Gran Bretagna. D'Acampo, il re della pasta

13 Febbraio 2012 | di

Il «re della pasta» è un partenopeo trentatreenne, con la passione per la cucina – tramandata dal nonno, cuoco sulle navi da crociera –, la voglia d’avventura e il coraggio di rimettersi in gioco. Si chiama Gino D’Acampo. Nato nel 1976 in una famiglia dai modesti mezzi economici, ebbe la fortuna di riconoscere subito il proprio talento e, dopo il diploma, iniziò a lavorare in ristoranti di prestigio tra cui quello dell’attore americano Sylvester Stallone a Marbella, in Spagna. Nel 1996 approdò a Londra. Gino, poi, fondò una ditta d’importazione di prodotti italiani. Pur nutrendo grandi speranze, non avrebbe mai immaginato di raggiungere la vetta della popolarità in Gran Bretagna: riconoscimenti culinari, programmi televisivi, libri e i prodotti della sua azienda sugli scaffali dei supermercati. E tutto in poco meno di dieci anni. Come si fa a raggiungere questo successo? «Anch’io non me lo spiego – risponde sinceramente –. Forse con tanto lavoro, tanta pazienza e l’umiltà di imparare dai grandi chef».

Naturalmente l’ingrediente principale è stata la cucina italiana che Gino ha cominciato ad assaporare nella casa di campagna del nonno, il quale allevava animali da fattoria e preparava per i suoi dieci figli le ricette casalinghe della tradizione. «Bisogna imparare a mangiare tutto e meglio – osserva D’Acampo – abituandosi a conoscere l’alimentazione e sostituendo i cibi grassi con quelli leggeri e digeribili». Non è un mistero che gli anglosassoni, presi dalla smania di copiare la cucina mediterranea, compiano dei veri e propri peccati alimentari come condire l’insalata con la maionese o ricoprire la pizza di alimenti inappropriati (come l’ananas). Gino si rivolge anche a questa categoria di cuochi improvvisati, dimostrando che è possibile cucinare velocemente, e preparare piatti squisiti e salutari. Sposato con una donna inglese, Gino ha due figli, uno dei quali si chiama Luciano, in onore di Pavarotti, il grande tenore a cui D’Acampo, all’inizio della sua carriera, servì la cena. «Fui così colpito dalla sua personalità e dalla sua generosità – ricorda oggi – che volli onorarlo chiamando il mio primogenito proprio come lui».

All’inizio degli anni Duemila, Gino fece alcune apparizioni in televisione. La sua simpatia e, soprattutto, la sua capacità di trasformare piatti complicati in semplici ricette accessibili a tutti, gli diedero una fama che non si aspettava. Nel 2006 è stato protagonista di una serie dedicata alla cucina messicana, e nel 2009 ha vinto un reality show in Australia. «Spesso vengo riconosciuto per la strada anche dai bambini», dice con il suo inconfondibile accento meridionale che non manca d’incantare il pubblico inglese.
Gino non ha dimenticato l’Italia. Viaggia spesso alla ricerca di nuove ricette percorrendo in lungo e in largo la Penisola. Ha appena pubblicato il suo quinto libro, e spera di aprire presto un ristorante, pur continuando la sua attività televisiva. Ciò che colpisce, al di là della sua fama, è il fatto che è rimasto un ragazzo semplice, legato agli affetti e alla comunità italiana che lo ha adottato per il suo spirito di iniziativa, e quale simbolo di una nuova generazione di immigrati italiani professionisti, preparati e al passo con i tempi.

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017