Il bambino che voleva volare
Rolim Adolfo Amaro, un oriundo italiano partito dal nulla, ha svolto un ruolo di primo piano nello sviluppo dell'aviazione civile in Sud America.
16 Maggio 2008
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San Paolo
A volte i nostri sogni di bambini si trasformano in realtà. Ma per raggiungerli bisogna crederci, inseguirli e coltivarli. Così è stato per Rolim Adolfo Amaro, discendente di emigrati italiani trapiantati nello Stato di San Paolo, in Brasile, il quale fin da piccolo aveva coltivato il sogno di volare.
Rolim nasce nel settembre del 1942 a Pereira Barreto, nell’estremo nordovest paulista, ai confini con il Mato Grosso. Da bambino si affeziona allo zio materno Joaquim, personaggio assai stravagante e pieno di allegria. Nel 1948, quando Rolim aveva sei anni, zio Joaquim compra un piccolo monomotore da 60 cavalli e quando il nipote lo vede atterrare per la prima volta nel campo sportivo a poche centinaia di metri da casa, ne rimane folgorato. Il profumo della benzina da 100 ottani, il rombo del motore, il librarsi in aria del piccolo velivolo suscitano in quel bambino un’emozione che non lo abbandonerà mai più. Nel 1952 l’amato zio muore proprio in un incidente aereo e da quel momento tutto ciò che aveva a che fare con l’aviazione diventa argomento severamente proibito in casa Amaro.
Gli anni dell’adolescenza non sono facili. Il padre di Rolim passa da una disavventura finanziaria a un’altra, e pertanto le condizioni economiche della famiglia subiscono un tracollo costringendo i figli ad andare a lavorare quando sono poco più che ragazzi.
Rolim va a fare l’apprendista meccanico presso una concessionaria di auto, e in seguito il rappresentante di bibite: un lavoro che gli permette di guadagnare qualcosa in più. Con i risparmi compra a rate una fiammante Lambretta che venderà quasi subito per inseguire il suo sogno, nonostante le proibizioni della famiglia: diventare pilota d’aereo. Ma lo scooter non basta per pagare le 45 ore di volo necessarie a ottenere il brevetto, e allora l’intraprendente giovanotto d’origine italiana vende tutti gli oggetti personali di valore che ha, e si adatta a fare mille altri lavori per raggranellare il denaro necessario. Nelle poche ore libere frequenta assiduamente l’Aeroclub di Catanduva dove, pur di restare a tu per tu con le «macchine volanti», si offre di aiutare gratuitamente i piloti nella manutenzione dei mezzi: cambia l’olio, lava le scocche, gonfia le gomme, controlla le batterie… E nel contempo legge tutto ciò che concerne gli aerei, in particolare i manuali con i referti ufficiali degli incidenti (affatto rari in quel periodo), analizzandone con attenzione le possibili cause e gli errori dei piloti.
Per Rolim Adolfo Amaro l’ottenimento del brevetto non è che il primo passo di una fulgida carriera alla cloche di un aereo. Il Brasile di quei primi anni Sessanta è un Paese dalle enormi risorse naturali – situate fra gli Stati di San Paolo, Minas Gerais e Mato Grosso – in gran parte ancora da sfruttare. Protagonisti di quell’epoca pionieristica sono i grandi proprietari terrieri che cercano di rendere coltivabili i loro possedimenti nel cuore del Paese. Ma per fare questo bisognava trasportare uomini, bestie e materiale in mezzo a terre ancora inesplorate e assolutamente isolate dal resto del Brasile. L’unico modo per raggiungerle erano degli aerei leggeri e maneggevoli in grado di atterrare ovunque. Si volava a vista, e solo piloti dotati di grande capacità e sangue freddo erano in grado di atterrare in quelle condizioni. Rolim era uno di questi.
La sua carriera di «taxista fra le nuvole» inizia quando egli non ha nemmeno 20 anni, e prosegue negli anni successivi fra un’incredibile serie di atterraggi d’emergenza, voli fatti in condizioni proibitive, aerei che rimangono in panne. Ma quella vita avventurosa a Rolim piace, anche se si prende la malaria (sia nella forma più blanda che in quella più acuta) ben sette volte.
Il 1964 è segnato da due incontri che saranno fondamentali nella vita del giovane pilota: s’innamora di Noemy, che diventerà due anni più tardi sua sposa, e conosce Orlando Ometto, che già all’epoca era il primo produttore al mondo di canna da zucchero, con proprietà che si espandevano per mezzo milione di ettari.
