La forza dei Trentini nel Mondo
Trento è oggi una delle più floride e ricche province italiane. Lo è grazie all’autonomia di cui gode dal 1972 (assieme a Bolzano, l’altra Provincia del Trentino-Alto Adige), ma soprattutto per il carattere della sua gente. È vero che i trentini sono considerati un popolo un po’ chiuso, schivo, di poche parole (caratteri tipici della gente di montagna), ma è altrettanto vero che si tratta di gente coriacea, laboriosa e coraggiosa che ha sopportato, nel corso dei secoli, il disagio di vivere in un territorio di confine, i drammi di due guerre mondiali vissute in prima linea e i distacchi dell’emigrazione.
Montanari sì, ma di «cervello fino», negli ultimi decenni i trentini hanno saputo trasformare un territorio impervio in grandi opportunità di sviluppo per tutti: così, ad esempio, sono fiorite la coltivazione delle mele (il 60 per cento della produzione nazionale è raccolto in Trentino), la produzione vitivinicola e quella lattiero-casearia. Nell’industria, che oggi occupa più di 1/3 della popolazione attiva, si è sviluppato con successo il modello «triveneto» delle piccole e medie aziende. Attraverso politiche incentivanti sono, comunque, arrivate anche importanti industrie multinazionali. I borghi di montagna, altrimenti destinati a scomparire, si sono trasformati in rinomate località turistiche che hanno portato nuove opportunità di lavoro e di sviluppo. Nel commercio, nei servizi e nel terziario avanzato il Trentino ha tratto ogni vantaggio possibile dal fatto di essere la principale porta di ingresso verso l’Austria e l’opulenta Baviera.
Non è, allora, esagerato affermare che, se un emigrante trentino partito all’inizio del Novecento tornasse oggi nei luoghi di origine, rimarrebbe sbalordito dal grado di sviluppo raggiunto.
Difficile dire quanta gente abbia lasciato il Trentino negli ultimi 135 anni e, ancor più difficile, risulta offrire una stima attendibile su quanti siano i loro discendenti nei quattro angoli del mondo. Certamente sono almeno tre o quattro volte superiori agli attuali abitanti della Provincia autonoma, che oggi superano di poco il mezzo milione. Di loro se ne occupa con grande attenzione, dal 1957, l’associazione Trentini nel Mondo. Sorta in un periodo in cui era ancora molto forte il movimento migratorio, l’associazione ha conservato nel tempo la sua priorità originaria: la solidarietà sociale.
La «Trentini» in Brasile
L’associazione si articola in oltre 240 circoli nel mondo gestiti interamente da volontari. Essi si occupano di svariati ambiti con un unico comune denominatore: la conservazione e la diffusione della cultura trentina (e, più in generale, italiana) nei 5 continenti. Si parte dalle azioni, anche concrete, per facilitare i rapporti e i contatti con la terra di origine. Si prosegue con incontri e seminari per la reciproca conoscenza e lo sviluppo delle relazioni fra il Trentino e le sue comunità all’estero. Si tratta di progetti di natura sociale ed economica, in accordo con le linee programmatiche e il fondamentale contributo della Provincia autonoma di Trento e di altre istituzioni. Tutto ciò senza tralasciare un aspetto basilare: far conoscere alle nuove generazioni di trentini residenti quell’importante capitolo della propria storia che si chiama emigrazione.
Alla Provincia autonoma di Trento e all’associazione Trentini nel Mondo va dato il merito di essere state fra le prime, in Italia, a intravvedere le enormi e concrete opportunità aperte dallo sviluppo dei rapporti con i propri oriundi sparsi per il mondo.La capillare rete, creata in oltre mezzo secolo di attività dai Trentini nel Mondo non è nemmeno paragonabile a quelle di altre regioni italiane, pur protagoniste di imponenti flussi migratori.
