In viaggio verso il Bimbo divino
Il fascino del Natale è impareggiabile. Ogni anno si rinnova con un";intensità sempre maggiore. E non si limita a manifestazioni esteriori, anche se queste sembrano talvolta prevalere, ma entra nell";intimo e coinvolge tutta la sfera dei sentimenti. Le celebrazioni profane di questa ricorrenza lo sfruttano senza misura, ma in realtà non riescono a far dimenticare le sue sacre origini.
Sono gli evangelisti Luca e Matteo i primi a descrivere la Natività . Nei loro brani c";è già tutta la sacra rappresentazione che, a partire dal medioevo, prenderà il nome latino di praesepium ovvero recinto chiuso, mangiatoia. Si narra infatti dell";umile nascita di Gesù, come riporta Luca, «in una mangiatoia, perché non c";era per essi posto nell";albergo» (cap. 2,7); dell";annunzio dato ai pastori; dei magi venuti dall";oriente, seguendo la stella, per adorare il Bambino che i prodigi del cielo annunciano già re. Questo avvenimento così familiare e umano, se da un lato colpisce la fantasia dei primi cristiani, rendendo loro meno oscuro il mistero di un Dio che si fa uomo, dall";altro li sollecita a rimarcarne gli aspetti trascendenti, primo dei quali la divinità del bambino. Il Verbo, il Figlio di Dio che si fa uomo e che entra nel mondo, bambino come tutti gli esseri umani, offre la possibilità della sua raffigurazione in una forma e in un aspetto che commuove e conquista ogni cuore.
Gesù Bambino! Dio concede all";uomo di vedere il mondo divino con occhi mortali. La fede che riconosce in quel Bambino il Figlio di Dio, mandato a salvare l";umanità , fa nascere verso di lui una devozione e un amore che durerà : lo accompagnerà nella sua crescita, nella sua maturità , nel suo insegnamento, nel compimento della sua opera con la passione, la morte e la risurrezione. La devozione a Gesù Bambino è la radice dell";incondizionata adesione al Cristo totale.
Questo è stato compreso da tutti i cristiani; innumerevoli santi ne hanno fatto il segreto della loro vita spirituale, del loro cammino di perfezione. Richiamandosi al Divino Infante, hanno voluto vivere lo spirito d";infanzia, che è stato praticato in modo mirabile, e insegnato, dalla santa carmelitana Teresa di Gesù Bambino. Lei non ha dato definizioni né ha coniato slogan: gli studiosi dei suoi scritti hanno definito questa dottrina infanzia spirituale, chiamandola anche piccola via . Paolo VI, nell";udienza generale di mercoledì 29 dicembre 1971, ne ha parlato con competenza ed entusiasmo: «L";infanzia spirituale è una delle correnti vivaci nella religiosità del nostro tempo; essa non ha nulla di puerile e di affettato. Si esprime in linguaggio semplice e innocente; derivato senz";altro dalla paradossale, ma sempre divina parola di Gesù: «Se non vi farete piccoli come bambini, non entrerete nel regno dei cieli» (Matteo, 18, 3). E Gesù ha altre parole che fanno l";apologia dell";infanzia (Matteo 11, 25; 18, 4; 19, 14; 25, 40).
La base evangelica di questa spiritualità non potrebbe essere più autorevole. Essa si svolge secondo un";umiltà non solo morale, ma teologica e metafisica, se così si può dire; l";umiltà della Madonna (Cfr. Luca 1, 38; 48); l";umiltà sapiente, che ha il senso della trascendenza di Dio e della dipendenza assoluta della creatura rispetto al Creatore; umiltà tanto più doverosa quanto più la creatura è qualche cosa perché tutto dipende da Dio, e perché il confronto fra ogni nostra misura e l";Infinito, obbliga a curvare la fronte. E all";umiltà questa scuola spirituale unisce la confidenza; perché troppi segni Iddio ci ha dati della sua bontà e del suo amore. Se egli vuole essere chiamato Padre, il nostro spirito deve riempirsi del senso della figliolanza (Cfr. 1 Giovanni 3, 1), e d";una figliolanza, di un";infanzia piena di fiducia e di abbandono. Questa è l";infanzia spirituale, che, alla scuola della tradizione della Chiesa, santa Teresa del Bambino Gesù riassume così: «È il cammino della confidenza e del totale abbandono».