Agrale, quando vincono dedizione e lavoro
Originario di Valdagno, nel vicentino, il presidente di una delle più importanti industrie di veicoli commerciali del Sud America, ha decuplicato il fatturato grazie al più autentico ingegno veneto.
15 Marzo 2010
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Caxias do Sul
Un manager che assume la guida di un’azienda in grave crisi e nel giro di un decennio la porta ai primi posti del ranking nazionale decuplicando il fatturato, creando posti di lavoro e diversificando sensibilmente la produzione, è un dirigente che qualsiasi società al mondo vorrebbe annoverare fra i propri quadri. Il Paese è il Brasile, l’azienda si chiama Agrale, e il manager di cui stiamo parlando è Hugo Zattera, 68 anni, origini italiane, di Valdagno, in provincia di Vicenza.
Incontriamo Hugo Zattera nel quartier generale della Agrale, a Caxias do Sul, nel Rio Grande do Sul. Per capirci non c’è alcun problema: Zattera si esprime, infatti, nell’idioma molto diffuso da queste parti: un misto fra la «lingua di Dante» e il «talián», una sorta di miscellanea di antichi dialetti veneti.
La storia degli Zattera, in Brasile, inizia nei primissimi anni del Novecento quando nonno Domenico, con l’entusiasmo dei suoi 21 anni, decise di attraversare l’Oceano in cerca di un futuro migliore. Iniziò a lavorare in una fabbrica di birra, poi si dedicò all’agricoltura e, infine, trovò lavoro in un’impresa che stava costruendo la ferrovia.
«Da nonno Domenico – ricorda Hugo Zattera – mio padre ereditò la semplicità, l’umiltà e la voglia di fare. Ma mi piace ricordarlo anche come un uomo che aveva svariati interessi culturali, al di fuori del lavoro, che andavano dalla lettura alla fotografia; una persona curiosa della vita, insomma. Forse proprio perché lui non aveva avuto l’opportunità di studiare, era ben consapevole che per poter fare strada nella vita, era necessaria un’istruzione adeguata. Per questo, volle a tutti i costi dare a me questa possibilità, anche al prezzo di grandi sacrifici. E io gliene sono eternamente grato».
Meneghini. Come si può spiegare il fatto che i veneti arrivati in quest’angolo del Brasile meridionale come contadini, siano poi riusciti a dar vita a uno dei più importanti poli industriali di tutto il Paese?
Zattera. Credo che questo autentico miracolo economico sia dovuto a due fattori fondamentali: il primo è che chi emigrava dall’Italia a quell’epoca, era fortemente motivato e coraggioso. Dopo aver solcato l’Oceano su imbarcazioni fatiscenti mettendo a repentaglio la propria vita e quella dei familiari, uomini e donne di quella tempra non potevano certo avere più paura di nulla, una volta giunti a destinazione. E, d’altronde, qui da noi, si suole ricordare che i nostri emigrati non avevano alternative: si trattava di «vincere o morire».
In secondo luogo va detto che da queste parti i tedeschi – secondo gruppo etnico della regione – arrivarono cinquant’anni prima dei nostri, intorno al 1830, accaparrandosi terre pianeggianti e fertili. Così, i coloni italiani dovettero insediarsi su colline impervie, coperte da una fitta foresta, difficili da coltivare. Ma questa ulteriore avversità si rivelò, più tardi, un fattore vincente. Mentre, infatti, i tedeschi non si posero mai il problema di doversi inventare qualcosa di nuovo per progredire, e rimasero indissolubilmente legati alla loro terra, gli italiani abbandonarono via via i campi, e iniziarono a dare vita ad attività artigianali che poi trasformarono in industrie. Ecco perché l’imprenditoria gaúcha parla oggi quasi esclusivamente italiano.
Parliamo della straordinaria rinascita dell’Agrale. Lei prende le redini dell’azienda nel 1996, al culmine di una profonda crisi. In pochi anni la ristruttura radicalmente, ne decuplica il fatturato e la porta ai primi posti del Paese. Una bella impresa…
ono convinto che nella gestione aziendale contino per il 90% lavoro e dedizione, e per il 10% l’intelligenza. Agrale è una storica azienda della nostra regione, nata dal lavoro di Francisco Stedile, un altro grande imprenditore d’origine italiana che ha fatto fortuna da queste parti. Sebbene avessi sposato sua figlia e avessi con lui un ottimo rapporto, non avevo mai voluto occuparmi delle attività imprenditoriali degli Stedile anche perché avevo già un lavoro che mi assorbiva completamente. Ma nel 1996 «Chico» Stedile mi chiama nel suo ufficio, e mi chiede di dargli una mano perché la Agrale era in cattive acque. Non ci ho dormito per notti intere, ma alla fine non me la sono sentita di rifiutare.