Per poter gestire con più agilità i suoi affari, Ometto aveva deciso di rilevare il 50% di una piccola compagnia aerea chiamata TAM, e Rolim viene chiamato a far parte del gruppo dei piloti. Inutile dire che anche nel nuovo incarico il nostro si fa notare per la sua spavalderia e per una gran voglia di emergere.
Sono anni in cui vola 150 ore al mese (la legislazione dell’epoca fissava a 70 il tetto massimo delle ore di volo consentite) con picchi di 35 decolli al giorno. I motori degli aerei che pilotava, che normalmente avevano una vita di 4-5 anni, duravano neanche 6 mesi. Rolim comincia a guadagnare un buon salario, e con quei soldi frequenta un corso per pilotare aerei più sofisticati, dotati di strumentazione. Tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta, Rolim Adolfo Amaro, dopo essersene andato dalla TAM e aver lavorato per almeno altre 4 piccole compagnie di taxi aereo, riesce a coronare il sogno di avere un Cessna-170 tutto suo, e assieme al fratello João torna a mettersi al servizio dei grandi latifondisti. Ma questa volta in proprio.
Nelle fazende in mezzo alla foresta trasportava poveri braccianti provenienti dal nordest; uomini sottopeso, malnutriti e senza bagaglio. Siccome il Cessna era omologato per 5 passeggeri con i rispettivi bagagli, per un totale di 600 chilogrammi, Rolim aveva escogitato il sistema di togliere i sedili dall’aereo, e di trasportare anche 10 persone alla volta, senza superare il peso massimo di carico. Far volare il doppio dei passeggeri significava guadagnare il doppio. È così che alla flotta si aggiungono ben presto un Cessna-170 e un 206, naturalmente di seconda mano.
All’inizio degli anni Settanta, Rolim viene avvicinato nuovamente da Orlando Ometto. Il grande produttore di canna da zucchero, troppo impegnato nel suo business principale, aveva bisogno di una persona di fiducia per gestire la pur piccola TAM, e così offre al temerario pilota l’opportunità di entrare in società. Qualche anno più tardi, nel 1977, riuscirà a diventarne socio di maggioranza.
Il decennio successivo è costellato da una serie di difficoltà. Il regime militare dell’epoca considerava l’aviazione civile un «affare di stato», e non c’era posto per compagnie che non operassero sotto l’egida del governo. Ma Rolim, con molta tenacia, riesce a ricavarsi un suo spazio. Negli anni Novanta, la TAM inizia la grande ascesa nel trasporto aereo nazionale grazie, ancora una volta, a un’intuizione del suo presidente. In un mercato aereo ancora profondamente caratterizzato da compagnie statali o parastatali per le quali il passeggero era nient’altro che un posto assegnato su un aereo, Rolim fonda tutta la sua filosofia commerciale sul rispetto per il cliente. I passeggeri, per lui, sono prima di tutto persone. Persone che si spostano da una parte all’altra del Paese per motivi di lavoro o di svago, ma comunque persone che hanno pagato, e hanno diritto a un ottimo servizio. Questo spiega il fatto che, soprattutto nei primi tempi, negli aerei della TAM da cento e più posti volassero anche solo poche decine di persone. Quelle persone avevano dato la loro preferenza alla TAM. E Rolim considerava ingiusto, oltre che controproducente, deluderle. Il comandante Rolim si presentava ogni mattina al check-in dell’aeroporto per parlare con i suoi clienti, per omaggiarli, aiutandoli personalmente anche a caricare i bagagli sul nastro trasportatore. E poi il famoso «tappeto rosso» steso ai piedi degli aerei, e il programma «Parla con il presidente»: una linea diretta attraverso la quale i clienti potevano rivolgersi direttamente al proprietario della TAM. Gesti umili, semplici, ma che hanno inciso molto sul successo della compagnia.
La TAM, guidata oggi da David Barioni Neto, anche lui pilota e anche lui di ascendenze italiane, effettua 750 voli al giorno con 150 aerei, ha 22 mila dipendenti e fattura 5 miliardi di dollari l’anno. Con questi numeri, è la maggiore compagnia dell’emisfero Sud del mondo.
Il comandante Rolim non c’è più. Se n’è andato – e non poteva essere diversamente – in un tragico volo di elicottero nel luglio del 2001. Il libro sulle sue mille avventure, dal titolo O sonho brasileiro, scritto da Thales Guaracy, è diventato un bestseller in Brasile.
