Italiano? Sui libri e ora sul web

Da oltre un secolo, la Società Dante Alighieri promuove la cultura e la lingua italiane nel mondo. La novità è l’ingresso in Rete, nei social network e non solo. Ne parla il segretario generale, Alessandro Masi.
14 Giugno 2012 | di

Fondata nel 1889 dal premio Nobel Giosuè Carducci, la Società Dante Alighieri conta oggi 423 sedi nel mondo, abbracciando più di 60 Stati. L’ultima sede – in ordine cronologico – ad avere aperto i battenti, è quella del Lussemburgo. Si contano comitati persino in Alaska e in Nepal. Abbiamo chiesto al segretario generale dell’associazione, Alessandro Masi, di fare il punto su questa realtà.

Msa. Tra soci, comitati e sedi, i vostri numeri sono rilevanti. L’amore per la lingua italiana sembra non conoscere crisi, grazie anche all’impegno della Dante.
Masi. È proprio così. La crisi economica sta interessando il nostro Paese, ma la nostra lingua è più forte che mai. Nel mondo sono 50 le università associate alla Dante; i nostri soci sono oltre 200 mila; curiamo l’attività di circa 5.900 corsi di lingua. La Dante Alighieri, inoltre, assicura la presenza del libro italiano attraverso la costituzione e l’aggiornamento di oltre 300 biblioteche in tutto il mondo, per un totale di oltre 500 mila volumi a disposizione. Il tutto con un budget limitatissimo. Le posso dire, nella massima trasparenza, che contiamo su appena 600 mila euro di finanziamento. Se non ci fossero i volontari...

L’America resta il vostro zoccolo duro, ma siete presenti davvero in ogni angolo del mondo...
Si. Solo in Argentina abbiamo un centinaio di sedi, fino in Patagonia. Siamo poi a Cuba, dove mi sono recato di recente in visita. Negli Stati Uniti ci sono 14 sedi, un’altra decina in Canada. Abbiamo, inoltre, inaugurato un comitato ad Anchorage, città degli Stati Uniti situata tra i ghiacci della costa meridionale dell’Alaska. Tra le ultime iniziative, va ricordata la mostra della Mondadori, dedicata agli scrittori italiani del dopoguerra, ospitata nella propria sede dal comitato di Boston della Società, presieduto dal professor Spencer Di Scala. Non dimentichiamo che già Benedetto Croce, durante la prima emigrazione italiana verso l’America, diede vita alle biblioteche di bordo: la traversata durava 40 giorni e, per aiutare i nostri italiani a uscire dall’analfabetismo, un buon libro era importante. Oggi la Dante arriva fino al tetto del mondo e in Mongolia, poi ancora nei Balcani, dove c’è un grande amore per la lingua italiana, e in Russia. Insomma, con noi si percorre un po’ tutto il mappamondo.

Dal pennino con il calamaio di fine Ottocento ai giorni nostri, la vostra mission, pur adattandosi ai tempi, è rimasta la stessa.
Ieri come oggi, l’articolo 1 del nostro statuto ci chiede di «tutelare e diffondere la lingua e la cultura italiane nel mondo, ravvivando i legami spirituali dei connazionali all’estero con la madre patria e alimentando tra gli stranieri l’amore e il culto per la civiltà italiana». Resta questo il nostro impegno, portato avanti con numerosi progetti.

Tornando all’Italia, nei mesi scorsi c’è stata una vostra dura presa di posizione alla notizia di un progressivo passaggio a corsi universitari di specializzazione scientifica tenuti esclusivamente in inglese...
Non potevamo assistere senza intervenire al tentativo di votarci a un’anglofonia che non ha senso, mentre altrove ci troviamo di fronte a un processo inverso con milioni di persone che riscoprono l’italiano e vogliono studiarlo. La lingua inglese senza dubbio va studiata come lingua veicolare, ma non può in alcun modo sostituire la lingua na­zionale. Con il nostro presidente, l’ambasciatore Bruno Bottai, abbiamo espresso con decisione la nostra opposizione nei confronti della rivoluzione linguistica che il Politecnico di Milano porrebbe in atto nel 2014, proponendo i corsi, per gli studenti dell’ultimo biennio della laurea specialistica e dei dottorati, esclusivamente in inglese, in modo tale da abolire di fatto la lingua italiana.

È vero che oggi, in Italia, è possibile laurearsi senza delle vere prove scritte di italiano?
Si esce dai licei e dalle università a volte senza conoscere bene la punteggiatura. L’italiano scritto è importante, come quello parlato. Ha riscosso molti consensi la nostra iniziativa «Adotta una parola», per salvare dal dimenticatoio termini italiani caduti in disuso ed evitare l’impoverimento del nostro vocabolario quotidiano. Le adesioni sono state tante, basta andare sul nostro sito internet per averne un riscontro. Persino il nostro Nobel per la letteratura, Dario Fo, ha aderito, scegliendo la parola «gibigianna», che è un lampo di luce riflesso su una superficie d’acqua, un termine di origini lombarde che significa anche illusione o trappola melodiosa e affascinante. Insomma, l’italiano è la lingua della scienza, delle arti, della letteratura. Il mondo ci guarda con ammirazione e noi non possiamo non promuovere la nostra tanto amata lingua madre.

La Dante ha curato in volume L’italiano nella Chiesa fra passato e presente. Qual è il legame tra la nostra lingua e l’ambito ecclesiale?
Abbiamo approfondito con autorevoli interventi quella che è ormai la lingua dei Papi. Karol Wojtyla, sin dal suo primo affacciarsi dalla Basilica di san Pietro, scelse l’italiano. Ancora oggi, quando il Pontefice recita l’Angelus, viene seguito da un miliardo di persone. Un’altra conferma dell’importanza e della bellezza dell’italiano.

Ieri la Dante, con i suoi corsi di lingua, si rivolgeva anche ai migranti italiani che andavano all’estero. Oggi?
Da diversi anni facciamo corsi di lingua per gli immigrati che vengono in Italia. La conoscenza della lingua è il fattore numero uno d’integrazione. Così abbiamo realizzato progetti-pilota per insegnare l’italiano nei Paesi di origine degli immigrati, con risultati notevoli in luoghi caratterizzati da imponenti flussi migratori, tra cui Tunisia, Moldavia e Sri Lanka.

Siete riusciti a dar vita a una certificazione della conoscenza dell’italiano scritto e parlato.
È così, si tratta del Plida (Progetto lingua italiana Dante Alighieri), certificazione d’italiano come lingua straniera. Migliaia di persone, ogni anno, sostengono gli esami Plida nei nostri 266 centri autorizzati. Così come si fa con l’inglese attraverso il Trinity. La nostra lingua lo meritava!

Le nuove tecnologie di comunicazione aiutano l’italiano o lo impoveriscono?
Dipende. Computer, internet, smartphone sono di sicuro strumenti il cui utilizzo può contribuire enormemente alla conoscenza della lingua. Su un Ipod è possibile ascoltare audiolibri in treno o in aereo; su un telefonino di ultima generazione si possono scaricare l’intera Divina Commedia o un vocabolario completo. Stiamo lavorando anche su questo fronte.

Può farci qualche anticipazione?
Siamo già presenti sui social network, da Facebook a Twitter. In anteprima posso dire che il nostro sito internet sarà presto ancora più interattivo. Grazie al web sarà possibile favorire la formazione on line, con docenti operativi attraverso Skype e tutor presenti a distanza. È questa l’ultima frontiera per diffondere ancora di più la conoscenza della lingua italiana in ogni angolo del mondo.

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017