Quel tricolore che luccica d'oro
Era la notte del 9 luglio di quest’anno quando Fabio Cannavaro alzava la Coppa del Mondo verso il cielo, mentre l’Olympia Stadium di Berlino si riempiva di mille coriandoli bianchi scintillanti. È stato il momento del trionfo degli azzurri del calcio, la vittoria in cui, all’inizio dell’avventura mondiale, nessuno credeva, complice lo scandalo senza precedenti che aveva coinvolto i maggiori club italiani. Invece gli uomini di Marcello Lippi, toscanaccio che ha sempre risposto alle critiche a muso duro, ce l’hanno messa tutta e ce l’hanno fatta! Non abbiamo visto il calcio più spettacolare, le triangolazioni più pirotecniche, i passaggi ad effetto, ma gli avversari non hanno messo la palla in rete, eccezion fatta per i rigori della finale.
Il trotterellante e onnipresente Cannavaro, l’ineccepibile Buffon e il gladiatore Ringhio Gattuso hanno chiuso gli attacchi avversari senza appello. A fare gol ci hanno pensato praticamente tutti: da un Totti grintoso contro l’Australia, a Grosso e Del Piero ad un soffio dai rigori nella semifinale contro la Germania. E, soprattutto, i nostri azzurri non hanno perso lucidità, freddezza e concentrazione nel momento più delicato: ai rigori nella finale contro la Francia hanno segnato senza sbagliare. È stato il trionfo, il sigillo di un’annata cominciata sotto il segno delle Olimpiadi invernali di Torino. I giochi sono tornati in Italia quarant’anni dopo quelli di Cortina che inaugurarono le prime trasmissioni a colori della Rai e fecero conoscere la «perla delle Dolomiti» in tutto il mondo, e hanno visto il trionfo del tricolore anche quando nessuno se l’aspettava.
Una conferma è arrivata da Armin Zöggeler, il carabiniere di Foiana, in provincia di Bolzano, con un palmarés nello slittino che tutto il mondo ci invidia: 5 titoli mondiali, 5 coppe del mondo e 4 medaglie olimpiche nelle ultime 4 edizioni dei giochi. Anche stavolta, sulla pista di Cesana, ha conquistato l’oro battendo per un soffio il russo Demtschenko, e guadagnandosi il soprannome di «Arminator» o «Il Cannibale».
La sorpresa più emozionante è arrivata dal pattinaggio di velocità su pista lunga: Enrico Fabris, veneto di Roana, sull’Altopiano di Asiago, prima ha vinto il bronzo nella 5 chilometri, poi, con i compagni di squadra Anesi, Donagrandi e Sanfratello, ha trascinato la squadra italiana all’oro nell’inseguimento e, alla fine, nei 1.500 metri, ha vinto il titolo olimpico. Così il venticinquenne della provincia di Vicenza, oggi è l’azzurro che ha vinto più medaglie in campo maschile in un’unica edizione dei giochi.
Anche gli uomini dello sci di fondo hanno fatto valere la loro esperienza e la loro maturità agonistica. Nella staffetta 4 per 10 chilometri, a Pragelato, i veneti Fulvo Valbusa e Pietro Piller Cottrer, il friulano Giorgio di Centa e il trentino Cristian Zorzi hanno battuto Germania e Svezia con un largo margine. Tanto che Zorzi, dopo l’ingresso trionfale allo stadio del fondo, ha avuto il tempo di fermarsi per ricevere una bandiera tricolore e tagliare indisturbato il traguardo nel tripudio generale.
L’ultima medaglia, preziosa e inattesa, è arrivata di nuovo dallo sci di fondo, e proprio nell’ultima gara olimpica, la 50 chilometri di fondo a tecnica libera. Nella massacrante maratona ce l’ha fatta ancora Giorgio di Centa, il carabiniere di Treppo Carnico, fratello di Manuela, la ragazza d’oro degli sport invernali italiani e l’atleta che tuttora detiene il record dell’atleta più medagliato ai giochi. Proprio Manuela l’ha premiato, e gli ha infilato al collo la medaglia d’oro con un commovente abbraccio durante la cerimonia di chiusura di Torino 2006.
