Una vita in pole position
MONTREAL
«Quale cultura rappresentano i giovani italo-canadesi?». Questa è una delle domande alle quali Gabriele Scardellato, professore di Italian-Canadian History all";Università di Toronto ha cercato di rispondere nella relazione presentata a Montréal alla Conferenza d";Area del Nord America, organizzata dalla Regione del Veneto.
Scardellato ha spiegato che il concetto base da considerare è quello del cambiamento, e ha messo in evidenza le difficoltà di trasferire ai giovani italo-canadesi di seconda generazione, un";immagine corretta della loro realtà d";origine. «Il Canada e l";Italia hanno subito radicali trasformazioni dagli anni Sessanta in poi. Aspetti di tradizioni e culture differenti si sono incontrate» e hanno reso il Canada com";è oggi: un esempio di multiculturalismo. «Prima l";emigrazione non era un fatto da sbandierare con orgoglio "; prosegue Scardellato "; perché era generata dalla lotta per la sovravvivenza. Ora i giovani sono fieri e orgogliosi delle loro radici e ricercano simboli culturali moderni con i quali identificarsi». Quali essi siano lo abbiamo voluto capire dai giovani stessi che numerosi sono giunti a Montréal da tutti gli angoli del Canada.
«Ogni volta che vado in Italia, mi ritrovo ad essere etichettata come l";";americana";, e qui in Canada come l";";italiana"; "; spiega Sabrina Perizzolo, 19 anni vicepresidente della Gioventù Veneta di Vancouver, associazione che raggruppa 100 giovani italo-canadesi al di sotto dei 30 anni ";. Comunque non ho dubbi: mi sento italiana e quando ci sono le Olimpiadi tifo per l";Italia. Sono stata cresciuta con i valori tipici dell";Italia degli anni Sessanta: famiglia, lavoro, casa e chiesa e ne sono orgogliosa. Il Canada è come un mosaico, uno stato aperto alle differenze. A scuola si è liberi di essere ciò che si vuole, la gente apprezza la lingua, il cibo, lo stile italiano. Un giorno spero di sposare un italo-canadese: sarebbe più semplice instaurare una relazione avendo come punti di partenza gli stessi valori».
Le fa eco Rosalia La Corte, 24 anni pittrice di Toronto, laurea in Fine Arts con specializzazione in Museum Management e Curatorship: «desidero sposare un italo-canadese o un uomo d";origini italiane, anche se non mi piace il tradizionale ruolo riservato alla donna nella mentalità italiana. Sono nata in Canada da madre veneta e padre siciliano e non mi identifico con nessuna delle tradizioni canadesi. Mi sento pienamente italiana e questo è dovuto all";educazione che mi è stata impartita: l";italiano come prima lingua, le tradizioni, la chiesa, il cibo. Il baccalà¡, la Befana, la pasta "; solo per citarne alcune "; sono piccolezze ma allo stesso tempo delle grandi differenze rispetto al modo di vita canadese». Rosalia aggiunge: «Woodbridge, quartiere di Toronto, ha un";altissima concentrazione d";italiani, e durante la Coppa del mondo di calcio le bandiere tricolori sventolano ovunque».
Anche Lorenzo Bisinella, 35 anni, architetto di Montréal, trova in questo delle similitudini: «St. Leonard è il quartiere con la più grande concentrazione d";italiani a Montréal. A scuola eravamo tutti italiani, così come lo erano tutti i miei amici. Qui in Quebec non mi vergogno di parlare in francese con un accento italiano, e sono fiero di sentirmi tale. Dell";Italia mi interessa la storia, la cultura, l";architettura ma anche il mangiare e la moda». Tra i valori Lorenzo cita la famiglia, il lavoro e l";educazione. «Soprattutto il valore della famiglia, nel termine più allargato, ci differenzia dai canadesi. La lingua, comunque, è il più importante ed efficace metodo per non perdere la propria identità », e per trasmettere alle prossime generazioni una cultura solida e rispettata, «per questo oggi parlo a mia figlia, di 4 anni, sempre e solo in italiano».
