, presso la Town Hall di Manchester, Calogero è stato avvicinato dall'ex presidente della Repubblica, Scalfaro, che ha voluto conoscere l'imprenditore italiano diventato il «re dei gelati» nel Regno Unito.