Un successo che parla italiano
Brasilia
In un frangente contrassegnato, a livello globale, da forti timori di recessione, da scarso ottimismo delle borse internazionali e dalle problematiche legate all’inarrestabile aumento del prezzo del greggio, il Brasile è una delle poche nazioni che possono guardare al futuro con molte certezze di segno positivo e poche incognite.
Il grande stato-continente sudamericano è ormai la nona potenza economica del mondo, è autosufficiente dal punto di vista energetico (grazie anche alla grande risorsa dei biocombustibili), ha un tasso di crescita che, se non ha fatto segnare i picchi registrati negli altri Paesi emergenti, ha oscillato mediamente intorno al 5% nell’ultimo quinquennio. Una percentuale che nel vecchio continente (in Italia le previsioni per il 2008 sono dello 0,8%) sarebbe già considerata un grande traguardo.
Il debito estero, che solo nel 2002 era da Paese del Terzo Mondo, non solo è stato completamente azzerato, ma il Brasile ha già accumulato, in questi ultimi anni, miliardi di dollari di riserve, che costituiscono una solida garanzia per il futuro.
Anche dal punto di vista sociale, la nazione verdeoro sta andando con il vento in poppa. Con una serie di progetti mirati e di iniziative volte a superare i cronici problemi di alcune aree del Paese (povertà e scarsa scolarizzazione in primis), milioni di famiglie sono uscite dalle sacche di indigenza e hanno abbandonato la cosiddetta «classe E», alla base della piramide sociale, tanto che la «classe C» conta oggi quasi 90 milioni di persone. L’aumentata capacità di spesa incentiva i consumi, e alimenta un volano virtuoso che contribuisce a far decollare l’economia nazionale.
Se ci fosse bisogno di ulteriori conferme, basta dare un occhio all’impressionante volume di scambi della Borsa di San Paolo – la BOVESPA – dove si negozia il 70% dei titoli di tutta l’America Meridionale. Anche qui i numeri sono da record, come da record sono i grandi investitori stranieri, i quali, soprattutto nell’ultimo triennio, hanno dimostrato di riporre molta fiducia in questo Paese, grazie anche agli incoraggianti rapporti della società di rating Standard & Poor’s.
Insomma, quando l’economia va bene, gli effetti positivi si fanno sentire un po’ in tutti i settori della società. Tutto gira per il verso giusto, anche se i problemi strutturali ancora da risolvere, in un Paese così immenso, rimangono tanti.
Tutto merito del Governo Lula? I maligni dicono che il presidente, ex sindacalista, riconfermato a furor di popolo nell’ottobre del 2006, è un uomo nato con la camicia. Che, cioè, egli abbia avuto la buona sorte di trovarsi nel posto giusto al momento giusto, arrivando a governare un Paese che stava crescendo «naturalmente».
Ma il fenomeno-Brasile non può essere spiegato solo in questi semplicistici termini. Uno dei grandi meriti di Lula è certamente quello di aver saputo mettere in campo una squadra di Governo composta da esperti che, sebbene alla loro prima esperienza alla guida di un Paese, hanno dato dimostrazione di grande preparazione e capacità politico-programmatiche.
L’aspetto interessante, per l’Italia, è che buona parte di questa squadra vincente è formata da ministri, alti funzionari e managers che hanno origini – e molto spesso anche cittadinanza – italiane.
Fra i nomi di spicco dell’entourage presidenziale c’è quello di Luiz Dulci, ministro della Segreteria generale, considerato uno degli uomini di fiducia del presidente Lula. Nato nel 1956 nel Minas Gerais, Dulci ha iniziato l’attività accademica subito dopo la laurea in lettere classiche, conseguita presso l’Università Federale di Rio de Janeiro. La sua passione per la politica lo ha visto, poco più che ventenne, fra i coordinatori dei primi grandi scioperi della Scuola. Con Lula, nei primi anni Ottanta, Dulci è stato tra i fondatori del Partito dei Lavoratori (PT), e da allora ha fatto ininterrottamente parte dell’esecutivo nazionale ricoprendo, fino al 2003, l’incarico di vice-presidente e segretario generale.
