Addio a Sepúlveda, «hombre vertical»
Esistono scrittori che possono raccontare solo quello che vivono e scrittori che quando l’esistenza si agita fortemente non riescono più a scrivere nemmeno una riga. Queste due categorie si guardano spesso male a vicenda: o come dei disimpegnati aridi avulsi dalla realtà, oppure come dei militanti dell’attualità, impantanati nel presente al punto da dimenticare l’eternità cui ogni artista dovrebbe aspirare. Luis Sepúlveda apparteneva a una terza categoria: era quella specie di scrittore – strana quanto rara – che può vivere la vita in modo appassionante e al contempo appassionatamente raccontarla, restando capace di guardare il futuro di tutti, proprio perché i piedi li tiene piantati saldamente nel suo presente. Il covid-19 non lo ha risparmiato, ma Lucho, così lo chiamavano gli amici ai tempi della militanza contro la dittatura cilena di Pinochet, lascia un’eredità molto superiore al pur grande dispiacere di aver perso una preziosa voce d’autore. A volte di qualcuno che viene a mancare si dice che «ha avuto una vita interessante». È una definizione imprecisa. Anche in tempi complessi e stimolanti si possono vivere esistenze noiosissime, basta rifiutare di assumersi la responsabilità di fare la differenza nel tempo che si è ricevuto. Sepúlveda è inciampato molte volte in passaggi storici sfidanti, e non li ha scansati. Quando, nel 1973, Salvador Allende viene spodestato con il golpe militare di Augusto Pinochet, Sepúlveda si trova nel palazzo presidenziale, ha solo 24 anni e di vite ne ha già vissute almeno due. È sposato da due anni con Carmen Yanez, ha un figlio, è giornalista da quando aveva 17 anni e a 20 aveva già ricevuto dei riconoscimenti letterari per una raccolta di racconti. Ha però anche già militato politicamente nel partito comunista, lasciando la casa paterna per combattere la dittatura in Bolivia nell’esercito di liberazione nazionale. Nemmeno quando i militari di Pinochet entrano nella residenza di Allende, Sepúlveda si trova lì per caso: fa parte della stretta cerchia di amici a protezione del presidente e per questo motivo viene arrestato e torturato per sette mesi. In prigionia verrà a sapere che anche sua moglie Carmen è detenuta e, quando le pressioni internazionali di Amnesty International riescono a farlo liberare, lei non è altrettanto fortunata: finirà per salvarsi solo perché la credono già morta per le violenze e con fatica riuscirà a esiliare in Svezia portando con sé il figlioletto. Luis a quel punto sarà, però, già latitante e le loro vite si divideranno. Sepúlveda girerà molti Paesi del Sudamerica, unendosi di volta in volta ai militanti che combattono le dittature insorgenti, ma senza mai smettere di scrivere. In Ecuador conoscerà e sposerà Margarita, una ragazza tedesca, andando con lei a vivere in Germania e mettendo al mondo tre bambini. È lì che viene a conoscenza del fatto che Carmen si trova in Svezia con Carlos. Si scriveranno per anni, perché è difficile ignorare il passato che li ha uniti e poi violentemente divisi. Nel 1981, a un incontro per scrittori, Luis e Carmen si rivedranno per la prima volta dopo il golpe cileno e l’incontro segnerà talmente lo scrittore che sarà Margarita a fare un passo indietro, riconoscendo che il ritrovamento dell’amore della gioventù di suo marito è uno di quei miracoli che capitano una sola volta nella vita e nemmeno in tutte le vite. Per divorziare, i due faranno una festa con gli amici a cui Margarita inviterà Carmen all’insaputa di Luis stesso. I due si risposeranno, restando insieme per quarant’anni.L’opera di Lucho è monumentale e i romanzi, i racconti, i lavori registici, le poesie e le sceneggiature sono lì a raccontarci il suo mondo interiore. In castigliano, uno come Sepúlveda viene definito hombre vertical, che in una traduzione italiana approssimativa sarebbe qualcuno con la schiena diritta. Ma se la schiena dritta indica semplicemente la postura dell’uomo libero che non si piega a padroni e compromessi, l’espressione hombre vertical significa anche altro. Indica una tensione alle altezze della migliore idea di sé, quella che dalla terra in cui si hanno i piedi solleva lo sguardo in verticale, verso il cielo in cui si hanno le speranze e i valori. In quel cielo, gabbianelle e gatti sognano insieme a chi li ha pensati amici.
Prova la versione digitale del «Messaggero di sant’Antonio»!