A volte i nostri sogni di bambini si trasformano in realtà. Ma per raggiungerli bisogna crederci, inseguirli e coltivarli. Così è stato per Rolim Adolfo Amaro, discendente di emigrati italiani trapiantati nello Stato di San Paolo, in Brasile, il quale fin da piccolo aveva coltivato il sogno di volare.
Rolim nasce nel settembre del 1942 a Pereira Barreto, nell’estremo nordovest paulista, ai confini con il Mato Grosso. Da bambino si affeziona allo zio materno Joaquim, personaggio assai stravagante e pieno di allegria. Nel 1948, quando Rolim aveva sei anni, zio Joaquim compra un piccolo monomotore da 60 cavalli e quando il nipote lo vede atterrare per la prima volta nel campo sportivo a poche centinaia di metri da casa, ne rimane folgorato. Il profumo della benzina da 100 ottani, il rombo del motore, il librarsi in aria del piccolo velivolo suscitano in quel bambino un’emozione che non lo abbandonerà mai più. Nel 1952 l’amato zio muore proprio in un incidente aereo e da quel momento tutto ciò che aveva a che fare con l’aviazione diventa argomento severamente proibito in casa Amaro.
Gli anni dell’adolescenza non sono facili. Il padre di Rolim passa da una disavventura finanziaria a un’altra, e pertanto le condizioni economiche della famiglia subiscono un tracollo costringendo i figli ad andare a lavorare quando sono poco più che ragazzi.
Rolim va a fare l’apprendista meccanico presso una concessionaria di auto, e in seguito il rappresentante di bibite: un lavoro che gli permette di guadagnare qualcosa in più. Con i risparmi compra a rate una fiammante Lambretta che venderà quasi subito per inseguire il suo sogno, nonostante le proibizioni della famiglia: diventare pilota d’aereo. Ma lo scooter non basta per pagare le 45 ore di volo necessarie a ottenere il brevetto, e allora l’intraprendente giovanotto d’origine italiana vende tutti gli oggetti personali di valore che ha, e si adatta a fare mille altri lavori per raggranellare il denaro necessario. Nelle poche ore libere frequenta assiduamente l’Aeroclub di Catanduva dove, pur di restare a tu per tu con le «macchine volanti», si offre di aiutare gratuitamente i piloti nella manutenzione dei mezzi: cambia l’olio, lava le scocche, gonfia le gomme, controlla le batterie… E nel contempo legge tutto ciò che concerne gli aerei, in particolare i manuali con i referti ufficiali degli incidenti (affatto rari in quel periodo), analizzandone con attenzione le possibili cause e gli errori dei piloti.
Per Rolim Adolfo Amaro l’ottenimento del brevetto non è che il primo passo di una fulgida carriera alla cloche di un aereo. Il Brasile di quei primi anni Sessanta è un Paese dalle enormi risorse naturali – situate fra gli Stati di San Paolo, Minas Gerais e Mato Grosso – in gran parte ancora da sfruttare. Protagonisti di quell’epoca pionieristica sono i grandi proprietari terrieri che cercano di rendere coltivabili i loro possedimenti nel cuore del Paese. Ma per fare questo bisognava trasportare uomini, bestie e materiale in mezzo a terre ancora inesplorate e assolutamente isolate dal resto del Brasile. L’unico modo per raggiungerle erano degli aerei leggeri e maneggevoli in grado di atterrare ovunque. Si volava a vista, e solo piloti dotati di grande capacità e sangue freddo erano in grado di atterrare in quelle condizioni. Rolim era uno di questi.
La sua carriera di «taxista fra le nuvole» inizia quando egli non ha nemmeno 20 anni, e prosegue negli anni successivi fra un’incredibile serie di atterraggi d’emergenza, voli fatti in condizioni proibitive, aerei che rimangono in panne. Ma quella vita avventurosa a Rolim piace, anche se si prende la malaria (sia nella forma più blanda che in quella più acuta) ben sette volte.
Il 1964 è segnato da due incontri che saranno fondamentali nella vita del giovane pilota: s’innamora di Noemy, che diventerà due anni più tardi sua sposa, e conosce Orlando Ometto, che già all’epoca era il primo produttore al mondo di canna da zucchero, con proprietà che si espandevano per mezzo milione di ettari.