È lo stesso ministro a illustrarci, in un ottimo italiano, quanto pregnante sia la presenza di oriundi nei ruoli chiave del Paese. «A partire dalla moglie del presidente, la signora Marisa, una parte non irrilevante dell’attuale compagine governativa brasiliana ha origini italiane ed è orgogliosa di averle: mi riferisco al ministro delle Finanze, Guido Mantega, che è nato a Genova; al capo di Gabinetto, Gilberto Carvalho, di origini mantovane; al presidente del colosso petrolifero pubblico Petrobrás, Sergio Gabrielli che, se non sbaglio, è di origini calabresi… E l’elenco potrebbe continuare con decine e decine di nomi. Io stesso sono figlio di un mantovano, emigrato in Brasile quando aveva 5 anni! Questa forte presenza a Brasilia di cognomi con chiara matrice italiana, non è passata inosservata. Ricordo che quando Lula fece il suo ingresso al Palazzo del Planalto, nel gennaio del 2003, i giornalisti notarono che almeno il 40% dei ruoli chiave era occupato da discendenti di emigrati italiani. Questo ha un grande significato – prosegue il ministro – perché parecchi di quelli che oggi guidano politicamente e amministrativamente il Brasile, conoscono molto bene l’Italia, alla quale sono legati da forti vincoli di amicizia, familiari, culturali. Vincoli resi ancora più stretti perché hanno origine nel profondo dell’animo».
Quello della Segreteria generale è un Ministero strategico, nella mappa del potere disegnata da Lula. Fra le competenze più importanti in capo al ministro Dulci, molte appartengono all’area dei rapporti internazionali e alla globalizzazione. Per questo, è proprio lui la persona più qualificata a spiegare come, questi forti legami fra Italia e Brasile, potrebbero tradursi in concrete azioni politiche ed economiche.
«Da quando ha assunto la guida del Paese, il presidente Lula ha ribadito in moltissime occasioni il suo interesse per l’Italia. Al precedente presidente della Repubblica italiana, Ciampi, prima, e all’attuale presidente Napolitano, più di recente, Lula ha ricordato che il Brasile vorrebbe instaurare con l’Italia un rapporto privilegiato; un rapporto diverso e molto più intenso di quello che il nostro Paese intrattiene con le altre nazioni europee».
Da esperto politico e abile diplomatico, il ministro Dulci evita di sottolineare che questi espliciti messaggi presidenziali sono stati – finora – inascoltati, anche se lascia intendere che da una decisa svolta nei rapporti bilaterali fra Italia e Brasile ne trarrebbe beneficio soprattutto il nostro Paese.
La miopia della politica italiana, che ha dato dei timidi segnali di risveglio solo nei due anni di governo del centro-sinistra, è stata evidente anche nell’ultimo viaggio a Roma di Lula, in occasione del vertice FAO del giugno scorso. A detta di molti osservatori politici, Lula è stato inspiegabilmente «accolto» con generale noncuranza (qualcuno ha parlato di «gelo»). Eppure stiamo parlando del leader della più forte potenza emergente dell’emisfero occidentale.
Intanto il ministro Dulci continua pazientemente a tessere, con il suo stile fatto di molta discrezione e poca appariscenza, proficui rapporti con altre realtà italiane. Nella seconda metà di giugno, ad esempio, è stato ospite della Festa della Cisl, a Levico Terme, dove ha parlato ai giovani della Confederazione ribadendo l’antico patto di fratellanza con il sindacato italiano. Ma ha incontrato anche il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, al quale ha illustrato la strategia del governo brasiliano di diversificazione dei partner economici auspicando, ancora una volta, una crescita del ruolo dell’Italia.
È certo che si dovrà alla sua paziente opera se, come sembra, Lula in autunno sarà finalmente invitato in Italia dal premier Berlusconi. Sarebbe la sua prima visita ufficiale nel nostro Paese dopo sei anni di mandato presidenziale. Nonostante il Brasile – con 30 milioni di oriundi, molti dei quali ai vertici del sistema politico ed economico – sia il Paese più «italiano» del mondo, l’ultima visita ufficiale a Roma di un presidente brasiliano risale al maggio del 2002, con un presidente Cardoso a fine mandato; ma quel Brasile non era certo quello che Lula può presentare oggi.
Cinquantadue anni, più della metà dei quali trascorsi nell’impegno civile, sindacale e politico, Dulci riassume con queste parole la sua esperienza di governo: «lavorare a stretto contatto con il presidente Lula, continua ad essere un’esperienza umana e politica affascinante. Certo, l’esercizio del potere in una grande società democratica è una cosa assai complicata perché le tensioni sono enormi. Ma è molto gratificante».