Passando all’estate, il tricolore è sventolato per 11 volte sul pennone degli Europei svoltisi a Budapest, e 5 volte è arrivato al vertice del podio. Il primo titolo continentale tinto d’azzurro, se l’è conquistato nei 400 misti Alessia Filippi, la giovane romana che poi ha agguantato anche il bronzo nei 200 misti.
Filippo Magnini, il pesarese campione iridato in carica, ha riconfermato il titolo europeo di Madrid nei 100 stile libero, è giunto terzo nei 200 stile libero, e ha vinto sia con la staffetta 4 per 200 stile libero, sia con la 4 per 100 stile libero: salendo sul podio ha indossato un mantello tricolore e ora viene soprannominato il re «Magno».
Alessandro Terrin, veneto di Camponogara, ha conquistato l’oro nei 50 rana ex-aequo con il primatista mondiale ucraino. Questi ragazzi li rivedremo a breve a difendere le loro vittorie a suon di tuffi e bracciate in Australia: dal 17 marzo al 1° aprile 2007 sono infatti in programma a Melbourne i campionati mondiali.
A settembre altre imprese inaspettate per l’Italia. Francesca Schiavone, Flavia Pennetta, Roberta Vinci e Mara Santangelo, le azzurre del tennis guidate da Corrado Barazzutti, hanno conquistato per la prima volta la Fed Cup a Charleroi, in Belgio, battendo le ostiche padrone di casa guidate da Justin Henin, da tempo ai vertici delle classifiche mondiali. La coppa è l’equivalente femminile della Coppa Davis che manca nel nostro paese da trent’anni, cioè dai tempi di Adriano Panatta, e le intrepide ragazze se la sono aggiudicata giocando sempre fuori casa: dettaglio tutt’altro che trascurabile.
Ad un settimana di distanza è stata la volta del ciclismo: a Salisburgo Paolo Bettini ha vinto il mondiale su strada. «Il Grillo» livornese, già campione olimpico ad Atene, ha surclassato gli avversari allo sprint a poche centinaia di metri dal traguardo, regalando al nostro paese il 17° titolo mondiale.
Il 1° ottobre è stata la volta della scherma con l’oro iridato di Margherita Granbassi, la ventisettenne triestina che da anni combatte all’ombra di due campionesse plurimedagliate come Valentina Vezzali e Giovanna Trillini. A Torino le ha messe in fila entrambe, battendo in finale il «Cobra» Vezzali, lasciandosi alle spalle un lungo periodo costellato da infortuni e delusioni e regalando al nostro Paese un podio tutto tricolore.
In ottobre è stata la volta dell’altra Ferrari, uno scricciolo dalla volontà ferrea che di nome fa Vanessa. Nata sedici anni fa a Orzinuovi, in provincia di Brescia, Vanessa Ferrari abita a Genivolta, nel cremonese, e da lì ogni mattina raggiunge in pullman la palestra di Brescia dove si allena. Galia, la sua mamma, è bulgara e ha capito molti anni fa lo straordinario talento della ragazzina per la ginnastica artistica. Così, sacrifici dopo sacrifici, volteggiando in una piccola palestra che è una piscina dismessa, Vanessa è riuscita a salire sul tetto del mondo vincendo il concorso generale ai Mondiali di Aarhus, in Danimarca. Non basta. Al collo ha anche 2 medaglie di bronzo nelle parallele asimmetriche e nel corpo libero: un bilancio senza paragoni nella storia della ginnastica italiana.
Avvolta nel tricolore, sul podio, Vanessa si è emozionata quando lo speaker ha annunciato il suo nome aggiungendo «campionessa del mondo». Ma questo per la ginnasta lombarda è solo un punto di partenza: per la sua prestazione si è data un voto, ma è solo un 7, e ora non vuole distrarsi: continua le gare e la scuola, ma punta dritta alle Olimpiadi di Pechino dove il confronto con le asiatiche sarà feroce.
Consegniamo idealmente a questa Ferrari, alla sua forza di allenarsi 30 ore la settimana, alla sua grinta e alla sua lucidità in gara, le speranze per un 2007 sotto il segno di uno sport azzurro ancora vincente.