Alla scoperta dell'oro «sporco»

I rifiuti, soprattutto nel Sud, rappresentano un problema. Per chi li sa gestire sono, invece, una ricchezza da sfruttare. Gli esempi di Brescia, Priula e del Picentino. Da imitare.
26 Settembre 2005 | di

Ormai dovremo avere il coraggio di scoprirlo. Con il prezzo del petrolio in continua ascesa, la difficile situazione in Iraq e in tutta la zona mediorientale, l`€™inaffidabilità  delle politiche estere di alcuni Paesi del Sudamerica, per sopravvivere alla crisi energetica non ci resterà  che scoprire l`€™«oro sporco».

Di cosa si tratta? Fino a ieri l`€™abbiamo chiamato pattume, spazzatura, immondizia, dovevamo liberarcene alla svelta magari con la tentazione di farlo sparire altrove, comunque lontano da casa nostra.
Da questo inverno `€“ ma il processo è cominciato già  molti anni fa `€“ è il nostro «oro sporco», cioè una risorsa da trattenere, separare, recuperare, riciclare per reimmettere nel ciclo produttivo alcuni materiali e farne bruciare altri per produrre energia.
Che il sacchetto delle immondizie potesse contenere il nostro «oro nero» l`€™hanno capito in molti già  diversi anni fa. Da Nord a Sud ecco alcune realtà  che hanno messo in piedi piccoli e grandi sistemi di raccolta differenziata e che hanno creato impianti dove si utilizzano i rifiuti come combustibili.

Abbiamo inventato il termine «rifiuto» negli anni `€™60, di pari passo con l`€™espressione «usa e getta», che è diventata anche la caratterizzazione dei consumi della nostra società  quando stava aumentando il tenore di vita, si diffondeva l`€™uso della plastica, i gusti e le mode diventavano fin troppo mutevoli, e stavano scomparendo le attività  artigianali (dall`€™ombrellaio all`€™impagliatore di sedie) che consentivano di aggiustare e riparare quel che si rompeva.
Dopo non più: si butta via, è più conveniente comprare una cosa nuova: ecco creato il rifiuto, l`€™inizio del problema.
Nella società  contadina le cose avevano un valore intrinseco, i cibi non venivano mai gettati, si rielaboravano, si davano in pasto agli animali o finivano a far concime; i vestiti passavano da una generazione all`€™altra o dal più ricco al più povero; rompere una bottiglia significava dover ricomprarne un`€™altra.

Creato il rifiuto nacquero i luoghi deputati a ospitarlo: le discariche. Malsane, maleodoranti, invise a tutti: oggi molti progressi sono stati fatti nella loro costruzione, ma comunque non sono ben accette a qualunque località  debba ospitarle.
Mentre si cominciava a parlare di riciclaggio, gli inceneritori divennero la nuova soluzione: significava bruciare i rifiuti senza selezionarli, con una notevole immissione di gas e polveri inquinanti nell`€™aria.

