La mia vita per donne e bambini
San Paolo
Negli anni Settanta ha creato i primi asili nido in Brasile, e grazie a lei la città di San Paolo oggi può vantare la più articolata rete di asili pubblici del mondo dove sono ospitati oltre 100 mila bambini. Negli anni Ottanta ha lottato per sconfiggere il regime di semi-schiavitù nel quale ancora lavoravano migliaia di braccianti nelle piantagioni dello Stato di San Paolo, e ha combattuto strenuamente contro lo sfruttamento del lavoro minorile. Ancora negli anni Ottanta ha denunciato le violenze domestiche subite dalle donne facendo in modo che il problema venisse finalmente considerato una questione di interesse pubblico.
Nei primi anni Novanta, quando era nello staff governativo dello Stato di San Paolo, è riuscita a creare, per la prima volta nella storia di quello Stato, un assessorato dedicato specificamente ai minori, all'interno del quale ha ideato il programma «SOS Criança» (in italiano «SOS Infanzia»), volto a prevenire e a combattere episodi di violenza nei confronti dei bambini.
Queste sono solo le più importanti battaglie politiche, umanitarie e sociali intraprese con successo da Alda Marco Antônio, una grande donna brasiliana le cui origini italiane (da parte di entrambi i genitori) fanno particolarmente onore al nostro Paese.
Sessantadue anni compiuti da poco, ingegnere civile ma con una lunga carriera politica alle spalle, iniziata negli anni dell'Università, Alda Marco Antônio è da qualche mese anche il primo vice-sindaco donna nella storia di San Paolo. Un primato significativo, se pensiamo che la presenza «in rosa» nel mondo politico brasiliano non supera il 10%. Se il presidente brasiliano Lula, il 9 marzo di quest'anno, ha annunciato a sorpresa che trasformerà l'attuale Assessorato Speciale alle Politiche per le Donne in un Ministero, molto lo si deve alle battaglie di Alda Marco Antônio.
Le origini italiane di questa donna battagliera che ha dedicato la sua vita alla politica, intesa nell'accezione più nobile, sono relativamente vicine nel tempo. La mamma, Caterina Aurora Licursi, è nata nel 1916 a Montegrassano, un paesino in provincia di Cosenza, da cui emigrò per il Brasile nel 1930. La famiglia di papà Domingos, invece, è originaria della provincia di Roma dove il cognome Marcantonio (che in Brasile si è trasformato in Marco Antônio) è ancora presente con una certa frequenza.
Meneghini. Oltre ad essere una delle più affermate donne brasiliane coinvolte in politica, lei è stata per molti anni leader delle donne del suo Partito. Com'è la politica brasiliana, vista dalla parte femminile?
Marco Antônio. Le donne in politica ci mettono molta più emozione, più sentimento rispetto ai colleghi maschi. La riprova è che quando sono chiamate a confrontarsi su specifici temi che riguardano da vicino la famiglia o la condizione femminile, le donne non guardano in faccia a nessuno: mettono da parte il loro credo politico, e votano solo in base alla loro coscienza. Su certe questioni, dunque, si esprimono molto compatte, indipendentemente dall'appartenenza politica.
Eletta come vice del sindaco Gilberto Kassab nelle ultime consultazioni comunali di fine 2008, lei è anche assessore all'Assistenza e allo Sviluppo sociale di San Paolo: una metropoli con una popolazione paragonabile a quella di tre regioni italiane come Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna messe insieme. Il suo Assessorato è proporzionato alle dimensioni della città: ha ben 16 mila dipendenti che operano in 1.060 tra uffici e strutture diverse. Di che cosa vi occupate in particolare?
Attualmente ci stiamo concentrando a offrire assistenza a quelle persone, di qualsiasi età, che per svariati motivi non godono di un sistema previdenziale, che hanno perso qualsiasi contatto con la famiglia d'origine e che pertanto non hanno nessuno su cui poter contare, e non dispongono di alcuna risorsa. Molte di queste persone - sto parlando di almeno 300 mila cittadini - vivono per le strade, e il compito dell'Assessorato è quello di fornire loro, attraverso delle strutture specializzate, cure mediche, assistenza amministrativa, alloggio provvisorio, alfabetizzazione e possibilità di lavoro. Per gli adolescenti, in particolare, stiamo approntando dei piani studiati appositamente per le loro esigenze in modo da poterli inserire nel mercato del lavoro, una volta raggiunta la maggiore età.
Uno dei maggiori problemi di San Paolo è quello della criminalità. Lei pensa che la violenza sia figlia della povertà?
Non credo che la povertà generi violenza, ma la diseguaglianza sociale sì. San Paolo è una grande città, caratterizzata da enormi contrasti sociali; una metropoli dove quartieri abitati da persone molto ricche confinano con aree popolate da gente poverissima. Io sono convinta che la criminalità si sconfigga con l'istruzione, e offrendo opportunità di lavoro. Il nostro Paese è passato attraverso trent'anni di crisi economiche: un lungo periodo durante il quale generazioni di brasiliani sono rimasti esclusi dall'istruzione e dal mondo del lavoro. Così si spiega perché oggi ci ritroviamo un gran numero di giovani semi-analfabeti che vivono di piccoli espedienti ai margini della società o - peggio - ingaggiati dalla criminalità organizzata. Per uscirne ci vorrà del tempo, ma lo si potrà fare solo con un'educazione di buon livello per tutti, unita allo sviluppo economico del nostro Paese.
Ben 8 dei suoi 14 progetti a favore dei minori, sono stati adottati anche da importanti organismi internazionali come ONU e UNICEF. Ce n'è uno al quale è particolarmente legata?
Direi senza dubbio l'intuizione di utilizzare l'arte, nelle sue varie forme, per tenere lontano bambini e adolescenti delle classi sociali più disagiate, dal rischio della droga e dalle mani dei trafficanti. Abbiamo provato che il teatro, le attività circensi, la danza, la musica, la pittura e la scultura sono un eccellente strumento per alimentare l'autostima e per formare i giovani. Per vederli finalmente felici, realizzati e, soprattutto, consapevoli che il destino è unicamente nelle loro mani.
Con sempre maggior frequenza, assistiamo in Italia a fenomeni di bullismo e di violenza che hanno per protagonisti gli adolescenti. L'opinione pubblica è sconcertata, e ci si chiede se le responsabilità siano di certi programmi televisivi, della scuola, dei genitori, della mancanza di modelli di riferimento. Lei cosa ne pensa?
Sono fenomeni che, purtroppo, toccano sempre più anche il Brasile. Io penso che la scuola fornisca gli strumenti del sapere e offra ai ragazzi l'opportunità di rapportarsi e confrontarsi con coetanei di diversi gruppi etnici ed estrazioni sociali. Ma è solo in famiglia che si forgia il carattere e la sensibilità dei giovani, che si impartiscono le fondamentali regole della convivenza e del rispetto per gli altri.
Un bilancio sintetico di tutti questi anni spesi al servizio della collettività?
Il bilancio è certamente positivo, soprattutto perché ho potuto lavorare esattamente dove volevo, cioè a favore delle minoranze e dei più deboli, e perché ho sempre avuto una famiglia che ha incoraggiato le mie scelte.