L'unione fa la forza
San Paolo
L’avrebbero mai detto, Angelo Ponzoni e Saul Brandalise – fondatori della Perdigão – e Attilio Fontana – patron della Sadia – che le loro aziende, da sempre rivali, un giorno si sarebbero unite, dando vita alla più grande industria avicola del pianeta? Molto probabilmente no. E invece è successo davvero, lo scorso mese di maggio, con uno storico accordo siglato a San Paolo dal presidente della Perdigão, Nildemar Secches, e da Luiz Fernando Furlan per la Sadia.
Storie parallele, quelle della due ditte tricolori, che ora confluiranno nella «Brasil Foods», una delle prime dieci aziende al mondo nel settore alimentare, con 50 stabilimenti, 35 centri di distribuzione, 120 mila dipendenti e 2 mila prodotti diversi, per un fatturato di oltre 10 miliardi di dollari. Ma, soprattutto, storie che profumano ancora una volta d’Italia, di pionierismo industriale, coraggio e ampia visione imprenditoriale.
La Perdigão
È il 18 agosto del 1934 quando, nella cittadina di Vilas das Perdizes, oggi Videira, nello Stato di Santa Catarina, due famiglie di emigrati italiani fondano la «Ponzoni, Brandalise & Cia». La piccola società, che agli esordi si occupava di commercio di generi alimentari, sul finire degli anni Trenta inizia ad allevare e macellare suini. Un’attività che, solo un decennio più tardi, sarà già in grado di lavorare 100 capi di bestiame al giorno.
Nel 1958, l’Azienda cambia ragione sociale in «Perdigão S. A. Comércio e Indústria». Quindi, nei primi anni Sessanta, vengono installati, direttamente in fabbrica, degli avveniristici laboratori per il controllo fisico-chimico e microbiologico dei prodotti, quello che oggi viene chiamato «controllo di qualità». Nel frattempo la Perdigão cresce senza sosta. Alla produzione di carni suine si aggiunge quella del pollame che, dalla fine degli anni Settanta, viene esportato anche in Europa, oltre che in Nord America e nei Paesi arabi.
Nei primi anni Novanta, tuttavia, l’azienda entra in una grave crisi di liquidità, dovuta, molto probabilmente, alle cattive scelte manageriali compiute nel passato: dall’aumento a dismisura degli oneri finanziari agli scarsi investimenti nello sviluppo di nuovi prodotti, con il risultato di una capacità produttiva limitata. La famiglia Brandalise è costretta a cedere il passo e vende il pacchetto azionario ad alcuni fondi di investimento brasiliani. La nuova gestione, improntata al rigore manageriale, attua una profonda ristrutturazione societaria che produce i suoi effetti già negli anni immediatamente successivi. Così il prestigioso marchio torna agli antichi fasti. Non solo. Dal 2000 a oggi si rende protagonista di una seconda, straordinaria «giovinezza». Un recupero compiuto grazie all’apertura di nuove unità produttive, all’acquisto di importanti aziende agroalimentari e all’espansione del mercato estero, oltre che alla diversificazione dei prodotti. Alle carni, infatti, vanno ad aggiungersi pesce, pizze e piatti surgelati, cibi preconfezionati, latticini e dolci.
La Sadia
Dall’altra parte c’è la storia della Sadia, fondata il 7 giugno del 1944 da Attilio Fontana a Concórdia, una cittadina distante solo un centinaio di chilometri da quella dove era nata, un decennio prima, l’impresa di Ponzoni e Brandalise.
L’allora quarantaquattrenne Fontana rileva un piccolo spaccio di alimentari. Anche lui, come i due italiani della Perdigão, avvia quasi subito un’attività di macellazione e lavorazione delle carni suine, che le abili mani dei suoi artigiani trasformano in prosciutti, salami, coppe, pancette, salsicce e lardo.
