Famiglia, se crolla l'ultimo bastione

Divorzi in aumento, nascite in calo, violenza domestica, indebitamento in crescita. Sembra vacillare il pilastro sociale della famiglia. I cristiani chiamati a testimoniare l'impegno del matrimonio.
20 Settembre 2010 | di
Roma
Non è un autunno facile quello che stanno vivendo le famiglie in Italia e nel mondo. Le poche notizie vere riportate quest’estate dai mass media – concentrati da tempo sull’autoreferenzialità di caste e cricche politiche varie – mostrano una situazione di degrado progressivo della tenuta sociale e della sua prima cellula, quella famiglia da tutti esaltata a chiacchiere, ma nei fatti sempre meno al centro dell’attenzione politica. Basti citare, per tutti, il più che allarmante risultato dell’indagine sui consumi delle famiglie brianzole e lombarde, realizzata di recente dalla Camera di Commercio di Monza e della Brianza, in collaborazione con DigiCamere. In una regione che è sempre stata considerata tra le più ricche e produttive d’Italia, oggi appena una famiglia su cinque riesce a far quadrare i conti senza rinunce o sacrifici economici.
Anche gli italiani – quelli in patria così come quelli residenti nel mondo, da una o più generazioni – sentono venir meno, giorno dopo giorno, quelle sicurezze costruite in decenni e, forse, anche quei valori consolidati lungo i secoli. Vale per il lavoro, con una disoccupazione mai a livelli così alti, e con prospettive d’impiego per i giovani aleatorie e comunque prive di sicurezza. Vale per la famiglia, sempre più snaturata del suo significato proprio: quello di culla naturale di accoglienza della vita, di contesto irrinunciabile della convivenza umana. La sensazione è quella di uno sgretolamento che annuncia il tracollo. Eppure, una simile presa d’atto non può e non deve sfociare in una rinuncia all’impegno a correggere il presente e a costruire un futuro migliore: non deve tradursi in mancanza di speranza. Ne è cosciente la Chiesa italiana. «Un’Agenda di speranza per il futuro del Paese» è infatti il tema della Settimana Sociale dei cattolici italiani in programma questo mese a Reggio Calabria. Agenda è un termine entrato nel linguaggio comune per richiamare concretezza di obiettivi e aderenza alla realtà, come ha ricordato il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana in un’intervista rilasciata nel luglio scorso a L’Osservatore Romano, il quotidiano della Santa Sede.
Nell’Agenda preparata per la settimana di Reggio Calabria si elenca una serie di questioni non più rinviabili – come fare impresa, educare, includere nuove presenze in Italia, introdurre i giovani nel mondo del lavoro e della ricerca, compiere la transizione istituzionale – «che oggi definiscono in modo puntuale il volto del bene comune, che solo garantisce la tenuta unitaria dell’Italia e la ripresa economica», come ha detto Bagnasco, ricordando che «certamente è la speranza cristiana che fa da sfondo, e ancor prima da movente, a questa rinnovata stagione d’impegno dei cattolici italiani dentro la società di oggi».
Un mese prima, ricevendo i vescovi italiani, il Papa aveva ricordato che alla Chiesa «sta a cuore il bene comune, che c’impegna a condividere risorse economiche e intellettuali, morali e spirituali, imparando ad affrontare insieme, in un contesto di reciprocità, i problemi e le sfide del Paese. Questa prospettiva, ampiamente sviluppata nel vostro recente documento su Chiesa e Mezzogiorno, troverà ulteriore approfondimento nella prossima Settimana Sociale». Ai vescovi, Papa Benedetto XVI aveva chiesto di operare «insieme con le forze migliori del laicato» per ottenere che «le esigenze della giustizia diventino comprensibili e politicamente realizzabili». Queste finalità: sviluppo, correttezza istituzionale, solidarietà, giustizia, trovano nella tutela della famiglia il loro primo scopo e il loro principale campo di applicazione. In tutto questo, un compito importante spetta ai mass media che devono, soprattutto in Italia, imparare a sottrarsi a sudditanze di vario tipo, non solo determinate da controlli politici e proprietari. Se nella comunicazione deve esserci, oltre a un’etica della verità, un effettivo servizio alla cittadinanza, questo può esplicarsi solo dando una scala di priorità alle informazioni che non può essere quella della banalità e neppure quella della pur necessaria denuncia degli scandali, quando sono veri.
