Adelino Colombo, il mago della Tv
È una nuova storia di successo, tutta italiana, quella di Adelino Colombo. Una storia che profuma di pionierismo, di lungimiranza, di fiuto per gli affari e di attaccamento al lavoro. L’avventura ha inizio il 30 novembre 1959 a Farroupilha, nello Stato brasiliano del Rio Grande do Sul, quando i cugini Adelino Colombo e Dionisio Maggioni mettono assieme un modesto capitale di 400 mila cruzeiros scommettendo sul futuro. La scommessa era lo sviluppo che avrebbe avuto la televisione anche in quell’angolo di Serra Gaúcha.
Difficile immaginare, per chi è nato negli anni Sessanta, un mondo senza televisione. Allo stesso modo per cui è difficile, per chi è nato negli anni Novanta, pensare a un mondo senza computer. Eppure, a quell’epoca, l’avvento di una «scatola magica» in grado di regalare immagini e suoni dovette apparire come una vera e propria rivoluzione.
Colombo & Maggioni videro giusto perché il primo televisore che fu acceso nel Rio Grande do Sul era uno dei loro. Partirono da un modesto negozio: al banco il giovane Adelino, che con il suo carattere gioviale ci sapeva fare con la clientela; nel retrobottega Maggioni il quale, pratico di valvole e transistor, si occupava della riparazione di apparecchi radio, televisori e piccoli elettrodomestici.
In quegli anni, Farroupilha era poco più che un villaggio, ma lì vicino c’erano altre cittadine, altra clientela. E siccome i trasporti, cinquant’anni fa, non erano quelli di oggi e pochi possedevano un’autovettura con la quale spostarsi agevolmente, l’intraprendente Colombo pensò bene di andare lui a cercarsi i clienti.
Spostandosi dapprima in bicicletta, poi con una Vespa e più tardi ancora con una vecchia Ford del ‘54, Colombo andava a proporre i suoi articoli a domicilio con una strategia di vendita assai convincente: individuata la famiglia di potenziali clienti, riusciva a piazzare, nel bel mezzo del tinello, un apparecchio televisivo. «Tientelo per una settimana, dieci giorni – diceva al capofamiglia – provalo pure. Se non ti piace, me lo riprendo indietro». Pochi, se non nessuno, quelli che lo restituivano.
E nei giorni di festa era capace di mettere in piedi delle vere e proprie dimostrazioni commerciali nelle piazze e nei luoghi di ritrovo in quelle cittadine della Serra Gaúcha, profondo sud brasiliano popolato di immigrati italiani. Il più autentico pionierismo commerciale, insomma; l’arte di arrangiarsi tutta italiana.
È così che nel 1965 nasce la prima filiale a Caxias do Sul, seguita da quelle di Flores da Cunha, São Marcos, Vacaria e Veranópolis, tutte città nelle vicinanze del negozio principale per poter far fede all’impegno che ha sempre caratterizzato la filosofia commerciale della premiata ditta Colombo & Maggioni: seguire da vicino il cliente e fornire una rapida assistenza tecnica in caso di bisogno.
Da lì, e negli anni a seguire, l’ascesa di quelle che nel 1992 prenderanno il nome commerciale di Lojas Colombo è inarrestabile, esponenziale. Dieci, cinquanta, cento... Oggi sono trecentocinquanta gli empori Colombo nei quali si può trovare di tutto: 7 mila articoli fra elettrodomestici di ogni genere, televisori, apparecchi hi-fi, computers e materiale informatico, articoli per il tempo libero e mobili. Gli 8 mila dipendenti delle Lojas Colombo seguono due milioni di clienti abituali (il doppio sono quelli censiti) in cinque Stati brasiliani: dal Rio Grande do Sul a San Paolo, passando per Santa Catarina, Paraná e Minas Gerais.
Gli ingredienti di questa straordinaria espansione sono semplici quanto efficaci: reinvestire tutti gli utili nell’azienda, saper prevedere le tendenze del mercato, e curare il rapporto con la clientela. Niente ostentazione di ricchezza, nessuna spesa voluttuaria. «Pensi che io e mia moglie ci siamo permessi il lusso di una casa tutta nostra solo quando abbiamo festeggiato il 25° di matrimonio», ci ricorda il signor Adelino, che abbiamo raggiunto telefonicamente nel suo quartier generale di Farroupilha.
Non più tardi di cinque anni fa, le Lojas Colombo occupavano il terzo posto di tutto il Brasile (oggi sono in quarta posizione) e avrebbero potuto mantenerlo o addirittura migliorarlo se non ci si fosse messa di mezzo un’aspra disputa legale che per alcuni anni ha contrapposto il patron Adelino Colombo agli eredi di Maggioni.
«Adesso che è tutto in mano alla nostra famiglia, potremo finalmente sviluppare i grandi progetti di espansione che avevamo tenuto nel cassetto. Faremo presto il nostro ingresso in altri Stati brasiliani, anche attraverso acquisizioni di reti commerciali più piccole della nostra».
Quanto al futuro, l’ultrasettantenne Colombo non ci pensa più di tanto ad andare in pensione per dedicarsi alla pesca – uno dei suoi hobby preferiti – e agli amatissimi nipotini: «resterò alla guida del gruppo per due o tre anni ancora», anche se il futuro leader sembra già essere stato designato nella persona del genero Olivar Antonio Berlaver, attuale vicepresidente.
Meneghini. Quanto hanno contato le sue origini italiane nello straordinario percorso imprenditoriale di cui è stato protagonista?
Colombo. Mio nonno è partito alla fine dell’Ottocento da un paesino della Provincia di Milano per disperazione. Era gente povera, miserabile, che ha avuto il coraggio di attraversare l’Oceano per dare, non dico un futuro migliore, ma una semplice chanche di sopravvivenza ai propri figli. Contadini, gente povera sotto il profilo materiale, ma non altrettanto povera quanto a valori e princìpi. Sono stati loro a infondermi il senso del dovere, il significato dell’onestà, del lavoro, del rispetto per gli altri. Anch’io sono partito dal niente, e per di più senza alcuna base culturale, cosa della quale ho sentito in seguito la mancanza. La mia scuola è stata la vita; ho sempre avuto fede in Dio e creduto in me stesso. Tuttavia non sarei mai arrivato dove sono arrivato, se non avessi fatto tesoro degli insegnamenti di mio padre e di mio nonno.
Qualche mese fa, il Consolato di Porto Alegre le ha finalmente consegnato il passaporto italiano. E con lei hanno ottenuto la doppia cittadinanza sua moglie e i suoi quattro figli. Ci spiega perché una persona di successo come lei, ha sentito il bisogno di aggiungere alla cittadinanza brasiliana quella italiana?
Questa è una cosa che gli italiani che vivono in Italia fanno fatica a capire. Non comprendono quanto orgoglio ci sia in noi oriundi nel diventare italiani a tutti gli effetti, con tanto di passaporto; quanto siamo attaccati alle nostre radici, con quanto amore ricordiamo la terra dei nostri nonni e bisnonni. Nonostante siano passati più di cento anni.
Non ho ancora avuto la possibilità di andare a vedere con i miei occhi Cologno Monzese, da dove partì il nonno, ma adesso che l’ho scoperto voglio tornarci al più presto. Così come voglio conoscere e abbracciare i lontani parenti Colombo che sicuramente vivono ancora là. Spero proprio di poter fare questo ritorno alle origini già l’anno prossimo.