Brescia: dal rifiuto al teleriscaldamento
Oggi il termovalorizzatore sembra poter completare un ciclo in cui la parte del leone spetta sempre comunque al recupero e al riciclo.
I termovalorizzatori bruciano la frazione secca indifferenziata del rifiuto solido urbano o, in alcuni casi, il cdr, cioè il combustibile da rifiuto. Parte dell`€™energia serve per far funzionare l`€™impianto, parte viene ceduta al gestore della rete nazionale.
Friedrich Hundertwasser, l`€™artista austriaco scomparso nel 2000, progettò e realizzò la Splittelau, il termovalorizzatore di Vienna, ma a guardarlo sembra un eccentrico edificio multicolore sovrastato da torre azzurra e da un`€™enorme sfera dorata.
Jorrit Tornquist a Brescia ha colorato di azzurro e turchese il termoutilizzatore, una vera e propria centrale termoelettrica costruita su un`€™area di 150 mila metri quadrati con una torre alta 120 metri che riveste i tre camini. Non fosse per la torre, a vederlo adagiato tra il verde e l`€™azzurro, il termoutilizzatore sembrerebbe un centro commerciale o una discoteca.
Invece, in questo impianto, l`€™Asm, la multiutility di Brescia, di cui il comune detiene la maggioranza, brucia più di 2 mila 500 tonnellate di rifiuti al giorno: la parte non differenziata gettata nel cassonetto argenteo viene prelevata dal camion compattatore della nettezza urbana e finisce, dopo aver superato un controllo di radioattività , in una vasca di trentamila metri cubi a tenuta ermetica; da qui, sotto l`€™occhio delle telecamere ad infrarossi, i rifiuti vengono immessi con una benna a polipo nel forno e bruciano a più di 1100 gradi, come un enorme falò, alimentato di continuo da un`€™adeguata quantità  di ossigeno.
Le emissioni attraversano un sistema di filtri a secco, vengono monitorate 24 ore su 24 e solo dopo finiscono nell`€™aria: con il termoutilizzatore si evita comunque la produzione di 470 mila tonnellate di anidride carbonica l`€™anno.
Brescia conta anche quasi 500 chilometri di tubazioni sotterranee e il calore prodotto dal termoutilizzatore scalda e illumina più di un terzo delle case di Brescia: il risparmio  energetico è pari a 150 mila tonnellate di petrolio equivalente, perché i rifiuti ogni anno producono 450 milioni di kilowattora di elettricità  e 400 milioni di kilowattora di calore hanno contribuito a spegnere già  più di 12 mila camini condominiali.
I prossimi obiettivi di qusto esempio all`€™avanguardia in Italia? Mentre gli utili netti del 2004 hanno superato i 112 milioni di euro, la ragnatela dei tubi si svilupperà  anche a Bergamo, nuova frontiera del teleriscaldamento.

Il Priula: «riciclone» per eccellenza
Paolo Contò, direttore tecnico del Consorzio intercomunale Priula (Treviso) risponde al telefono, controlla a video i suoi impegni, e propone ai suoi interlocutori la data dell`€™appuntamento: stavolta sono lituani gli ospiti che vengono a studiare il «sistema Priula».
«Da tre anni siamo impegnati con almeno una visita la settimana: abbiamo ricevuto anche una delegazione cinese interessata al nostro metodo di lavoro. Nel frattempo, siamo stati chiamati per consulenze in quasi tutta Italia: abbiamo consegnato da poco il progetto per riorganizzare la raccolta differenziata di Parma», chiarisce Contò.
Il Priula ha vinto per tre anni consecutivi il premio «Cento di questi Consorzi» nell`€™ambito di «Comuni ricicloni 2005» organizzato da Legambiente e al vertice della classifica generale dei più «ricicloni» otto comuni su dieci sono serviti dal consorzio.
Nato nel 1987 dall`€™associazione di cinque Comuni, oggi il Priula ne conta ventitré e ha un bacino d`€™utenza di 215 mila abitanti.
Il suo punto di forza è un progetto integrato con una gestione unitaria della raccolta differenziata sia sotto il profilo pratico, attraverso la Contarina, società  di cui il consorzio detiene la maggioranza, sia sotto il profilo amministrativo: stessa modalità  di calcolo della tariffa, un call-center e sportelli aperti su tutto il territorio a disposizione dell`€™utenza per risolvere dubbi e perplessità  quotidiane.
Con un rilevante investimento nel rinnovo del parco automezzi per un servizio capillare e un «patrimonio» di 350 mila cassonetti dotati di microchip, il Consorzio è riuscito a diminuire la quantità  di rifiuto solido pro capite prodotto, a portare la raccolta differenziata al 73 per cento e a ridurre la tariffa per lo smaltimento: oltre una quota fissa si paga lo svuotamento del secco non riciclabile.
Sono previsti degli sconti per chi fa il compostaggio domestico del verde e dell`€™umido.