Purtroppo, questa priorità difficilmente viene individuata, e le notizie che contano davvero rimangono appannaggio di pochi specialisti, invece che patrimonio di un’opinione pubblica spesso disorientata (e spesso tenuta volutamente nell’ignoranza di informazioni rilevanti). Un esempio è venuto nel mese di agosto quando è stato relegato in qualche pagina interna di giornale o appena citato per qualche secondo in orari di scarso ascolto da radio e televisioni, un rapporto sull’indebitamento degli italiani, un tempo il popolo con la maggiore capacità di risparmio, in patria, ma anche all’estero, dato che a finanziare la ricostruzione post-bellica furono, in parte, in proprio le rimesse degli italiani residenti nel mondo. Il rapporto, diffuso della Cgia, l’Associazione degli artigiani e delle piccole imprese di Mestre, ha rivelato che l’indebitamento medio delle famiglie ha toccato, nel dicembre del 2009, i 15.930 euro, con un aumento assoluto, in un anno, di 863 euro (+5,7%).
Ma il punto centrale non è quello economico, anche se la crescente insicurezza sotto questo aspetto ha un peso indiscutibile. A vacillare sono le mura stesse dell’edificio familiare. Nel 1995 divorziava l’8% di tutte le coppie sposate in Italia. Nel 2005 il 15 %, nel 2007 il 27 %. Calano le nascite – 8 mila neonati italiani in meno, nel 2009, rispetto all’anno precedente – e questo rifiuto dell’accoglienza della vita è il dato più inquietante. Secondo l’ultimo rapporto del Centro internazionale studi famiglia, il Cisf, presentato la scorsa primavera, il 54,3% delle famiglie anagrafiche non ha figli. Se non ci fossero gli immigrati, l’Italia sarebbe un Paese destinato a spopolarsi. Il 21,9% delle famiglie ha un solo figlio, il 19,5% due, il 4,4% tre, e solo lo 0,7% ne ha quattro o più. Fino a qualche decennio fa la media era di tre figli a coppia. Tra i sintomi dello sgretolamento c’è anche l’aumento del numero di genitori che si rivolgono al tribunale per liberarsi dei propri figli adulti per vie legali. Per non parlare dei crimini violenti in seno alla famiglia. Tra i primati italiani, di cui nessuno parla, c’è quello degli omicidi tra le mura domestiche: il maggiore di tutti i Paesi dell’Unione europea. In Italia, un giorno sì e uno no, viene commesso un omicidio in famiglia. La vittima è quasi sempre una donna. Alle annose vicende di familismo amorale che segnano la storia del Paese, si aggiungono sempre più spesso esiti cruenti di una latente violenza. Né questo sembra preoccupare più di tanto, anzi. Se le notizie sui bilanci familiari e sull’impoverimento vengono minimizzate o celate, quelle sulle violenze domestiche vengono spettacolarizzate, ma mai indagate davvero.
Tra i motivi di speranza ci sono quelle coppie che scelgono il sacramento del matrimonio e che si sforzano di viverlo in maniera coerente alla loro fede. Per la Chiesa italiana, la Settimana Sociale di Reggio Calabria è l’occasione per meglio comprendere come tali coppie possano diventare, con il loro esempio e con la loro testimonianza, un traino per le altre e, in senso lato, per la società. Per questo occorre maturità e consapevolezza quando si abbraccia il matrimonio. In un mondo che cerca di equiparare ogni tipo di convivenza alla famiglia, i cattolici sono chiamati per primi a vivere e a mostrare che il matrimonio è una vocazione. Solo vissuto come tale, l’incontro tra un uomo e una donna dà luogo a una famiglia solida e cosciente del ruolo che occupa e del compito enorme che ha da svolgere. Questo compito è comune, con pari doveri e pari diritti. Non a caso, la Carta dei diritti della Famiglia, un documento della Santa Sede, afferma che «gli sposi, nella naturale complementarietà che esiste tra uomo e donna, godono della stessa dignità e di eguali diritti a riguardo del matrimonio». E in un Paese che vede sempre più recrudescenze di maschilismo becero, forse giova ricordarlo.
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017