Non è facile essere «piccoli» in un mercato globale come quello attuale perché i colossi multinazionali presenti anche in Brasile ti possono schiacciare quando vogliono. Ma avere una struttura agile e diversificata, e un efficiente settore di ricerca e sviluppo ti dà il vantaggio di poter attuare rapidi cambiamenti di rotta, di agire molto più velocemente degli altri rispondendo prontamente alle tendenze del mercato. L’anno scorso, ad esempio, abbiamo sofferto una crisi nel settore dei mezzi di trasporto con un calo del 25%, ma in compenso sono andati molto bene i fuoristrada e, l’anno prima, avevamo avuto una sorprendente crescita del 58,8%. Il 2010, grazie a Dio, dovrebbe riservarci altre belle soddisfazioni.
È passato più di un secolo da quando nonno Domenico lasciò le colline vicentine per emigrare in Brasile, ma il ricordo delle origini, è in lei ancora molto vivo.
Sì, a casa conservo una vecchia foto panoramica di Valdagno e quando ci sono tornato, qualche anno fa, ho voluto scattarne una dallo stesso punto di osservazione. È stato emozionante. Mi farebbe veramente piacere avere l’occasione di conoscere i miei lontani parenti che vivono ancora a Valdagno.
Lei è impegnato anche sul fronte della solidarietà internazionale.
Come gran parte dell’opinione pubblica, sono rimasto molto scosso dal terremoto che ha colpito qualche mese fa Haiti. Per dare una mano a quella povera gente, ho pensato che piuttosto di staccare un assegno e consegnarlo nelle mani di qualche organizzazione benefica, sarebbe stato meglio fare qualcosa che fosse più utile nell’immediato. Così ho donato alla popolazione dell’isola un nostro fuoristrada Marruá attrezzato come ambulanza, un mezzo particolarmente utile in quelle condizioni estreme.
Un manager che assume la guida di un’azienda in grave crisi e nel giro di un decennio la porta ai primi posti del ranking nazionale decuplicando il fatturato, creando posti di lavoro e diversificando sensibilmente la produzione, è un dirigente che qualsiasi società al mondo vorrebbe annoverare fra i propri quadri. Il Paese è il Brasile, l’azienda si chiama Agrale, e il manager di cui stiamo parlando è Hugo Zattera, 68 anni, origini italiane, di Valdagno, in provincia di Vicenza.
Incontriamo Hugo Zattera nel quartier generale della Agrale, a Caxias do Sul, nel Rio Grande do Sul. Per capirci non c’è alcun problema: Zattera si esprime, infatti, nell’idioma molto diffuso da queste parti: un misto fra la «lingua di Dante» e il «talián», una sorta di miscellanea di antichi dialetti veneti.
La storia degli Zattera, in Brasile, inizia nei primissimi anni del Novecento quando nonno Domenico, con l’entusiasmo dei suoi 21 anni, decise di attraversare l’Oceano in cerca di un futuro migliore. Iniziò a lavorare in una fabbrica di birra, poi si dedicò all’agricoltura e, infine, trovò lavoro in un’impresa che stava costruendo la ferrovia.
«Da nonno Domenico – ricorda Hugo Zattera – mio padre ereditò la semplicità, l’umiltà e la voglia di fare. Ma mi piace ricordarlo anche come un uomo che aveva svariati interessi culturali, al di fuori del lavoro, che andavano dalla lettura alla fotografia; una persona curiosa della vita, insomma. Forse proprio perché lui non aveva avuto l’opportunità di studiare, era ben consapevole che per poter fare strada nella vita, era necessaria un’istruzione adeguata. Per questo, volle a tutti i costi dare a me questa possibilità, anche al prezzo di grandi sacrifici. E io gliene sono eternamente grato».
Meneghini. Come si può spiegare il fatto che i veneti arrivati in quest’angolo del Brasile meridionale come contadini, siano poi riusciti a dar vita a uno dei più importanti poli industriali di tutto il Paese?