Quali sono ora gli ulteriori servizi e gli obiettivi dei più ricicloni d`€™Italia?
«Da qualche tempo abbiamo organizzato una micro-raccolta dell`€™amianto presso aziende e privati: riteniamo sia il primo servizio di questo genere in Italia.
Ci occupiamo anche del ritiro dei rifiuti sanitari del medico, del veterinario o dell`€™estetista e di rifiuti prodotti negli uffici, come ad esempio i computer, le lampade al neon, il toner delle fotocopiatrici `€“ aggiunge il direttore tecnico del Priula `€“.
Per le utenze domestiche vorremmo riuscire ad affinare ancor di più le tariffe convogliando parte dell`€™umido e delle ramaglie verso i nostri centri di raccolta differenziata».
In vista ancora un`€™ulteriore premialità  tariffaria per questi cittadini della Marca che hanno capito il valore del loro «oro sporco».

Nel Picentino, quando il Sud vuole
Sembra un luogo comune, eppure è ancora vero che al Nord si ricicla di più e meglio che al Centro e al Sud, dove l`€™emergenza rifiuti è una costante e la raccolta differenziata spesso un miraggio di fronte ai cumuli di immondizie abbandonate in mezzo alla strada. Eppure, quando al Sud ci si organizza, lo si fa bene e si creano inaspettate isole verdi e felici.

La provincia di Salerno, tra i comuni «ricicloni» del Sud con meno di diecimila abitanti, fa quasi l`€™en-plein piazzandone nove nei primi dieci con percentuali di raccolta differenziata che superano il 50 per cento fino a raggiungere punte del 70 per cento.
La «Futura San Cipriano» provvede alla raccolta dei rifiuti di cinque Comuni nella valle del Picentino, tra cui San Cipriano Picentino, 6 mila 500 abitanti, vincitore del premio di Legambiente quest`€™anno e nel 2001, e Giffoni Sei Casali, 4 mila 500 anime, vincitore nel 2002 e nel 2003 e secondo quest`€™anno.
«La nostra azienda ha un bacino d`€™utenza di 25 mila persone: la raccolta differenziata è partita nel 2000 sulla base di un progetto elaborato da un professionista di Milano», spiega Carmine Rega, direttore tecnico della Futura San Cipriano.
«Quando, nel 2001, venne chiusa la discarica di Parapoti, nelle zone limitrofe l`€™immondizia arrivava al primo o al secondo piano delle case, noi invece, con la raccolta differenziata già  avviata, non abbiamo mai sofferto l`€™emergenza rifiuti».

Come funziona la raccolta
Tre volte la settimana la società  raccoglie porta a porta rifiuti organici, due volte il secco indifferenziato, e una volta la carta e il cartone. Sulla strada vi sono le campane per il vetro e i contenitori per le lattine.
Le difficoltà  maggiori per avviare questa gestione dei rifiuti?
«C`€™è voluto un po`€™ di coraggio per entrare nelle famiglie, spiegare il funzionamento della raccolta differenziata e renderle partecipi  `€“ ammette Rega `€“. L`€™opera di sensibilizzazione deve continuare nel tempo perché purtroppo i cittadini non risparmiano: la tassa di smaltimento in discarica, nel giro di alcuni anni, è triplicata». Ora la Futura sta attrezzando un capannone per effettuare un`€™ulteriore vagliatura del secco e per recuperarne una parte, mentre conta di ampliare il bacino d`€™utenza a tutta la vallata e di realizzare un impianto di compostaggio avversato, però, dalla cittadinanza.
Gestire i rifiuti al Sud economicamente paga? «Sì», conclude Rega.
L`€™«oro sporco» paga dovunque, da Nord a Sud, basta saper riconoscere e voler sfruttare questa nostra risorsa.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017