Aimée, senza gambe, alle sfilate di moda

03 Novembre 1998 | di

Provocare è un comandamento nel mondo della moda. Ma, al di là  delle provocazioni gratuite, anzi stupide, che hanno riempito giornali e televisioni, nei giorni della grande kermesse stilistica sono state lanciate anche delle provocazioni intelligenti che, magari poco raccontate dai mass media, lasceranno però un segno più tangibile in tutta la società .

Aimée ha solo un difetto: le sue gambe terminano al ginocchio. Nata senza le fibule dei polpacci, a un anno di età  le hanno amputato le gambe. Normalmente, questa verrebbe definita una disgrazia, ma per Aimée, che oggi ha 23 anni, questa è stata piuttosto una condizione. Caparbia e combattiva, ha partecipato alle Olimpiadi di Atlanta per disabili del 1996. Era l'unica partecipante alle gare di atletica senza le due gambe, e ha vinto 100, 200 metri e salto in lungo.

All' inizio di ottobre, Aimée Mullins è tornata agli onori delle cronache perché lo stilista inglese Alexander McQueen l'ha scelta come modella per la sua sfilata londinese. Con protesi di legno appositamente preparate, Aimée ha indossato gli abiti un po' folli del più provocatorio tra le grandi firme della moda. Centinaia di fotografi l'hanno immortalata. E il giorno dopo, tutti i titoli dei giornali erano per lei e per il furbo McQueen. La reazione di scandalo è la più ovvia ed è quella che ha accomunato quasi tutti i commentatori: così si sfrutta un handicap per fini commerciali! Analoghi pensieri erano balenati pochi giorni prima per la campagna di Oliviero Toscani per Benetton con i bambini down per protagonisti. Ma Benetton è un grande inserzionista e i pensieri sono rimasti tali, senza diventare parole o inchiostro.

Ha ragione chi si scandalizza, come Natalia Aspesi sulla prima pagina di «La Repubblica»? A noi pare di no. Basta ragionare un po' . La storia di Aimée, innanzitutto, è la storia di una scommessa che lei in prima persona ha vinto. Ha avuto genitori intelligenti, che lei in ogni occasione ringrazia, che non l'hanno chiusa nel ghetto della pietà  o della compassione, ma l'hanno aiutata a vivere il suo handicap come una condizione tra le altre e non come una disgrazia. Il resto ce lo ha messo lei con il suo carattere e con l'orgoglio per la propria bellezza. Ha vinto la sua sfida in una corsa ad handicap. Oltrettutto, la sua esperienza è un'iniezione di ottimismo per chi vive in una condizione simile alla sua. Insomma, a noi non è affatto dispiaciuto vedere Aimée sulle pagine dei giornali al posto delle solite Kate Moss o Claudia Schiffer, anzi. Come ci ha fatto piacere osservare i bimbi down di Toscani sorridere dall'alto dei cartelloni che dominano le nostre città . Sono immagini ed eventi che rendono familiare la diversità , persino nella percezione estetica. Natalia Aspesi, commentatrice laica e intelligente, avverte che fuori dalle fotografie e giù dalle passerelle «la disabilità  resta sgradevole e dolorosa e provoca imbarazzo e infelicità , la voglia di scappare davanti a persone per cui vorremmo tutta la felicità , l'aiuto, i diritti e la normalità  possibile», e qui ci pare che il quotidiano più laicista d'Italia dia la mano al più lacrimoso pietismo cattolico nel considerare chi è extranorma un «disgraziato». A noi, Aimée e i bimbi down di Toscani hanno destato una piacevole sorpresa. Anche perché ci educano ad un'idea di normalità  che ha dentro di sé miliardi di piccole o grandi differenze. A cominciare da Aimée, che è molto più bella della norma...

Top model fuori coro

Dietro le passerelle, ecco l'impegno sociale delle modelle: due storie che sono un modello. Susan Scott è bella, alta e anche molto sexy, non per niente è stata cover girl di «Playboy». Ma, cinque anni fa, ha scelto di lasciare le pagine patinate del famoso mensile per assistere i bambini di Port au Prince, ad Haiti. Qui, appena le è possibile, va a dare una mano al centro «ricostituente» di sostegno alimentare per i minori a Cité Soleil (Città  del sole): un nome poetico che sta per uno dei peggiori bassifondi del mondo, dove le case non hanno bagno né acqua, né elettricità  e il pavimento, quando va bene, è in cemento. E dove i bambini menomati vengono abbandonati tra le immondizie o in scatoloni sulle scale degli ospedali pubblici e qui ammassati, più morti che vivi, su ripiani maleodoranti.

Solo in pochi sanno che oltre alla sua presenza, Susan garantisce la sopravvivenza di questo centro con un assegno mensile di 1.800 dollari girato alla «Foundation for World Wide Mercy and Sharing». «Qualche volta, ho la sensazione che tutti i miei sforzi non abbiano senso perché in questo Paese non cambia mai niente. Ma poi penso che poco è sempre meglio di niente». E così, Susan continua la sua opera, tenendo nella sua borsa da viaggio un libro di Madre Teresa.

