Accogliere i devoti alla maniera di Antonio
Fioccarono sommessi «Oh!» di meraviglia il giorno in cui, rimossi i teli che la nascondevano, la Cappella della Tomba di sant’Antonio si mostrò rimessa a nuovo da un accurato restauro che le ha restituito un luminoso splendore ormai sconosciuto. Prosciugate umidità e muffe, asportato il colore grigio scuro steso dal tempo e dal fumo delle candele votive che per secoli hanno arso sotto la volta aurifregiata (oscurata anch’essa), l’opera di insigni maestri del Cinquecento, che qui hanno speso il loro genio per onorare il Santo amatissimo, si è palesata in tutta la sua plastica e lucente bellezza. Era il 4 dicembre di due anni fa.
La Tomba del Santo (lui non conosce il logorio del tempo) è ancora il cuore della Basilica, momento centrale di un pellegrinaggio che sembra non risentire della crisi globale di questi tempi.
Con la mano posata sul marmo verde della Tomba, migliaia di persone di ogni età e condizione sociale affidano ad Antonio le loro storie, piccole e grandi, di sofferenza e di speranza, di gioia e di riconoscenza. Sfilano silenziose sotto gli occhi benevolmente attenti di un confratello del Santo, fra Francesco Fantin, un trevigiano dal volto buono e disponibile alla confidenza. È «recidivo», avendo già svolto, una ventina d’anni fa, questo ruolo, definito, nel gergo conventuale, «custode dell’Arca», ovvero «colui che accoglie», nel duplice significato di rendere accogliente il luogo sacro e di accogliere i pellegrini con lo stesso spirito di fraternità con cui li accoglierebbe il Santo.
«Mi alzo prestissimo e comincio a lavorare quando la Basilica è ancora chiusa – racconta fra Francesco –, in modo tale che le persone più mattiniere trovino già tutto ordinato. Questo anche per non recare disturbo a chi viene in visita in seguito».
Sbrigate le… faccende di casa, il frate è a disposizione dei fedeli. «Sono il loro punto di riferimento per qualsiasi cosa: dalle informazioni sulla vita del Santo a quelle sui diversi servizi offerti, al ricevere e deporre nel luogo adeguato i segni della riconoscenza, il mazzo di fiori, la candela, la fotografia e gli altri oggetti votivi».
Il tempo dell’ascolto
Poi c’è l’ascolto. Ogni pellegrino arriva con una storia (tutte unite, potrebbero rappresentare la vita dell’umanità) e sperano che, raccontandola a un confratello del Santo perché la sorregga con la sua preghiera, possa essere considerata «lassù» con un occhio di riguardo.
Fra Francesco ascolta tutti. Vuole conoscere i loro nomi e la mattina presto, prima di iniziare il lavoro, oppure il martedì e il venerdì sera, quando la Cappella si anima per la recita della Tredicina o fa memoria della morte del Santo (Transito), li snocciola uno a uno, sintetizzando in un nome fittizio gli altri dimenticati. «Te li raccomando tutti, caro Santo, è giusto che ciascuno ritrovi serenità e abbia la forza di sopportare i momenti difficili».
A volte gli incontri hanno risvolti inaspettati e straordinari. Ricorda fra Francesco: «Una mattina due genitori mi consegnano la foto del figlio da collocare tra le “grazie ricevute”. “Ha tredici anni e stanotte ha subito il trapianto di cuore, era l’ultima occasione, un’altra attesa sarebbe stata fatale”.
I due stanno ancora raccontando la loro storia, quando una signora quasi li interrompe dicendo: “Padre, preghi per me, stanotte mi è morta la figlia, mi rimane la consolazione di aver donato il suo cuore e ora un altro vive per lei”. Tutti ammutoliscono, la tensione è altissima. “Non è possibile – mi dico –. Non è possibile!”. E invece sì. Dopo pochi attimi d’incredulità, le mamme si guardano negli occhi: i loro cuori hanno fatto presto a capire quel che era successo quella notte: il cuore che dà vita al ragazzino è quello della figlia della signora. Un lungo interminabile abbraccio unisce per sempre le due famiglie».
I sanitari mai rivelano il nome del donatore o del ricevente, quindi l’incontro alla Tomba del Santo è stato puramente casuale. O no?
Casualità o miracoli?
Due giovani, che fra Francesco conosce, dopo un lungo fidanzamento decidono di prendersi una pausa di «riflessione». La pausa dura pochissimo. Qualche giorno dopo, Francesco vede la ragazza infilare tra le foto poste sulla Tomba quella del fidanzato, come una cosa cara perduta da ritrovare presto. Ma ecco l’imprevisto. Lasciando l’altare, incrocia il fidanzato che, con la foto di lei in mano, sta per compiere lo stesso rito. I due ovviamente ritornano insieme per potere, come nelle fiabe, vivere felici e contenti.
E chi ha condotto una mamma davanti alla foto di un’automobile distrutta, posta lì come ex voto e nella quale riconosce quella del figlio? «È venuta subito da me – racconta fra Francesco – a chiedere informazioni. Ho risposto che la fotografia era stata deposta tre o quattro giorni prima, ma non sapevo a chi appartenesse. Lei invece era sicura. Staccai la foto e chiesi alla donna il nome e la data di nascita del figlio: corrispondevano a quanto vi era scritto a penna sul retro, assieme al grazie per la morte scampata. Gli occhi della donna si riempirono di lacrime: da tre anni non riceveva notizie del figlio, da quando se ne era andato sbattendo la porta, dopo una furibonda litigata. Almeno qualche certezza ora la possedeva».
«Mi commuovo – prosegue Francesco – quando qualche vecchietta mi porta, raccolti in un sacchettino, i centesimi risparmiati in chissà quanto tempo, per far celebrare una messa. Mi ci vuole un’ora per contarli tutti e spesso non arrivano neppure ai dieci euro di solito previsti, ma quelle monetine, come l’obolo della povera vedova del Vangelo, valgono mille messe».
A volte, anzi spesso, il «miracolo» è tutto interiore, e parla di vite cambiate. Come quella di Carlo: s’era accodato ai pellegrini per deridere una devozione che, secondo lui, umilia la ragione umana. Qualche giorno dopo è tornato con il cuore e il cervello in tumulto. Cos’era successo? Nulla di straordinario. Sulla rampa che porta alla Tomba aveva incrociato gli occhi felici di una ragazzina in carrozzella che faticava a salire e gli aveva chiesto una spintarella, dicendo: «Devo giungere fin lì a prendere una boccata di gioia, una razione di coraggio: mi servono per vivere». Carlo era poi rimasto quasi tutto il giorno con lei, vedendo e imparando cose inaspettate, che gli hanno cambiato la vita.
Appuntamenti in Basilica
Quaresima di fede
I quaranta giorni che precedono la Pasqua vengono celebrati in Basilica con particolare solennità:
- ogni venerdì, al termine dell’eucaristia delle ore 17.00, è previsto un momento di preghiera e di riflessione attraverso la meditazione della Via Crucis;
- il giovedì, dalle ore 21.00, adorazione eucaristica nella Sala del Capitolo;
- sulle orme di Antonio predicatore, le eucaristie delle ore 17.00 saranno celebrate ogni settimana da un predicatore diverso.
Mercoledì 9 marzo tutte le celebrazioni eucaristiche si concluderanno con il rito dell’aspersione delle ceneri.