Accogliere, voce del verbo amare

20 Novembre 2012 | di

Il Natale è una storia di accoglienze. Ogni natale d’uomo lo è. Noi tutti siamo vivi grazie all’accoglienza di una donna, grazie a una madre che ci ha offerto il suo grembo e ci ha accolti in sé, quando eravamo una perla di sangue e di luce, che ci ha curato poi quando non sapevamo che piangere.

Una storia di accoglienza è anche il matrimonio: «Io accolgo te», si sono detti i due sposi, «come mio regalo e come mio cammino. Vivrò come mia anche la tua vita, i tuoi smarrimenti e la tua primavera, i morsi del tuo dolore e le carezze dei tuoi ritorni». Da allora ognuno è diventato due, ognuno vivo di due vite.
Accogliere è il verbo, vitale e umanissimo, che identifica i due eventi più importanti dell’esistenza umana: matrimonio e maternità. Sono i due vertici dove la vita diventa ciò che è, finalmente amore, finalmente vita che dà vita.
Accogliere voce del verbo amare, voce del verbo vivere.

Nel vangelo di Luca, Maria entra in scena mentre si imbatte nell’inaudito, un angelo che ha Dio nella voce. Ma già da prima lei era l’accogliente: ha già fatto posto a Giuseppe nei suoi sogni di ragazza e nel suo progetto di donna. Il suo primo sì, prima ancora che a Dio, l’ha detto a lui, al suo amore di ragazza: io accolgo te, Giuseppe, come mio dono e mio cammino, mio nido e mia vela.
Entrata prima nel mondo dell’amore, ora è matura per il mondo di Dio. E può accogliere l’angelo e un figlio impossibile secondo le leggi del generare umano, perché ha capito l’amore, umano e divino.
Gli angeli sono mandati nel mondo proprio per questo, per dire che l’impossibile è diventato possibile, che non è tutto qui, che il nostro segreto è oltre noi.

Nel vangelo di Matteo, attorno a Giuseppe, come attorno a una cattedrale, volteggiano angeli. E sogni di parole: non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Non temere di accoglierla nella tua casa, di farle spazio nel cuore.
Accogliere è fare spazio perché l’altro cresca. Giuseppe fa spazio alla madre e al bambino: preferisce l’amore di Maria alla discendenza propria. Sarà vero padre senza essere genitore.

A Natale è l’intero creato, tra una stalla e un volo d’angeli, che celebra il rito dell’amore irrevocato tra Dio e l’umanità: io accolgo te. L’identico rito è celebrato nel cuore del cielo: un Dio nasce nella carne, un Uomo nasce in Dio. È Natale anche nella Trinità: il sapore dell’umanità abita in Dio, la luce di Dio abita questo fiore di carne e di polline d’oro che è l’uomo.
Nostro polline d’oro è il respiro di Dio, accolto a Natale, e che fiorirà per sempre.
 
 

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017