Su questa tematica Joseph Artuso, 24 anni di Vancouver, si rammarica di non avere una corretta padronanza dell";italiano stesso «quello che mi fa sentire meno italiano è la lingua! "; esclama Giuseppe "; il limitato italiano che posseggo l";ho imparato in famiglia, non l";ho mai studiato a scuola, ed è forse più dialetto che altro. Comunque mi sento italiano, valori quali il lavoro, il senso del sacrificio, la famiglia» intesa come unione e cellula sociale «sono valori culturali tipicamente italiani che ci differenziano dai coetanei canadesi».
Chi del dialetto va invece orgogliosa è Nica Giacomin, giovane insegnante di Calgary. «Parole dialettali come schéi, tacuin, scios (soldi, portafoglio, lumache) fanno parte del mio bagaglio culturale, e anzi quando qualcuno mi chiede da dove vengo rispondo che mangio polenta», per meglio definire l";identità regionale d";origine "; ammette Nica con un sorriso ";. «Ho instaurato uno stretto rapporto con i nonni di Belluno: sono andata a trovarli nove volte e ho già programmato la prossima visita».
«Sono sorpreso che a questo incontro molti parlino in inglese "; dichiara Frederic Valeri, 31 anni "; la lingua è il veicolo culturale più importante. Utilizziamola quando è possibile». Frederic, pragmatico ingegnere di Montréal, ammette che alle parole preferisce i fatti: «si deve agire non parlare, certe frasi si ripetono da ormai dieci anni». Sul concetto di identità , Frederic sottolinea l";importanza di un corso di cultura italiana a cui aveva partecipato a Vicenza nel 1996, e aggiunge: «noi italo-canadesi ci sentiamo italiani, molto più italiani di un italo-americano». Il melting-pot statunitense, negazione del multiculturalismo canadese, che pure è un esperimento avanzato d";integrazione, tende ad annullare gli elementi culturali distintivi.
«I Canadesi copiano un po"; troppo gli americani, "; dichiara Gerrardo Lumia, 40 anni di Toronto "; essere un italo-canadese significa essere, come un bambino nato da madre italiana e da padre canadese, un po"; entrambi ma senza una reale confusione. È importante tuttavia avere il supporto e l";aiuto dei genitori».
Concludiamo con l";esperienza di Oscar Cattapan, 37enne architetto di Toronto ma residente in Italia da 14 anni. «Sono partito dal Canada verso l";Italia per motivi di studio. Ho scelto di fare la facoltà di Architettura a Venezia, al fine di comprendere e vivere al meglio la mia professione. In Canada avevo un";impostazione anglosassone nella società ma con delle sfumature italiane, il buon gusto latino, e ciò non ha mai creato confusione. Personalmente mi sono sempre confrontato con altre culture. Molti amici erano ebrei, indiani, africani; un dialogo vissuto con un atteggiamento di reciproca curiosità . In Italia invece l";inizio è stato difficile. Ho fatto l";errore di considerarmi italiano e ciò ha creato qualche incomprensione. Le persone non capivano le mie difficoltà linguistiche, credevano fossi un po"; ritardato "; aggiunge Oscar ";. Sfortunatamente in Italia dell";esistenza di comunità italiane all";estero c";è una conoscenza troppo superficiale». Tra i valori cita «il dialogare, l";essere uniti familiarmente, il rimboccarsi le maniche, l";importanza dei valori cristiani quale il rispetto per gli altri e l";aiuto verso il prossimo. La sfortuna dei miei genitori d";emigrare all";estero "; conclude "; è diventata ora la mia fortuna». Ed è proprio questa doppia valenza, questo poter scegliere, dove vivere e dove lavorare, che innalza i giovani oriundi ad un ruolo di attori primari nel contesto della società moderna.