Zattera. Credo che questo autentico miracolo economico sia dovuto a due fattori fondamentali: il primo è che chi emigrava dall’Italia a quell’epoca, era fortemente motivato e coraggioso. Dopo aver solcato l’Oceano su imbarcazioni fatiscenti mettendo a repentaglio la propria vita e quella dei familiari, uomini e donne di quella tempra non potevano certo avere più paura di nulla, una volta giunti a destinazione. E, d’altronde, qui da noi, si suole ricordare che i nostri emigrati non avevano alternative: si trattava di «vincere o morire».
In secondo luogo va detto che da queste parti i tedeschi – secondo gruppo etnico della regione – arrivarono cinquant’anni prima dei nostri, intorno al 1830, accaparrandosi terre pianeggianti e fertili. Così, i coloni italiani dovettero insediarsi su colline impervie, coperte da una fitta foresta, difficili da coltivare. Ma questa ulteriore avversità si rivelò, più tardi, un fattore vincente. Mentre, infatti, i tedeschi non si posero mai il problema di doversi inventare qualcosa di nuovo per progredire, e rimasero indissolubilmente legati alla loro terra, gli italiani abbandonarono via via i campi, e iniziarono a dare vita ad attività artigianali che poi trasformarono in industrie. Ecco perché l’imprenditoria gaúcha parla oggi quasi esclusivamente italiano.
Parliamo della straordinaria rinascita dell’Agrale. Lei prende le redini dell’azienda nel 1996, al culmine di una profonda crisi. In pochi anni la ristruttura radicalmente, ne decuplica il fatturato e la porta ai primi posti del Paese. Una bella impresa…
ono convinto che nella gestione aziendale contino per il 90% lavoro e dedizione, e per il 10% l’intelligenza. Agrale è una storica azienda della nostra regione, nata dal lavoro di Francisco Stedile, un altro grande imprenditore d’origine italiana che ha fatto fortuna da queste parti. Sebbene avessi sposato sua figlia e avessi con lui un ottimo rapporto, non avevo mai voluto occuparmi delle attività imprenditoriali degli Stedile anche perché avevo già un lavoro che mi assorbiva completamente. Ma nel 1996 «Chico» Stedile mi chiama nel suo ufficio, e mi chiede di dargli una mano perché la Agrale era in cattive acque. Non ci ho dormito per notti intere, ma alla fine non me la sono sentita di rifiutare.
Non è facile essere «piccoli» in un mercato globale come quello attuale perché i colossi multinazionali presenti anche in Brasile ti possono schiacciare quando vogliono. Ma avere una struttura agile e diversificata, e un efficiente settore di ricerca e sviluppo ti dà il vantaggio di poter attuare rapidi cambiamenti di rotta, di agire molto più velocemente degli altri rispondendo prontamente alle tendenze del mercato. L’anno scorso, ad esempio, abbiamo sofferto una crisi nel settore dei mezzi di trasporto con un calo del 25%, ma in compenso sono andati molto bene i fuoristrada e, l’anno prima, avevamo avuto una sorprendente crescita del 58,8%. Il 2010, grazie a Dio, dovrebbe riservarci altre belle soddisfazioni.
È passato più di un secolo da quando nonno Domenico lasciò le colline vicentine per emigrare in Brasile, ma il ricordo delle origini, è in lei ancora molto vivo.
Sì, a casa conservo una vecchia foto panoramica di Valdagno e quando ci sono tornato, qualche anno fa, ho voluto scattarne una dallo stesso punto di osservazione. È stato emozionante. Mi farebbe veramente piacere avere l’occasione di conoscere i miei lontani parenti che vivono ancora a Valdagno.
Lei è impegnato anche sul fronte della solidarietà internazionale.
Come gran parte dell’opinione pubblica, sono rimasto molto scosso dal terremoto che ha colpito qualche mese fa Haiti. Per dare una mano a quella povera gente, ho pensato che piuttosto di staccare un assegno e consegnarlo nelle mani di qualche organizzazione benefica, sarebbe stato meglio fare qualcosa che fosse più utile nell’immediato. Così ho donato alla popolazione dell’isola un nostro fuoristrada Marruá attrezzato come ambulanza, un mezzo particolarmente utile in quelle condizioni estreme.
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017