Ad Ainaro il sogno si avvera

Timor Est, la piccola isola dell’Oceano indiano che ha ottenuto a prezzo di una sanguinosa guerra civile l’indipendenza dall’Indonesia, sta faticosamente tornando alla normalità. Il nostro progetto a favore delle ragazze povere di Ainaro è un importante s
06 Maggio 2002 | di

José entra nella cucina delle suore canossiane di Ainaro a Timor Est. Il resto del collegio è uno scheletro bruciacchiato, ora in ricostruzione. Quell`€™unica stanza rimasta in piedi è diventata la casa delle suore. Intorno c`€™è ancora l`€™odore del saccheggio. L`€™onda della violenza cieca, che ha messo a ferro e a fuoco la piccola isola dell`€™Oceano indiano e ha ucciso centinaia di timoresi, è passata appena due anni fa. José ha perso tutto, come l`€™80 per cento degli abitanti di Ainaro, un paesino di tremila anime nell`€™entroterra di Timor Est. La sua famiglia, i suoi figli sono tutto quello che ha. Suor Isabel lo accoglie con un sorriso per l`€™ennesima volta. E lui, per l`€™ennesima volta, gira nervosamente il berretto tra le mani. Poi il suo volto stanco e scavato dalla fame, s`€™inchina riverente. Vincendo l`€™imbarazzo della suora, le prende la mano e gliela bacia forte, forte. «Suor Isabel, mia figlia la prenderai con te quando ricostruirete il collegio, vero?», le chiede d`€™un fiato, trattenendo l`€™emozione. Poi continua: «Sono pronto a pagare qualsiasi cosa. Anche 200 mila rupie». Sorride, la suora. Sa che quell`€™uomo implorante anche oggi farà  un solo pasto. Forse manioca o patate dolci e un po`€™ di granoturco o riso. Vorrebbe dirgli: «Ma se ti ho detto di sì, già  tante volte!». Ma l`€™impazienza non sarebbe carità . «Non preoccuparti, José `€“ le risponde, conciliante `€“. Tu sai quanto abbiamo a cuore tua figlia. Vedrai. Quando riapriremo il collegio sarai il primo a saperlo». Ha bisogno di sentirselo ripetere, José. Lui non saprebbe che dare a sua figlia. Ma se lei potrà  studiare, diventare una buona madre e moglie e guadagnarsi da vivere onestamente sarà  come una regina. Se ne va raggiante. Dopo inchini e baciamani. E prima di partire per il villaggio, passa a controllare i lavori. Gli si leggono i pensieri, mentre osserva. Una casa in muratura. Sua figlia andrà  a vivere là . Non ci può ancora credere.

 José non era che uno dei tanti genitori che ogni domenica, dopo la messa, facevano la fila fuori dalla casa-cucina delle suore: «Hanno tutti bisogno di essere rassicurati `€“ spiegava suor Gabriella Letizia, la superiora provinciale, in una lettera di ormai quasi un anno fa `€“. Per le ragazze qui non c`€™è nulla. Noi offriamo l`€™unica possibilità  di andare a scuola e imparare un mestiere». Molte allieve vengono da villaggi lontani. Quelle che possono arrivano a piedi, ma altre, che abitano ancora più distanti, o non vengono più o vivono da parenti che hanno avuto la fortuna di aver salva la baracca. Ma anche questi parenti sono poverissimi e fanno fatica a mantenerle. I mezzi di trasporto sono cari e partono solo se c`€™è il pieno carico. Cioè circa una volta alla settimana. In più per strada c`€™è ancora il rischio di incontrare bande di vandali. «Siamo in pieno dopoguerra `€“ continua la suora `€“. Tutto è più difficile. Questa casa per ragazze è attesa come una manna ma noi facciamo fatica a finire i lavori».

Così suor Gabriella Letizia ci spiegava l`€™urgenza di questo progetto ma anche l`€™estrema difficoltà  in cui le suore si trovavano a realizzarlo. Da parte nostra sentivamo il disagio di darvi con troppo ritardo il resoconto di un progetto che vi era stato proposto nella campagna di solidarietà  del 13 giugno del 2000 e per il quale avevamo impegnato 250 milioni di lire (circa 129 mila euro). Ma di fronte alla storia di José e degli altri genitori, la nostra impazienza ci sembrava fuori luogo.

Abbiamo lasciato tempo alla carità  e, infine, è arrivata una lettera: «Pensavo di finire in pochi mesi `€“ confessa suor Gabriella Letizia `€“ ma tutto ha remato contro: l`€™instabilità  politica, il tifone che ha distrutto parte del tetto che avevamo già  posato`€¦ e poi la difficoltà  a reperire a costi accettabili materiali e operai, le vie di comunicazione interrotte dalle frane, addirittura la morte per malaria del responsabile del cantiere`€¦ E ogni settimana dovevamo spiegare, confortare, assicurare. Figuratevi la nostra gioia oggi di potervi dire che il collegio è concluso e 70 ragazze lo stanno già  abitando. Le giovani sono al pieno della felicità . Tutte mi chiedono di ringraziarvi, di dirvi che non hanno nulla da offrirvi ma che vi hanno nel cuore e nelle loro preghiere». Fra loro, come promesso, c`€™è la figlia di Josè.

 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017