Abruzzo a stelle e strisce
Per l’emigrante che si apprestava, con coraggio e animo angosciato, ad attraversare l’Oceano Atlantico abbandonando la sua famiglia, il suo villaggio e l’amato Abruzzo per affrontare le incertezze di un imprevedibile futuro in una terra lontana e straniera, il paese natio diventava il luogo della memoria e degli affetti. Quella terra del cuore dove si è nati e si è vissuti e dove sono stati sepolti i propri antenati, ritornava nel ricordo, si tramutava in nostalgia.
Nostalgia di persone, di paesaggi, ma anche di periodi fondamentali della propria esistenza: l’infanzia e la giovinezza con il loro bagaglio di emozioni e di purezza. Tutto diventava «mitologia» degli affetti e della memoria.
Spinti dal timbro inconfondibile e autentico della voce del luogo natio, un gruppo di emigrati abruzzesi decise, nel 1937, di dare vita a Binghamton (New York), all’Abruzzese Social Club, per mantenere intatto il ricordo delle proprie origini. La creazione del club avrebbe consentito loro di rivivere, nella quotidianità, i riti, le tradizioni e gli umori della terra avita. Erano quattordici gli abruzzesi dal cuore nobile che, il 31 maggio del 1937, fondarono il club prefiggendosi «per iscopo di riunire con legami di fratellanza, di proteggere, educare e istruire tutti gli iscritti».
Le prime riunioni che avevano preceduto l’effettiva fondazione del club – e che si erano concentrate sulla discussione e sulla formulazione degli scopi e dello Statuto dell’associazione – avevano avuto luogo, pochi giorni prima, il 27 maggio, nella residenza di Pantaleone Marsolino. Riportiamo un passaggio di quella storica riunione che condensa il pensiero di quei valorosi pionieri: «Prendendo in considerazione le aspirazioni della gente abruzzese in questa città, e della buona reputazione acquistata dagli stessi, dopo tanti anni di residenza in Binghamton, New York, questo gruppo ha discusso la possibilità di formare una Società abruzzese». Dalla prima seduta ufficiale di quel 31 maggio, si apprende che «l’Assemblea, a unanimità, ha approvato che l’associazione fosse conosciuta col nome di Abruzzese Social Club». In quella seduta venivano eletti Gino Parisio come presidente, Antonio De Ritis come vicepresidente, Aristide D’Aristotile in vece di segretario, e Arturo Marcheggiani nel ruolo di tesoriere.
Italiani discriminati
Segno inequivocabile della discriminazione verso gli italiani che esisteva all’epoca è il fatto che, dal 4 luglio 1937, le sedute del club si tennero nel seminterrato della Saint Mary’s Church poiché, essendo la vita della parrocchia influenzata da alcune famiglie irlandesi, agli emigrati italiani era stato vietato l’accesso alla chiesa. Solo tramite l’intervento di un sacerdote veneto, padre Matthew Pellegrini, e sulla scia delle ripetute e vigorose proteste degli italiani, fu loro concessa l’autorizzazione ecclesiastica a poter pregare e andare a messa nel seminterrato della chiesa, di domenica, e nella chiesa vera e propria nei giorni feriali. Questo manipolo di orgogliosi abruzzesi costituiva un’autentica espressione delle prime migrazioni negli Stati Uniti, iniziate verso la fine del 1800, e provenienti in maggioranza dalla provincia de L’Aquila. Di questo flusso migratorio, l’americano Jerry Mangione, ne La Storia. Five Centuries of the Italian American Experience (New York, 1993) e l’abruzzese Lia Giancristofaro in Emigrazione abruzzese tra Ottocento e Novecento, (2 volumi, L’Aquila, 2008) hanno tracciato e ricostruito le varie tappe con diligente documentazione storica.
Tra gli ultimi anni dell’Ottocento e i primi del Novecento si verificò un continuo flusso di emigrati abruzzesi che partivano per gli Stati Uniti. Nel periodo 1876-1915 vi approdarono 595.556 abruzzesi. Dai 337, tra abruzzesi e molisani, che emigrarono in America nel 1876, la quota salì a 50 mila nel 1901. Nel 1876 una sola persona emigrò dalla provincia de L’Aquila, 134 persone da quella di Chieti, e 30 dalla provincia di Teramo. Nel 1913 se ne contavano già 16.344 dalla provincia de L’Aquila, 13.192 da quella di Chieti e 13.377 da quella di Teramo. Oltre 105.484 abruzzesi partirono nel periodo 1916-1925, e 50.230 negli anni tra il 1926 e il 1940.
Nel giugno del 1937, un mese dopo la sua fondazione, l’Abruzzese Social Club registrava 101 soci, e nel 1941 aveva raggiunto il numero di 300, la maggior parte dei quali provenienti dalla provincia di Chieti, e un numero più ristretto da quella di Pescara.
Il 19 maggio 2012, il Club Abruzzese si appresta a celebrare solennemente il 75° anniversario della sua fondazione con varie celebrazioni sociali, culturali e religiose, volte a onorare oltre sette decadi di ininterrotta attività nella Contea di Broome, a contatto con la complessa struttura sociale americana, senza mai perdere il patrimonio culturale di cui gli abruzzesi sono eredi e fieri custodi.
Educati in terra d’Aprutium, discendenti di sanniti, marsi, peligni, picenti, petruzi, marrucini, vestini, equi e carrecini, nati all’ombra di aspri monti, tra i quali il Gran Sasso, la Majella e il Morrone, muti testimoni di immemorabili eventi, gli abruzzesi non hanno mai dimenticato la terra natia. Se la celebrazione del 75° anniversario sarà una commemorazione del passato, servirà anche a solennizzare quasi ottant’anni di vita, di integrazione e di inserimento nella società e nella nazione americana.
Per questo la deputata dello Stato di New York, Donna Lupardo, parteciperà alla serata del 19 maggio. Insieme a lei, il senatore Thomas Libous, la presidente della Contea di Broome, Debbie Preston, e il rappresentante ufficiale del governatore Andrew Cuomo, l’onorevole Kevin McCabe. Sarà quest’ultimo a trasmettere a Carmuele Di Loreto, presidente del club, il proclama commemorativo emanato dal governatore.
Nel suo cammino a Binghamton, il Club Abruzzese ha dato prova di valore e di capacità. Lo testimoniano le alte cariche e posizioni raggiunte sia dalla prima che dalla seconda generazione di abruzzesi, in tutti i campi della vita sociale. I veri protagonisti del club, tuttavia, non sono solo i suoi medici, i suo docenti universitari, i suoi giureconsulti, i suoi magistrati, i suoi uomini politici, i suoi imprenditori, ma anche tante persone comuni, operose, oneste e infaticabili: tutti soci pronti a ogni forma di sacrificio e altruismo a servizio del club.