Per poter gestire con più agilità i suoi affari, Ometto aveva deciso di rilevare il 50% di una piccola compagnia aerea chiamata TAM, e Rolim viene chiamato a far parte del gruppo dei piloti. Inutile dire che anche nel nuovo incarico il nostro si fa notare per la sua spavalderia e per una gran voglia di emergere.
Sono anni in cui vola 150 ore al mese (la legislazione dell’epoca fissava a 70 il tetto massimo delle ore di volo consentite) con picchi di 35 decolli al giorno. I motori degli aerei che pilotava, che normalmente avevano una vita di 4-5 anni, duravano neanche 6 mesi. Rolim comincia a guadagnare un buon salario, e con quei soldi frequenta un corso per pilotare aerei più sofisticati, dotati di strumentazione. Tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta, Rolim Adolfo Amaro, dopo essersene andato dalla TAM e aver lavorato per almeno altre 4 piccole compagnie di taxi aereo, riesce a coronare il sogno di avere un Cessna-170 tutto suo, e assieme al fratello João torna a mettersi al servizio dei grandi latifondisti. Ma questa volta in proprio.
Nelle fazende in mezzo alla foresta trasportava poveri braccianti provenienti dal nordest; uomini sottopeso, malnutriti e senza bagaglio. Siccome il Cessna era omologato per 5 passeggeri con i rispettivi bagagli, per un totale di 600 chilogrammi, Rolim aveva escogitato il sistema di togliere i sedili dall’aereo, e di trasportare anche 10 persone alla volta, senza superare il peso massimo di carico. Far volare il doppio dei passeggeri significava guadagnare il doppio. È così che alla flotta si aggiungono ben presto un Cessna-170 e un 206, naturalmente di seconda mano.
All’inizio degli anni Settanta, Rolim viene avvicinato nuovamente da Orlando Ometto. Il grande produttore di canna da zucchero, troppo impegnato nel suo business principale, aveva bisogno di una persona di fiducia per gestire la pur piccola TAM, e così offre al temerario pilota l’opportunità di entrare in società. Qualche anno più tardi, nel 1977, riuscirà a diventarne socio di maggioranza.
Il decennio successivo è costellato da una serie di difficoltà. Il regime militare dell’epoca considerava l’aviazione civile un «affare di stato», e non c’era posto per compagnie che non operassero sotto l’egida del governo. Ma Rolim, con molta tenacia, riesce a ricavarsi un suo spazio. Negli anni Novanta, la TAM inizia la grande ascesa nel trasporto aereo nazionale grazie, ancora una volta, a un’intuizione del suo presidente. In un mercato aereo ancora profondamente caratterizzato da compagnie statali o parastatali per le quali il passeggero era nient’altro che un posto assegnato su un aereo, Rolim fonda tutta la sua filosofia commerciale sul rispetto per il cliente. I passeggeri, per lui, sono prima di tutto persone. Persone che si spostano da una parte all’altra del Paese per motivi di lavoro o di svago, ma comunque persone che hanno pagato, e hanno diritto a un ottimo servizio. Questo spiega il fatto che, soprattutto nei primi tempi, negli aerei della TAM da cento e più posti volassero anche solo poche decine di persone. Quelle persone avevano dato la loro preferenza alla TAM. E Rolim considerava ingiusto, oltre che controproducente, deluderle. Il comandante Rolim si presentava ogni mattina al check-in dell’aeroporto per parlare con i suoi clienti, per omaggiarli, aiutandoli personalmente anche a caricare i bagagli sul nastro trasportatore. E poi il famoso «tappeto rosso» steso ai piedi degli aerei, e il programma «Parla con il presidente»: una linea diretta attraverso la quale i clienti potevano rivolgersi direttamente al proprietario della TAM. Gesti umili, semplici, ma che hanno inciso molto sul successo della compagnia.
La TAM, guidata oggi da David Barioni Neto, anche lui pilota e anche lui di ascendenze italiane, effettua 750 voli al giorno con 150 aerei, ha 22 mila dipendenti e fattura 5 miliardi di dollari l’anno. Con questi numeri, è la maggiore compagnia dell’emisfero Sud del mondo.
Il comandante Rolim non c’è più. Se n’è andato – e non poteva essere diversamente – in un tragico volo di elicottero nel luglio del 2001. Il libro sulle sue mille avventure, dal titolo O sonho brasileiro, scritto da Thales Guaracy, è diventato un bestseller in Brasile.
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017