Waris Dirie, somala, è una top model nera diventata un simbolo per milioni di donne africane. A cinque anni, ha subito la crudele pratica dell'infibulazione. A tredici, è fuggita dalla sua tribù ribellandosi al matrimonio con un uomo di sessant'anni, ma con tanti cammelli. A Londra, scopre che non tutte le donne subiscono l'orrenda mutilazione cui è stata sottoposta «per tradizione» e trova il coraggio di andare da un dottore che, con un'operazione, le ha ridato una vita normale. Ora Waris è una mamma felice e combatte per evitare che altre donne subiscano il trauma psicologico e gli atroci dolori che le sono toccati.

Una star a rotelle

Quando essere disabili non è un handicap. Dopo la modella Aimée, ce lo testimoniano anche cinque star a rotelle. Prima squadra italiana nella storia dell'«Eurocup», hanno vinto la Coppa campioni di pallacanestro. Hanno conquistato anche tredici scudetti nel campionato italiano, l'ultimo proprio quest'anno. È il bilancio prestigioso di una società  sportiva sorta nel 1960 a Roma, all'interno di un ospedale. La squadra, «Santa Lucia basket» ha rotto il silenzio e l'indifferenza dei media grazie all'ultimo titolo conquistato, quello europeo.

Una squadra sorta a seguito delle sedute di riabilitazione di vari disabili, principalmente tetraplegici, frequentanti l'istituto «Santa Lucia» e che oggi conta 120 iscritti. È una società  sportiva che, oltre alla squadra di basket, conta anche squadre di tiro con l'arco, tennis tavolo, atletica leggera, nuoto e scherma. Proprio in quest'ultima disciplina, due schermidori della «Santa Lucia», Alberto Pellegrini e Claudio Mari, ma anche della nazionale di scherma, hanno conquistato due medaglie d'argento, nelle gare singole e due di bronzo, nel fioretto a squadre alle ultime olimpiadi di Los Angeles.

Carlo Di Giusto, capitano della «Santa Lucia basket» e della nazionale, traccia un quadro della recente vittoria europea: «La nostra società  sportiva ha la squadra di pallacanestro da circa quarant'anni e questo ha consentito di acquisire un'esperienza organizzativa che molte squadre di disabili ci invidiano, ma abbiamo anche un impianto sportivo proprio, privo di barriere architettoniche, che consente di allenarci ben quattro volte alla settimana, oltre alla partita domenicale. Abbiamo un obiettivo agonistico e questo per noi rappresenta uno stimolo forte». Lo sport disabile, però, non è solo quello espresso dal «Santa Lucia» di Roma, ma anche in altre parti d'Italia presenta realtà  significative.

Il «Corvino sport» di Motta Montecorvino, l'anno scorso ha conquistato il primo posto nella prestigiosa manifestazione sportiva della «Coppa Vergawen», titolo assegnato al «Santo Stefano» di Potenza Piceno nel 1996, e, nel 1988, proprio al «Santa Lucia».

È accaduto che...

Anche in Italia è arrivato il manuale di autodifesa per navigare in Internet. Destinato ai genitori pensando ai bambini. Lo ha tradotto il professore Ferdinando Offelli, preside della scuola media statale «Carlo Goldoni» di Villaverla, in provincia di Vicenza, che, convinto della potenzialità  della madre di tutte le reti, ha, però, voluto pensare a difendere i più giovani e a fornire loro aiuti e consigli per non cadere nelle trappole telematiche. E a Bologna nasce la prima agenzia di rating telematico: un'équipe di genitori e ricercatori fa l'esame ai web, selezionando quelli adatti ai minori. Per informazioni: Scuola media statale «C. Goldoni», tel. 0445/350244. E-mail: scmvilla@keyeomm.it; Progetto It-Ra, Scienze dell'informazione - università  di Bologna.

- L'ultima moda della «Londra bene»? Passare una notte sotto i ponti o in prigione, ma soltanto per raccogliere fondi a scopo benefico. La prima notte «alternativa» l'hanno passata alcuni dirigenti d'azienda che si sono improvvisati clochard, dormendo per strada e raccogliendo quasi 250 milioni di lire da donare all'associazione «House our youth» che si occupa, appunto, dei «senza tetto».

- Jeans e giubbotto blu. Per il terzo millennio, anche il tradizionalissimo «Esercito della salvezza» sceglie il «casual». Dopo 130 anni di attività , l'organizzazione di beneficenza più famosa del Regno Unito, che con 2 milioni di volontari in 95 Paesi è oggi il principale fornitore di assistenza sociale nel mondo, ha deciso di modernizzarsi. La tradizionale divisa con la giacca blu, i gradi sulle maniche e le spalline militari dava un'immagine antiquata che veniva associata più alle bande paesane che a un ente benefico.

Cerchi un posto di lavoro nel «non profit» o nel settore socio-assistenziale?

Sull'inserto «Opportunità » di «Vita» trovi, ogni settimana, i concorsi pubblici che interessano le professioni sociali, le offerte di lavoro degli enti che operano nel Terzo settore, i corsi di formazione, le borse di studio.

E se vuoi fare tu il primo passo, manda il tuo curriculum: lo pubblicheremo.

Inserto «Opportunità » - Settimanale «Vita» via Cellini, 3 - 20129 Milano - telefono 02/5796961 - fax 02/55190397.

E-mail: vitarm at flashnet.it Internet: www.vita.it

Mediavideo (Canale 5 - Italia uno - Retequattro) pag. 730.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017