Abbati a Castiglioncello
Castiglioncello, in provincia di Livorno, ha reso omaggio, con una splendida mostra allestita al Castello Pasquini, a Giuseppe Abbati, tra gli esponenti di spicco della scuola dei Macchiaioli. Promossa dal Comune di Rosignano Marittimo in collaborazione con il Centro d";arte Diego Martelli e con la Galleria d";arte moderna di Palazzo Pitti, la mostra è di peculiare importanza proprio per l";attenzione rivolta alle opere di Abbati, pittore sensibile quanto sfortunato, consegnato alla storia dell";arte, assieme a Signorini, Fattori, Borrano, Sernesi ed altri, grazie a quel felice momento della pittura realista toscana, cosiddetta dei Macchiaioli, che ebbe quali scenari naturali Castiglioncello e la campagna fiorentina di Piagentina tra il 1861 e il 1869.
Figlio di Vincenzo Abbati, pittore napoletano di interni monumentali, il giovane Giuseppe si forma dapprima alla scuola paterna, e poi si trasferisce a Venezia dove studia presso l";Accademia di Belle Arti. Il rapporto col padre si deteriora assai rapidamente: se Vincenzo è conservatore, legato alla società dell";epoca, Giuseppe è invece un fervente liberale e diviene ben presto un garibaldino, non senza correre rischi pagati a caro prezzo (a Capua perderà un occhio). Dei primi anni sono opere in cui prevale l";interesse per la veduta d";interno, come nella Chiesa di San Miniato al Monte.
Nel dicembre del 1860, giunto a Firenze, Abbati abbraccia le istanze dei pittori progressisti che s";incontrano al celebre Caffé Michelangiolo: è in quel momento che viene adottata la "macchia", sotto il profilo formale, e che viene abbandonato il genere storico a favore della pittura en plein-air. Abbati lascia la penombra per la solarità di architetture, oggetti, persone. In quegli anni nasce anche l";amicizia con l";intellettuale Diego Martelli, mecenate dei Macchiaioli; e si fanno più frequenti i viaggi a Castiglioncello dove dipinge con Borrani e Sernesi. Notevole l";interesse anche per la letteratura: Abbati legge Proudhon, Thiers, Taine, Zola, Sant";Agostino.
La passione patriottica lo chiama di nuovo. Nel 1862 Abbati segue Garibaldi in Aspromonte: la spedizione si rivela infelice. Così torna a dipingere. Espone a Torino, Venezia, Firenze. È sempre la Toscana a stimolare la sua indole creativa, affascinato com";è dalla natura selvaggia e incontaminata della Maremma, dalla campagna fiorentina e dalle colline di Bellosguardo. Nascono allora autentici capolavori come Via di campagna con cipressi, Il lattaio di Piagentina e Lungo l";Arno alle Cascine.
Abbati è suggestionato e rapito dal paesaggio, in particolare da Castiglioncello "; novella Arcadia "; dalla sua atmosfera, dalla gente che vi abita, da un mondo rurale quasi prestato dalle favole. Bimbi a Castiglioncello, Lido con bovi al pascolo, Marina a Castiglioncello ritraggono un mondo bucolico e campestre quasi irreale nel suo vivido naturalismo.
Nel 1866 Abbati prende parte, come volontario nei bersaglieri, alla campagna del Veneto contro gli austriaci. È fatto prigioniero e condotto in Croazia. Liberato, torna ai suoi colori e ai suoi pennelli. Accetta l";ospitalità dell";amico Martelli presso un rustico a Castelnuovo della Misericordia, vicino a Castiglioncello. Qui conduce una vita ritirata, all";insegna della frugalità , intrisa di un misticismo artistico quasi francescano. Di questo periodo sono il Ritratto del Contadino Zini, La casa del tagliaboschi, il Carro con bovi nella Maremma toscana. Eppure tanta pace, raccolta e fertile, precede una fine repentina quanto drammatica, forse presagita, certo intempestiva in un momento di grande ispirazione e maturità artistica. Abbati contrae l";idrofobia dal suo cane Cennino, unico fedele compagno del suo romitaggio a Castelnuovo. Per lui è la fine: il sipario cala all";improvviso su Castiglioncello e sul suo occhio profondo e acceso che sulla tela aveva impresso, appena in tempo, il crepuscolo di un mondo oggi scomparso.