Tuttavia, Fontana si rende conto sin da subito che la sua azienda non può limitarsi a guardare solo al mercato regionale. Negli anni Cinquanta, infatti, il Brasile vive un’enorme espansione demografica, soprattutto sull’asse Rio de Janeiro-San Paolo. Pertanto, proprio in quell’area, si va formando il più interessante bacino di consumatori dell’intero Sud America. Aprire un centro di distribuzione a San Paolo non è poi così difficile. La cosa complicata, però, è trasportare prodotti freschi e facilmente deperibili a migliaia di chilometri di distanza, in un’epoca in cui non esistono ancora né i camion frigoriferi, né una rete stradale all’avanguardia. Per giungere a San Paolo da Concórdia, in quegli anni, servono almeno tre o quattro giorni di viaggio. L’unico mezzo idoneo per abbreviare i tempi resta l’aeroplano. E così, l’intraprendente Fontana non ci pensa due volte e mette in piedi un vero e proprio «ponte aereo» fra il Sud del Brasile e lo Stato di San Paolo. Negli anni Cinquanta e Sessanta inizia, dunque, la crescita dell’azienda, grazie anche a nuovi prodotti, come le carni bovine e avicole, e a nuovi insediamenti industriali, alcuni dei quali decentrati in importanti aree del vastissimo territorio brasiliano. Sono gli anni nei quali si comincia a guardare anche al mercato estero, pur con una certa timidezza.
Il miracolo economico brasiliano degli anni Settanta contribuisce alla straordinaria espansione della Sadia, che a fine decennio diventa leader nazionale nelle esportazioni. L’anno cruciale è il 1976. Attilio Fontana crea una Fondazione previdenziale, attiva ancora oggi e che porta il suo nome. Scopo dell’ente no profit, ora che la Sadia inizia ad avere migliaia di dipendenti, è quello di offrire loro, sia in attività che in pensione, un buon tenore di vita. Proprio in quell’anno, poi, il nipote prediletto di Fontana inizia a collaborare con l’azienda Luiz Fernando Furlan. Dopo alcuni anni di gavetta, diventerà dapprima vicepresidente esecutivo e poi presidente del grande gruppo agroalimentare.
Attilio Fontana muore il 15 marzo del 1989 e sarà ricordato come uno dei più grandi imprenditori brasiliani di tutti i tempi. Nel passato più recente, la Sadia, tornata nel frattempo sotto la guida di Luiz Fernando Furlan, dopo la parentesi come ministro dell’Industria e del Commercio Estero nel primo governo Lula, ha alternato fasi di sviluppo a momenti di crisi. Questi ultimi dovuti alle recenti ripercussioni delle vicende finanziarie statunitensi.
La fusione
È, con tutta probabilità, per questo motivo che qualche mese fa l’ex ministro, di origini trevisane, ha deciso di mettere finalmente insieme i due colossi agroalimentari, in ossequio al detto: «l’unione fa la forza». Dunque è proprio Furlan il regista di questa storica fusione, annunciata almeno cinque volte negli ultimi dieci anni e fino a ieri mai giunta veramente al capolinea. «Sono convinto – confessa – che stiamo creando un vero e proprio gigante nel settore alimentare, il maggior “datore di lavoro” privato di tutto il Brasile. Un’impresa brasiliana al cento per cento, che diventerà, in breve tempo, il maggior produttore di carni lavorate del pianeta». Dopo i necessari nulla osta dell’antitrust brasiliano e dell’unione dei consumatori, il colosso sta iniziando a muovere i suoi primi passi. Il primo sarà un’offerta pubblica di azioni, stimata in un miliardo e mezzo di dollari. Sugli scaffali dei supermercati, invece, non cambierà nulla, dal momento che i due popolarissimi marchi continueranno a essere impressi sulle rispettive confezioni. «Ora dobbiamo lavorare molto sulla logistica legata alle esportazioni – prosegue Furlan – ottimizzando i trasporti via nave e i magazzini. Dobbiamo essere pronti a spingere sull’acceleratore non appena la crisi mondiale si attenuerà. Mediante l’aumento delle vendite saremo in grado di creare molti nuovi posti di lavoro».
Lo storico accordo, del resto, ha avuto la benedizione del presidente Lula ed è stato salutato con grande soddisfazione anche dal presidente della Perdigão, Nildemar Secches, il quale, facendo riferimento alla storica rivalità fra i due marchi, ha affermato: «Il tempo dei coltelli è finito per sempre. Ora sarà solo amore». Chissà come la vedrebbero Angelo Ponzoni, Saul Brandalise e Attilio Fontana?