Degli oltre 240 circoli attivi, 150 sono dislocati in America Latina con il record in Brasile, dove si contano una sessantina di circoli che coprono gran parte dell’enorme territorio, dallo Stato di Bahia al Rio Grande do Sul. Tali proporzioni rispecchiano, d’altro canto, la mappa dell’emigrazione italiana (quella più antica e numericamente importante) che aveva nel Brasile una delle mete principali. Al pari dei veneti, dei friulani e dei lombardi, anche i trentini arrivarono in Brasile a partire dal 1875, in genere per sostituire la manodopera degli schiavi nello Stato di San Paolo, dopo l’abolizione della schiavitù del 1888, quindi per colonizzare gli enormi territori del Sud del Paese.
Emblematica, a questo riguardo, la storia di Santa Olímpia e di Santana, due «bairros» della città di Piracicaba, importante polo agricolo e industriale situato a 150 km da San Paolo, il cui patrono è sant’Antonio.
Santa Olímpia venne fondata nel 1892 da un gruppo di famiglie trentine (Correr, Pompermayer, Stenico, Cristofoletti, Brunelli, Degaspari, Forti, Veneri, Negri, Zotelli...) che ebbero la capacità di affrancarsi dal padrone per acquistare una propria fazenda.
L’anno seguente un altro gruppo di italiani, che aveva seguito più o meno lo stesso percorso, venne a sapere che la comunità di Santa Olímpia era abitata da trentini come loro. Con il capitale messo da parte in anni di lavoro, anche questo gruppo di «tirolesi» riuscì ad acquistare, nel 1893, la Fazenda Sant’Ana, che qualche anno dopo assurgerà al rango di «bairro». In tutto questo tempo, i due quartieri italiani hanno saputo mantenere vive le tradizioni dei luoghi di origine, campanilismi inclusi.
Il maggior esponente dei Trentini nel Mondo in Brasile centrale e in quello del Nord è José Eraldo Stenico. Vive a Santa Barbara d’Oeste nello Stato di San Paolo. Alla professione di avvocato abbina l’incarico di «consultore» della Provincia autonoma di Trento.
«Risulta oggettivamente impossibile avere il numero esatto di quanti possano essere oggi i discendenti degli emigrati trentini negli Stati brasiliani di cui sono il coordinatore – racconta Stenico in un perfetto italiano –. Tuttavia posso fornire il dato inconfutabile di almeno 20 mila discendenti che, nell’ultimo decennio, hanno fatto domanda di riconoscimento della cittadinanza italiana nei Consolati di San Paolo, Rio de Janeiro, Belo Horizonte, Recife e Brasilia in base alla Legge 379 del 2000».
A questi ne vanno aggiunti più o meno altri 20 mila che l’hanno richiesta nei consolati di Porto Alegre e Curitiba.
L’imponente rete trentina in Brasile è mantenuta viva grazie al collegamento fra i vari responsabili, i quali – merito anche delle moderne tecnologie di comunicazione – sono in costante contatto fra loro per scambiarsi notizie e coordinare le iniziative. «Tuttavia, periodicamente, cerchiamo di incontrarci di persona – aggiunge Stenico –. Lo faremo per tre giorni il prossimo mese di aprile. Un’occasione unica per parlare dei progetti per l’immediato futuro».
Quanto al coinvolgimento delle nuove generazioni, Iracema Moser Cani, che abbiamo raggiunto a Rodeio nello Stato di Santa Catarina, ha le idee chiare. «Coinvolgere i giovani nelle attività dei nostri circoli anche in vista di un ricambio generazionale spiega Moser Cani non è affatto facile, anche per le enormi distanze all’interno del Brasile con le quali dobbiamo necessariamente fare i conti. Tuttavia abbiamo ottenuto buoni risultati con i corsi di italiano, con le attività musicali e con le feste tradizionali che organizziamo regolarmente e che funzionano da insostituibile catalizzatore».
Ma, oltre alla conservazione e alla diffusione della cultura trentina attraverso raduni, cori e feste, Iracema ci tiene a farci sapere che sentirsi trentini in Brasile significa soprattutto essere portatori di valori fondamentali quali la generosità e la solidarietà. «Ne abbiamo avuto una testimonianza anche in occasione del recente disastro idrogeologico nello Stato di Rio de Janeiro, quando i nostri circoli del vicino Espirito Santo si sono mobilitati per dare una mano ai più sfortunati trentini colpiti dalla tragedia. È anche per iniziative spontanee come questa che mi sento orgogliosa di essere trentina».